Cosa cambia per le ricette mediche dopo il Ddl Semplificazioni?

Dicembre 2, 2025 - 02:30
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Cosa cambia per le ricette mediche dopo il Ddl Semplificazioni?

lentepubblica.it

L’approvazione del Ddl Semplificazioni segna un cambio di passo che molti malati cronici attendevano da anni: ecco cosa cambia in materia di ricette mediche.


Per chi deve assumere farmaci in modo continuativo, le giornate trascorse in attesa negli studi dei medici di famiglia rappresentano una sorta di tassa sul tempo, con appuntamenti fissati solo per ottenere la solita ricetta, permessi di lavoro da consumare, attese interminabili per un atto puramente amministrativo che nulla aveva a che fare con una reale visita clinica. È l’emblema della burocrazia sanitaria italiana, caratterizzata da un sistema che costringe milioni di persone a rincorrere un foglio, pur avendo terapie stabili da anni.

Cosa cambia per le ricette mediche dopo il Ddl Semplificazioni?

Con la nuova normativa, questa routine estenuante viene finalmente archiviata. La ricetta per i farmaci destinati a trattamenti di lungo periodo potrà avere una validità fino a 12 mesi. Il Ddl ridisegna il rapporto quotidiano tra medico, paziente e farmacista, alleggerendo gli studi medici dal peso delle cosiddette “ricette fotocopia” e restituendo tempo a chi ne ha più bisogno.

Il medico di famiglia, per le patologie croniche che prevedono terapie stabili, come ipertensione, diabete, disturbi cardiaci, potrà indicare fin da subito il fabbisogno annuale, definendo posologia e durata dell’intero percorso terapeutico.

La gestione dei farmaci, però, non ricadrà più sul medico, ma sarà la farmacia a consegnare il quantitativo necessario di mese in mese, evitando che il paziente si ritrovi con scorte ingombranti o difficili da gestire. Ogni 30 giorni chi segue una terapia potrà recarsi semplicemente al banco, senza dover interrompere il lavoro, prenotare visite o aspettare che il medico compili l’ennesima richiesta.

Come impatterà su pazienti e medici?

Questo nuovo assetto non libera soltanto i pazienti, ma soprattutto i medici di base, che da anni dedicano un’enorme quantità di tempo alla firma di moduli sempre identici. Eliminare questo flusso continuo di richieste significa permettere ai professionisti di concentrarsi su aspetti più rilevanti, come la diagnosi, il monitoraggio clinico, l’ascolto. È una razionalizzazione che rende più efficiente l’intero sistema e, paradossalmente, proprio togliendo burocrazia aumenta la sicurezza del paziente, perché il farmacista diventa un punto di osservazione costante. Se qualcuno smette di ritirare i farmaci, il sistema lo rileva subito.

Stop anche alla trafila dopo le dimissioni dall’ospedale

Accanto alla riforma sulle ricette annuali, il Ddl interviene anche su un’altra anomalia, ossia la necessità di recarsi dal medico di base anche dopo essere stati dimessi dall’ospedale o dal Pronto Soccorso, solo per far “trascrivere” ciò che un medico ospedaliero aveva già prescritto. Una perdita di tempo che spesso obbligava i pazienti più fragili a ulteriori spostamenti e che intasava gli studi con pratiche prive di reale utilità.

Con le nuove disposizioni, questa seconda trafila risulta cancellata. Le indicazioni terapeutiche contenute nelle lettere di dimissione e nei verbali del Pronto Soccorso diventano immediatamente valide. I farmaci potranno essere ritirati senza alcuna trascrizione aggiuntiva.

L’aspetto più evidente della riforma è il taglio netto alla burocrazia. La ricetta annuale elimina un numero enorme di accessi inutili negli studi dei medici di base, che per anni hanno dedicato ore alla firma di moduli ripetitivi, sottraendo tempo prezioso ad altre attività.

Monitoraggio clinico: possibili criticità?

Tuttavia, un aspetto critico attiene al monitoraggio clinico. Il fatto che il paziente non debba più recarsi dal medico ogni mese fa venire meno il contatto periodico con il medico di famiglia, eliminando di fatto l’unica occasione per individuare eventuali peggioramenti o problemi con la terapia. Il ruolo di “osservatore” passa al farmacista, il quale però non ha né il compito né gli strumenti idonei a sostituire il ruolo clinico del medico, né può intervenire se rileva un peggioramento della condizione del paziente.

Dal punto di vista organizzativo, la norma implica un trasferimento di attività dalle strutture sanitarie alle farmacie, che non sempre hanno risorse sufficienti per sostenere questo nuovo flusso mensile, soprattutto nelle aree interne e nei piccoli centri, ove si potrebbero verificare ritardi e disservizi.

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