A destra s’insinua l’idea che pure i nazisti siano un po’ antisemiti

Mentre in Italia alcuni esponenti del centrodestra cominciavano a prendere le distanze dalle parole del generale Roberto Vannacci sulla squisita correttezza procedurale con cui il fascismo avrebbe preso il potere, messo al bando gli altri partiti e approvato le leggi razziali, specialmente dopo le proteste dell’Unione delle comunità ebraiche, negli Stati Uniti ben due commenti del Wall Street Journal erano dedicati ieri allo scontro suscitato dentro il partito repubblicano dall’intervista, ma sarebbe meglio parlare di un duetto, che il giornalista ultra-trumpiano Tucker Carlson ha pensato bene di fare al nazista Nick Fuentes il 28 ottobre (la data, anniversario della marcia su Roma, sarà stata certamente un caso). 

Fuentes peraltro si era già fatto notare nell’ambiente per un’allegra cenetta alla Casa Bianca con Donald Trump, che si era poi difeso dicendo di non sapere chi fosse, praticamente un imbucato che si sarebbe presentato accompagnato da quell’altra deliziosa personcina di Kanye West. Fatto sta che nel dialogo-duetto con l’ex conduttore di Fox News e megafono del movimento Maga (Make America Great Again), Fuentes ha ripetuto più o meno quello che dice sempre, e cioè che considera «Adolf Hitler molto fico» e che il problema degli Stati Uniti è «l’ebraismo organizzato». 

Ma la scintilla che ha fatto davvero scoppiare il caso, e il vero oggetto dei due articoli del Wall Street Journal, nonché della precedente presa di posizione dell’editorial board del giornale, è il modo in cui il presidente della Heritage Foundation si è pubblicamente schierato in difesa di Carlson, prendendosela dunque non con le dichiarazioni naziste di Fuentes, ma con le critiche al conduttore. Ovviamente sempre nascondendosi dietro il pretesto della libertà di espressione e della lotta contro la cancel culture. In poche parole: basta con questo razzismo nei confronti dei nazisti. 

Trattandosi sempre di quella Heritage Foundation che ha elaborato il famigerato Project 2025, in cui si pianificava passo passo la torsione illiberale della democrazia americana esattamente nel modo in cui Trump la sta ora mettendo in pratica, è difficile condividere la sorpresa di tanti, ma meglio comunque un indignato stupore, ancorché ipocrita, che la vile acquiescenza prevalsa fino a ieri. Con l’auspicio che un giorno o l’altro, magari, chissà, non si risvegli qualche coscienza liberale persino in Italia.

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