A Messina hanno sfilato in quindicimila per dire al governo: «No Ponte»

Non li ha fermati la pioggia. Migliaia di manifestanti hanno sfilato per le strade di Messina, questo week-end, per dire no al Ponte sullo Stretto. Quindicimila secondo gli organizzatori, molti di meno secondo la questura, ma il numero preciso vale fino a un certo punto, perché il segnale dato dalla cittadinanza e dai tanti che sono arrivati anche da altre zone del territorio interessato dall’opera è chiaro: sono altre le priorità di quest’area dell’Italia, sono altri i problemi da affrontare, sono altre le soluzioni su cui investire fondi pubblici.
L’ex sindaco di Messina e storico oppositore a ogni vecchia e nuova proposta del Ponte, Renato Accorinti, ha parlato di «opera inutile e devastante», ha detto sfilando nel corteo “No Ponte” che lo Stretto di Messina «è una zona sacra a protezione speciale, non si può toccare e dovessero aprire i cantieri faremmo la disobbedienza civile». Ha aggiunto, rispondendo alle argomentazioni del ministro Salvini che anche dopo lo stop pronunciato su più fronti dalla Corte dei conti insiste nel perorare la causa dell’opera: «Non è vero che col ponte c'è sviluppo. La Calabria è già legata all’Italia e all’Europa ed è la regione più povera d’Europa. Il Giappone è un complesso di isole non collegato con la terra ferma ed è la quarta economia del mondo. Non dobbiamo farci prendere in giro. E se la sinistra andrà al governo noi saremo ancora più duri nel pretendere i diritti per i siciliani».
I partiti di opposizione non hanno mancato l’appuntamento. La segretaria del Pd Elly Schlein è arrivata a Messina e dal palco per il comizio finale ha detto, riferendosi al pronunciamento della Corte dei conti: «Sono qui per supportare l’azione dei comitati per il no al ponte perché questo blocco è una vittoria vostra, dei vostri argomenti che pazientemente avete portato avanti. Noi vi siamo al fianco insieme alle altre forze di opposizione presenti. Ma il messaggio per Meloni e Salvini è molto chiaro, dopo le motivazioni della sentenza della Corte dei conti: vi dovete fermare e vi dovete scusare per la vergogna di aver buttato 13 miliardi sottraendo tutte quelle risorse a tutte le altre infrastrutture che aspettano. Prima di tutto per i siciliani e i calabresi. Quante cose si potevano fare con quei 13 miliardi invece della propaganda fallimentare di questo governo». E se il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, non si è visto, a Messina è arrivato anche Angelo Bonelli, parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa verde, che ha ribadito: «Voglio dire a Giorgia Meloni e Matteo Salvini: se pensate di andare avanti nonostante il diniego della Corte dei conti noi costruiremo un muro di legalità. Secondo Matteo Salvini il modello del Ponte sullo Stretto si dovrebbe esportare. Io propongo di esportare Salvini».
Soddisfate le circa ottanta associazioni e comitati che hanno lavorato all’organizzazione di questa manifestazione. Greenpeace Italia, Legambiente, Lipu e Wwf Italia hanno ricordato di aver inviato anche tre reclami alla Commissione europea: «Chiediamo per l’ennesima volta al governo di fermarsi prima di sprecare altro tempo, energie e soprattutto soldi dei contribuenti per un’opera inutile che non serve né alla Sicilia, né alla Calabria né al Sud e si concentri invece sui veri problemi che affliggono il nostro Paese».
Ha spiegato Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi Wwf Italia intervenendo dal corteo di Messina. «Oggi tutti i dati ci dicono che il Ponte sullo Stretto è insostenibile. Dall’ambiente devastato in uno dei luoghi più importanti per la biodiversità europea ai costi per lo Stato, quindi per i cittadini, già esorbitanti e destinati ad aumentare. Oggi quest’opera ha costi certi e sottostimati mentre i suoi presunti vantaggi sono virtuali e calcolati in maniera discutibile. Facciamo un appello di responsabilità a Meloni e il suo governo. Il Governo Monti fermò l’opera nel 2013. All’epoca il nostro Paese aveva un debito pubblico di 2067 miliardi e il progetto prevedeva il contributo dei privati. Oggi il debito pubblico sfiora i 3mila miliardi e questo governo vuole realizzare l’opera con solo soldi pubblici, quindi dei cittadini. Un gesto pericoloso per il futuro non solo ambientale, ma anche economico del nostro Paese». Tra l’altro, ha ricordato l’esponente dell’associazione ambientalista «le azioni intraprese finora dal governo per prevedere i danni dell’opera sono più che parziali»: «Le analisi ambientali sono da approfondire perché prescritte di durata almeno annuale dalla commissione Via. I test strutturali e sismici sono ancora da farsi. Che le motivazioni e le analisi del governo siano carenti è dimostrato anche dal parere negativo della Corte dei conti. La Corte ha bocciato l’applicazione della normativa ambientale e appalti. Il buon senso ha già bocciato da tempo il progetto del Ponte sullo Stretto. Ora è il momento che anche il governo si fermi”, ha concluso Benedetto.
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