Ifad e Bf uniscono le forze: nuova alleanza per l’agricoltura sostenibile in Africa

Dicembre 2, 2025 - 20:30
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Ifad e Bf uniscono le forze: nuova alleanza per l’agricoltura sostenibile in Africa

Con una popolazione destinata a raddoppiare entro il 2050, l’Africa non ha solo bisogno di produrre più cibo, ma di farlo in modo efficiente, sostenibile e inclusivo. La partnership si propone come uno dei percorsi possibili per trasformare questo potenziale in risultati concreti

Il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo delle Nazioni Unite (Ifad) e Bf, gruppo agroindustriale italiano quotato in borsa, hanno firmato una lettera di intenti per rafforzare lo sviluppo agricolo sostenibile in Africa.

La firma, avvenuta durante il Dakar Business Forum, arriva in un momento cruciale per il continente, dove i sistemi agricoli sono al centro tanto delle fragilità quanto delle opportunità di crescita.

Il quadro politico: tra Piano Mattei e partnership Au-Ue

L’accordo si inserisce nel Piano Mattei per l’Africa, la strategia italiana lanciata nel 2023 per costruire partnership paritarie e sostenibili attraverso investimenti in energia, acqua, agricoltura e formazione.

Una dotazione iniziale di oltre 5 miliardi di euro sostiene l’obiettivo di favorire la crescita condivisa e la stabilità dei sistemi alimentari africani.

Parallelamente si innesta il percorso avviato da Unione africana e Unione europea con la Joint Vision for 2030, che riconosce l’agricoltura come una delle leve chiave per stabilità, lavoro e sicurezza alimentare.

L’Ue resta il primo partner commerciale e di investimento agricolo del continente, impegnato in programmi come Leap-Agri, Prima e DeSira, che da oltre 10 anni promuovono ricerca congiunta, agroecologia e tecnologie agricole sostenibili.

Il contesto agronomico africano: potenzialità enormi, rese troppo basse

L’agricoltura africana è la spina dorsale delle economie locali, essa garantisce mezzi di sussistenza al 70% della popolazione e contribuisce per quasi il 30% al Pil. Tuttavia, il settore continua a soffrire di sottoinvestimenti strutturali.

Negli ultimi dieci anni la produzione cerealicola è cresciuta del 37%, ma quasi esclusivamente grazie alla messa a coltura di nuove terre e non per un vero aumento di produttività.

Le rese per ettaro restano infatti circa il 60% sotto la media mondiale e solo il 5% dei terreni è irrigato, rendendo i raccolti estremamente vulnerabili a piogge irregolari, siccità e ondate di calore.

A questa fragilità si aggiunge una crescente pressione sugli input. In Africa orientale la domanda di fertilizzanti è in aumento. Kenya ed Etiopia registrano importazioni in crescita costante, mentre i prezzi dei nutrienti continuano a salire, comprimendo i margini dei piccoli agricoltori.

La meccanizzazione, pur in crescita (+20% nelle importazioni di macchinari), resta ancora lontana dagli standard internazionali, limitando l’efficienza operativa delle aziende.

Il settore zootecnico affronta sfide simili. I costi dei mangimi, aumentati tra il 7% e l’11% nell’ultimo biennio, rappresentano fino al 70% delle spese operative. In molte aree, la degradazione dei pascoli e la competizione tra uso umano e zootecnico dei cereali spinge verso la ricerca di mangimi più efficienti e sistemi integrati coltura–allevamento.

Il risultato complessivo è una forte dipendenza dalle importazioni: l’Africa spende oltre 27 miliardi di dollari l’anno in cereali importati, una cifra che potrebbe raggiungere i 110 miliardi entro il 2030 se non si interviene.

Eppure, il settore riceve solo il 4% degli investimenti del continente e circa il 3% dei fondi globali per lo sviluppo. Ogni agricoltore africano beneficia in media di 140 dollari l’anno in investimenti, contro i 1.300 della media mondiale.

L’agricoltura,, invece, potrebbe contribuire fino al 50% dei risultati attesi dagli Sdgs combattendo povertà e sicurezza alimentare, se sostenuta da finanziamenti adeguati e da un robusto ecosistema di innovazione.

Il valore dell’intesa Ifad- Bf: tecnologia, formazione e resilienza

Davanti a questo scenario, la collaborazione tra Ifad e Bf ambisce a incidere in profondità sul tessuto agricolo africano. La prima porta la sua struttura multilaterale: oltre 4 miliardi di dollari già investiti nell’Africa subsahariana, strumenti finanziari per ridurre il rischio degli investimenti, collaborazioni con banche locali, cooperative e reti giovanili.

La seconda, tramite Bf International, apporta l’esperienza operativa maturata in Algeria, Repubblica del Congo, Ghana, Senegal e Costa d’Avorio, con progetti agroindustriali su 130.000 ettari all’interno del programma BFuture Farm.

Un approccio che punta a combinare produttività e rigenerazione, trasferendo competenze alle comunità rurali attraverso formazione tecnica e manageriale, indispensabile per rendere le innovazioni realmente adottabili.

L’accordo non si limita a creare nuovi progetti, ma intende contribuire alla costruzione di un’architettura agricola più resiliente, capace di ridurre la dipendenza dalle importazioni, migliorare il reddito delle famiglie rurali e preparare sistemi alimentari più stabili di fronte a clima, shock dei prezzi e crescita demografica.

Crediti immagine: Depositphotos

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