Guida di un monopattino in stato di ebbrezza: cosa si rischia?
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Con la sentenza n. 37391 del 17 novembre 2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della guida in stato di ebbrezza alla guida di un monopattino elettrico.
L’episodio nasce da un incidente provocato da un uomo che, dopo aver assunto bevande alcoliche, stava circolando su un monopattino elettrico. Un fatto semplice, che pone un interrogativo di grande rilevanza giuridica, ovvero un monopattino può essere considerato un veicolo ai fini dell’applicazione dell’art. 186 del Codice della Strada?
Il caso
La vicenda giudiziaria prende avvio dalla condanna inflitta dal Tribunale di Vicenza ad un uomo accusato di aver guidato un monopattino elettrico in stato di ebbrezza, provocando un incidente stradale. La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato integralmente la decisione, ritenendo che la condotta dell’imputato integrasse il reato previsto dall’art. 186 del Codice della Strada.
La difesa dell’imputato proponeva dunque ricorso per Cassazione, sostenendo che il monopattino elettrico non fosse riconducibile alla categoria dei veicoli disciplinati dal Codice della Strada. L’intero impianto difensivo ruotava attorno all’idea secondo cui il reato di guida in stato di ebbrezza sarebbe applicabile solo ai conducenti di veicoli in senso tecnico e un monopattino, a causa della sua natura, struttura e funzione, non vi rientrerebbe.
Le motivazioni della difesa
Secondo la difesa, non sarebbe possibile ricorrere alla norma inserita nella legge di bilancio del 2020, che equipara i monopattini ai velocipedi, perché una legge di bilancio non potrebbe incidere in materia penale, pena la violazione del divieto di analogia in malam partem.
Il Procuratore Generale aveva invece concluso per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo la questione già normativamente risolta, vista l’equiparazione dei monopattini ai velocipedi e, in quanto tali, soggetti alle regole del Codice della Strada.
Nonostante ciò, la difesa insisteva nel chiedere un annullamento, sostenendo che l’equiparazione non potesse tradursi nella possibilità di applicare una norma penale a un mezzo che, fino al 2019, non rientrava né concettualmente né tecnicamente nella categoria dei veicoli.
Guida di un monopattino in stato di ebbrezza: il parere della Cassazione
La Cassazione ha respinto integralmente il ricorso. Gli Ermellini partono da un dato normativo inconfutabile, ossia l’art. 1 del Codice della Strada, che disciplina la circolazione sulle strade “dei veicoli e dei pedoni” e l’art. 46 che definisce come veicoli tutte le macchine che circolano sulle strade guidate dall’uomo. All’interno di questa definizione rientrano a pieno titolo i velocipedi, per effetto dell’art. 47 del Codice.
La legge n. 160 del 2019 – la legge di bilancio richiamata dalla difesa – non ha creato una nuova figura penalmente rilevante, ma ha semplicemente stabilito che i monopattini elettrici sono equiparati ai velocipedi. Ciò significa che, dal momento dell’entrata in vigore della norma, ai monopattini si applica la stessa disciplina di tutti i mezzi già inclusi nella categoria. Per cui, appurato che i monopattini sono effettivamente dei velocipedi, è indubbio che la disciplina della guida in stato di ebbrezza si applichi anche a chi li utilizza.
La Cassazione, inoltre, ha richiamato un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche alla guida di una bicicletta. Per la Cassazione, la chiave di volta non consiste nella tipologia o nella struttura del mezzo, quanto piuttosto nella sua idoneità a incidere sulla sicurezza della circolazione stradale. Monopattini e biciclette, sotto questo profilo, sono perfettamente assimilabili, in quanto entrambi possono causare incidenti, si muovono in spazi pubblici, espongono gli altri utenti della strada a rischi significativi se utilizzati da persone in stato di alterazione psicofisica.
Per tali motivi, la Suprema Corte ha ritenuto che la condotta contestata all’imputato rientrasse pienamente nella fattispecie prevista dall’art. 186 del Codice della Strada, con conseguente rigetto del ricorso.
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