Anomalia dell’offerta, il ritardo nei giustificativi non legittima l’esclusione

Dicembre 2, 2025 - 02:30
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Anomalia dell’offerta, il ritardo nei giustificativi non legittima l’esclusione

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Il Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 8107 del 2025, ha ricondotto a razionalità un ambito applicativo che spesso sfugge al rigore del diritto positivo: la verifica della congruità delle offerte sospettate di anomalia.


La pronuncia ribadisce un principio di fondo, coerente con l’articolo 110 del d.lgs. 36/2023: la mancata o tardiva trasmissione delle giustificazioni non può determinare, di per sé, l’automatica esclusione dell’operatore economico, dovendo comunque il RUP procedere alla valutazione dell’offerta sulla base degli elementi già agli atti.

Il caso

La vicenda processuale prende le mosse da un appalto di servizi in cui l’impresa aggiudicataria, invitata a fornire chiarimenti e giustificazioni a seguito dell’avvio del subprocedimento di verifica dell’anomalia, aveva inviato la documentazione oltre il termine di dieci giorni fissato dalla stazione appaltante. L’impresa ricorrente, seconda classificata, lamentava che tale ritardo avrebbe dovuto comportare l’automatica esclusione della concorrente, richiamando la presunta perentorietà del termine e la lex specialis. Il Consiglio di Stato ha smentito tale impostazione, chiarendo che il termine di quindici giorni previsto dall’art. 110, comma 5, del Codice non ha natura perentoria e che la tardiva trasmissione non incide sulla legittimità della partecipazione, bensì, eventualmente, sulla valutazione di congruità dell’offerta.

La distinzione operata dal giudice amministrativo è sottile ma decisiva: la “mancata produzione” delle giustificazioni e la “produzione tardiva” non integrano ipotesi di esclusione automatica, ma condizioni che incidono sull’istruttoria e sull’esito della verifica. Il RUP deve comunque esercitare la propria funzione valutativa, utilizzando le informazioni già acquisite e ponderando, in via sostanziale, l’affidabilità complessiva dell’offerta. L’eventuale esclusione potrà derivare soltanto dall’esito negativo della verifica di anomalia, non dal mero ritardo formale nella trasmissione dei documenti.

Il principio nel nuovo Codice Appalti

Il principio, già affermato in precedenza dal Consiglio di Stato (sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6231; sez. V, 28 gennaio 2019, n. 690), trova oggi una sua piena coerenza sistematica nel nuovo Codice dei contratti pubblici. L’articolo 110, al comma 5, stabilisce che la stazione appaltante “procede alla verifica della congruità dell’offerta tenendo conto di tutti gli elementi forniti dall’operatore economico” e, in caso di mancata risposta, “può valutare l’offerta anche in base agli elementi già disponibili”. La norma, dunque, esclude esplicitamente ogni automatismo espulsivo, ancorando la fase di verifica alla logica dell’istruttoria e non a quella della sanzione procedimentale.

La decisione del Consiglio di Stato affronta, inoltre, un profilo pratico di non poco rilievo: nel caso concreto, la tardiva trasmissione dei documenti non era nemmeno imputabile all’operatore economico, poiché la stazione appaltante non era stata in grado di aprire i file inviati in formato compresso. Dopo la richiesta di rinvio in un diverso formato, l’operatore aveva immediatamente adempiuto, inviando gli stessi documenti già trasmessi. La Sezione III, valorizzando la sostanza sulla forma, ha escluso che un problema tecnico di trasmissione informatica possa comportare l’estromissione dalla procedura, in coerenza con i principi di proporzionalità e di leale collaborazione procedimentale sanciti dagli articoli 3 e 4 del Codice.

Il ruolo del RUP nel subprocedimento di verifica

Il passaggio più interessante della sentenza riguarda, però, il ruolo del RUP nel subprocedimento di verifica. La pronuncia richiama il nuovo Bando tipo n. 1/2025 dell’ANAC, che ha aggiornato la disciplina delle gare di forniture e servizi sopra soglia, recependo le novità introdotte dal correttivo 209/2024. Il bando, all’articolo 7, comma 1, lettera c), consente al RUP di svolgere la verifica delle offerte anormalmente basse “con l’eventuale supporto della commissione di gara o della struttura interna di supporto”. Tuttavia, il Consiglio di Stato avverte che tale disposizione non può essere letta nel senso di attribuire al responsabile di fase il potere di esclusione: il responsabile di fase resta, infatti, un collaboratore del RUP, titolare della funzione decisionale e dell’adozione dei provvedimenti conclusivi del subprocedimento.

La differenza non è meramente nominalistica. Il RUP è figura di garanzia, investita di una posizione di responsabilità piena nella conduzione del procedimento e nella verifica dell’anomalia, mentre il responsabile di fase esercita funzioni istruttorie. Una lettura estensiva dei poteri di quest’ultimo contrasterebbe con la ratio del nuovo Codice, che ha inteso superare il modello “collegiale” di decisione, concentrando la titolarità del potere amministrativo in capo a un solo responsabile dotato di competenza tecnica e autonomia funzionale.

Implicazioni della sentenza

Sotto il profilo sistematico, la decisione in commento restituisce coerenza alla disciplina del subprocedimento di verifica, ricondotto alla logica della proporzionalità. L’obiettivo non è punire l’operatore, ma verificare che l’offerta, nel suo complesso, sia seria, sostenibile e compatibile con l’interesse pubblico. L’eventuale ritardo nella trasmissione dei giustificativi può semmai incidere sull’apprezzamento della serietà dell’offerta, ma non costituisce una causa di esclusione ex lege. In altre parole, il procedimento di verifica dell’anomalia è valutativo, non sanzionatorio.

La pronuncia ha, inoltre, importanti implicazioni operative per le stazioni appaltanti. In primo luogo, conferma che i disciplinari di gara non possono qualificare come “perentorio a pena di esclusione” il termine per la presentazione dei giustificativi: una clausola di questo tipo sarebbe nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 10, comma 1, del Codice). In secondo luogo, impone al RUP un approccio istruttorio fondato sulla sostanza e non sulla forma, valorizzando il contenuto degli atti e il comportamento complessivo dell’operatore.

Da ultimo, la sentenza offre una lettura evolutiva del principio di fiducia, cardine del d.lgs. 36/2023. La fiducia non è un concetto vago o retorico, ma una regola operativa: richiede all’amministrazione di non abusare dell’automatismo espulsivo e di valutare i comportamenti degli operatori in modo ragionevole e proporzionato, nel rispetto dell’interesse pubblico sostanziale. L’equilibrio tra rigore procedimentale e sostanza amministrativa è la cifra del nuovo diritto dei contratti pubblici.

In conclusione, il ritardo nella trasmissione dei giustificativi non può tradursi in un automatismo di esclusione, pena la violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza dell’azione amministrativa. Il RUP deve sempre valutare l’offerta nel merito, anche in assenza di documentazione integrativa, assumendosi la responsabilità di una decisione fondata su elementi concreti e non su formalismi. È questa la logica del nuovo Codice: meno riti, più sostanza.

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