Ex Ilva, la protesta dei lavoratori continua a oltranza: “Alzeremo il tiro con ancora più rabbia”

Genova. “Ci stanno togliendo un lavoro che ha mercato e qualità. E noi non possiamo lasciarlo andare via così. I lavoratori domani risponderanno alzando il tiro“. Così Armando Palombo, voce ormai storica dei dipendenti ex Ilva di Genova, al termine della giornata che ha visto esplodere nuovamente la protesta in difesa dell’acciaieria di Cornigliano. Un’altra notte in strada per mantenere un blocco stradale fotocopia rispetto a quello di due settimane fa, destinato però a evolvere in forme di mobilitazione ancora più decise.
In piazza Savio, occupata dai mezzi della fabbrica e dai lavoratori in presidio permanente che sbarrano la viabilità ordinaria, si sono affacciati in tarda mattinata la sindaca Silvia Salis e il presidente ligure Marco Bucci, a distanza di pochi minuti. Entrambi hanno confermato il sostegno alla protesta, hanno ribadito il proprio impegno e hanno portato la notizia di un nuovo incontro a Roma venerdì 5 dicembre con il ministro delle Imprese Adolfo Urso, dopo la fumata nera a Palazzo Piacentini il 28 novembre. Oltre ai due rappresentanti delle istituzioni locali sono arrivati in visita anche alcuni parlamentari.
“I problemi però rimangono in capo al Governo – ricorda Palombo -. Con questa decisione decisione dei commissari di attuare il ciclo corto, vendono direttamente il prodotto nero di Taranto, e al Nord non arriva più niente. A Genova il primo effetto è che 200mila tonnellate di rotoli da zincare non arrivano più. Per noi è un fatto gravissimo, e associato alla chiusura delle cokerie di Taranto, delinea un percorso che va verso la chiusura. Chiediamo al governo di intervenire presso i commissari perché perché ci sia una risposta chiara e precisa. Genova ha risposto come abbiamo fatto oggi, domani sarà una nuova giornata e credo che manifesteremo con ancora più rabbia questa nostra posizione. Mille lavoratori a Genova, persone di 50 anni che conoscono bene il loro lavoro, non possono vedersi soffiare il posto così”.
Martedì mattina assemblea davanti alla portineria, sempre alle 8.30, dopodiché “sicuramente questo blocco diventerà qualcos’altro“, sottolinea il rappresentante della Rsu. Nelle vicinanze ci sono l’aeroporto, la ferrovia e il casello autostradale: probabile che uno di questi punti nevralgici possa essere l’obiettivo della protesta, che finora si è svolta senza alcun tipo di interferenza con le forze dell’ordine. “Se vogliono arrestarci, vengano pure“, è la sfida (simbolica) lanciata oggi da Franco Grondona, protagonista di numerose lotte del passato, a partire da quella in difesa di Fincantieri.
L’obiettivo del “salto di qualità” è anzitutto anticipare la data dell’incontro – al quale per il momento non risultano invitati i sindacati – ma di certo non basterà. “Venerdì è troppo tardi, noi pretendiamo subito risposte in merito al futuro di questo stabilimento“. In primo luogo salvaguardare i livelli attuali di produzione, senza fermare le zincature, mentre l’ultimo piano di ridimensionamento prevede di lasciare in funzione solo il ciclo della latta con lo stabilimento al 10% del potenziale effettivo. Bucci ha assicurato che su questo “sono tutti allineati“. E poi garanzie a lungo termine: “Il Governo ci dica qual è la strategia”, ha ribadito Salis. Entrambi hanno parlato di possibile nazionalizzazione e il governatore ha spiegato che la Regione è pronta a chiederla “ufficialmente” se al 28 febbraio non si saranno presentati investitori.
Per i genovesi si prospettano altri giorni difficili, a meno che non arrivi qualche schiarita dalle istituzioni. “Noi comprendiamo i disagi, però abbiamo anche registrato molta solidarietà dalle associazioni e dai cittadini di Cornigliano”. E non solo: in serata un gruppo di ragazzi di Oregina ha portato qualcosa da mangiare e da bere. “Credo che il cittadino comune genovese capisca che è in ballo una partita molto grossa anche per Genova, perché intorno al pianeta siderurgico lavora non solo l’industria, ma tutta una serie di servizi che sono sono ricchezza per questo paese – conclude Palombo – e rischiano di andare in fumo”.
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