Fino al referendum sulla Giustizia non ci sarà tregua: liti, nessuna riforma, tante tasse
Ora ce ne dovremo fare una ragione: da oggi fino al voto per il referendum sulla riforma della giustizia, il progetto politico segnerà il passo.
Di nuove iniziative, di leggi che possano trasformare in meglio il Paese non se ne sentirà più parlare, se non in rare eccezioni.
I Palazzi e i loro abitanti sono troppo impegnati in una campagna elettorale che potrebbe determinare una svolta di non poco conto. La sinistra spera che con il “no” si possa dare una spallata definitiva al governo di Giorgia Meloni; la destra, forte dei sondaggi che la danno favorita, ritiene che con il “si” si andrà tranquillamente avanti fino al 2027 e anche oltre.
Tutto rinviato a dopo il referendum

Quindi, è chiaro che questo sarà un momento nel quale si procederà con i piedi di piombo: meglio prendersela con un avversario e metterlo magari KO, che puntare su una novità che potrebbe provocare una bagarre con pericolose conseguenze.
Noi italiani che viviamo nella speranza di tornare ad essere una Nazione che conta sul progresso e possa dire la sua sui più svariati argomenti, dovremo avere la pazienza di aspettare tempi migliori, quelli nei quali si capirà meglio chi guiderà il Paese.
Oggi è solo caccia al nemico che non la pensa come te. Se sei di idee contrarie, devi essere solo sconfitto, il resto non conta. Basta leggere i giornali degli ultimi giorni per rendersene conto. È una guerra continua che se ne frega se i vecchi problemi rimangono nel cassetto.
Certamente, è la separazione delle carriere ad avere il predominio: ogni piccolo appiglio è buono per dimostrare che è un bene o un male essere favorevoli o contrari.
L’ex magistrato Nordio in lite con i suoi
Il primo conflitto è tra il ministro Carlo Nordio (ricordiamolo, un ex giudice) e l’Associazione Nazionale Magistrati, accusata di essere un covo delle toghe rosse: Un quotidiano di tutto rispetto, il Foglio, aveva proposto un confronto all’americana tra il Guardasigilli e l’ANM. Entrambi avevano accettato: Cesare Parodi, il presidente dei contrari, aveva risposto entusiasticamente, l’iniziativa poteva finalmente far capire agli elettori quanto sarebbe stata dannosa la proposta del governo in attesa del voto popolare.
Poi, quando si è trattato di stringere l’ANM è tornata sui suoi passi perché “il confronto in tv potrebbe essere facilmente strumentalizzabile”. Che cosa voglia dire lo spiegheranno un giorno quei magistrati che si sono tirati indietro.
Ci trasferiamo in Albania, dove i centri per i migranti (che avrebbero dovuto essere rispediti in Patria) sono fermi da un paio di anni in attesa di una sentenza della Corte Europea che si dovrebbe pronunciare a favore o contro. Ventiquattro mesi in cui la maggioranza ha subìto una notevole serie di attacchi innanzitutto perché quei soldi (non pochi, in verità, circa un miliardo di euro) avrebbero avuto miglior sorte se impiegati nella sanità che soffre o nella scuola, ancorata da anni a vecchi principi (opinione del campo largo).
Ieri, dopo il grande silenzio per quello considerato uno scivolone, Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi Edi Rama, il presidente albanese. Al termine, la premier, più che soddisfatta, ha detto con enfasi che presto, per il nuovo piano dell’Unione Europea, i centri diventeranno una realtà. “Funzioneranno – sostenne un giorno – eccome se funzioneranno”. Una rivincita, forse. Ma Elly Schlein, imperterrita, le ha risposto: “Hai fallito, faresti bene ad ammetterlo”.
Si parla dei soldi che bisogna continuare a dare all’Ucraina per difendersi dall’invasione russa: otto miliardi secondo Ursula von der Leyen. Si scopre, però, che due ministri di Zelensky hanno intascato una parte degli aiuti europei. Ne nasce uno scandalo e i 5Stelle, insieme con la sinistra e i Verdi, protestano a squarciagola perché da tempo ritengono che soldi non se debbono più mandare a quel popolo.
Nicola Gratteri, un magistrato molto popolare per le sue implacabili inchieste contro la mafia, si presenta in tv e sostiene con forza che anche Giovanni Falcone era contrario alla separazione delle carriere. Lo dimostra una intervista che legge integralmente. Il giorno dopo si scopre che quelle dichiarazioni erano false, Falcone non aveva mai detto quelle cose: Gratteri si scusa, replica che gli sono state svelate da un amico di cui si fida ciecamente.
Una pessima figura che non poteva sfuggire agli esponenti della destra: “Speriamo che le indagini le porti avanti in maniera diversa, basandosi sui fatti, non sulle indiscrezioni”.
Sulla riforma della scuola che il ministro Valditara continua a perorare negando le iniziative progressiste dell’opposizione, interviene l’ex ministro Mariastella Gelmini, la quale è convinta che solo l’alleanza scuola famiglia servirà ad educare i giovani sul problema dell’insegnamento sul sesso. Virate troppo a sinistra danneggerebbero specialmente i più piccoli che frequentano le elementari.
Dulcis in fundo le tasse, le “nemiche di una buona parte degli italiani”. Ora si ha in animo di colpire anche coloro che hanno comprato i lingotti d’oro per fronteggiare l’inflazione.
In banca, i risparmi non hanno fortuna, investire in borsa è sempre pericoloso, il mattone è un ricordo di altri tempi, si ricorre all’oro per evitare che si rimanga con dei fogli di carta che non servono a nulla. Con questa tassa si recuperano due miliardi, dice il governo, importantissimi per la manovra. Domanda: in che modo una famiglia deve cercare di difendere i suoi risparmi? Silenzio assoluto.
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