Il mistero di Emanuela Orlandi in tv da Massimo Giletti: il punto di Pino Nicotri e una rivelazione esplosiva

Dicembre 2, 2025 - 15:32
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Il mistero di Emanuela Orlandi in tv da Massimo Giletti: il punto di Pino Nicotri e una rivelazione esplosiva

Mistero Orlandi: la puntata di lunedì 1 dicembre 2025 del programma Lo stato delle cose, condotto su Rai3 da Massimo Giletti, si è occupato del caso Orlandi e in particolare di Mario Meneguzzi, zio di Emanuela.

Due i punti chiave del programma, in cui Giletti ha  sentito anche il nostro Pino Nicotri: la testimonianza di Natalino Orlandi sulle avances dello zio Mario Meneguzzi e l’intervista a un ex poliziotto della Squadra Mobile di Roma il quale ha rivelato che subito dopo la scomparsa di Emanuela Meneguzzi era stato sospettato e pedinato, fino a quando le indagini presero un’altra piega, cioè quella del rapimento politico.

In vista della trasmissione, ho ritenuto utile inviare alla redazione di Giletti il testo che segue. Testo che riteniamo utile venga anche pubblicato come articolo.

A smentire che in Vaticano si temessero rapimenti, come affermato invece fin da subito all’ANSA da  Mario Meneguzzi, zio di Emanuela, è stato Ercole Orlandi in persona, che di Emanuela era il padre.

La smentita è contenuta in una dichiarazione riportata il 29 maggio 1985 dal giornale Stampa Sera e passata sempre inosservata. Me ne ha ricordato l’esistenza il mio amico Gabri Benci, membro molto attivo del gruppo Facebook ”Vogliamo la verità su Emanuela Orlandi”.

Ma andiamo per ordine.

Anche perché il contenuto del presente articolo è stato fatto avere allo staff di Massimo Giletti per la puntata di stasera del suo programma televisivo Lo stato delle cose.

L a pista del rapimento

Il mistero di Emanuela Orlandi in tv da Massimo Giletti: il punto di Pino Nicotri e una rivelazione esplosiva, nella foto Papa Giovanni Paolo e Ali Agca, parlano di Emanuela Orlandi?
Il mistero di Emanuela Orlandi in tv da Massimo Giletti: il punto di Pino Nicotri e una rivelazione esplosiva – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

Fin dalle prime battute nel mistero Orlandi è stata imboccata la pista del rapimento di Emanuela per essere scambiata con Alì Agca, il terrorista turco condannato all’ergastolo per avere tentato di uccidere nell’81 Papa Wojtyla sparandogli in piazza S. Pietro.

Come è ben noto e documentato, a parlare per primo di rapimento è stato lo zio acquisito Mario Meneguzzi, marito di una sorella di Ercole Orlandi.

È lo zio infatti che nel pomeriggio del 24 giugno 1983, a poco meno di 48 ore dalla scomparsa della nipote, si reca nella sede dell’ANSA per metterne al corrente la redazione. Meneguzzi è insoddisfatto del pochissimo spazio dato alla notizia dai giornali  Il Tempo, Il Messaggero e Paese Sera, da lui allertati nel pomeriggio del 23, notizia senza accenni all’ipotesi del rapimento.

Ipotesi che invece è ben presente nel lancio dell’ANSA.

Il flash dell’Ansa

L’ANSA nel suo lancio – battuto alla telescrivente e come sempre a caratteri tutti maiuscoli – parla infatti dei “FAMILIARI E I COLLEGHI DEL PADRE, CHE TEMONO UN RAPIMENTO”.

La smentita di Ercole è contenuta nell’articolo di Stampa Sera del 29 maggio 1985 intitolato “La madre di Emanuela Orlandi “Spero che Agca dica il vero”” e che ha per occhiello “Il terrorista ha affermato che la ragazza è viva”. Quella del padre di Emanuela è una smentita netta:

“Non ci saremmo mai aspettati che Emanuela finisse in un complotto internazionale. La nostra vita si è svolta sempre qui, in Vaticano. Mai avevamo avuto paura che i nostri figli potessero  essere sequestrati perché soldi non ne abbiamo. Ne avevamo parlato proprio un mese prima del rapimento di Emanuela, quando si seppe della scomparsa di Mirella Gregori”.

Il rapimento di Emanuela Orlandi è una invenzione?

Tutto ciò induce a pensare che Meneguzzi la pista del rapimento se la sia inventata. Perché? Era una sua convinzione o impressione? Ma basata su cosa? Cosa esclude che il cosiddetto Americano abbia avuto l’idea sciacallesca di farsi vivo con gli Orlandi e parlare appunto di rapimento e scambio con Agca proprio perché aveva letto sui giornali la notizia data dall’ANSA?

È strano che nel dare la notizia all’ANSA Meneguzzi abbia commesso anche un errore marchiano, inspiegabile. Nel lancio dell’agenzia di stampa si infatti si legge:

“ALLE 18,45 DI MERCOLEDI’ SCORSO E’ STATA VISTA USCIRE
DAL CONSERVATORIO DI SANTA CECILIA DOVE STUDIA FLAUTO E CANTO

Emanuela però NON frequentava il conservatorio di Santa Cecilia, che ha sede in via dei Greci, bensì la scuola di musica Ludovico Da Victoria, che aveva sede da tutt’altra parte, per l’esattezza a un paio di chilometri di distanza in piazza di S. Apollinare, contigua a piazza Navona. Motivo per cui nessuno può avere visto Emanuela dalle parti del Santa Cecilia. Anche se qualcuno l’avesse vista dalle parti del Da Victoria non l’avrebbe mai notata e riconosciuta.

Conclusione: il comunicato ANSA non solo è fuorviante,  ma impedisce l’arrivo di eventuali segnalazioni.

Gli striminziti articoletti comparsi su Paese Sera, Il Messaggero e Il Tempo pubblicano il numero di telefono di casa Orlandi e affermano che Emanuela “indossava  pantaloni jeans con bretelle”. Ma di bretelle non parla il comunicato Ansa. Inoltre il comunicato ANSA parla del Santa Cecilia mentre i tre quotidiani parlano del Da Victoria, distanti tra di loro un paio di chilometri. La confusione quindi è massima e rende impossibile ricevere segnalazioni attendibili.

Di bretelle non parla neppure Natalina nella sua denuncia fatta alle 7:30 del 23 giugno, giorno successivo alla scomparsa di Emanuela, motivo per cui non si capisce perché invece ne parli Meneguzzi  ai tre quotidiani. La confusione aumenta perché chi avesse visto una ragazza con le bretelle non avrebbe visto Emanuela e farebbe una segnalazione inutile, se non dannosa.

L’altra cosa strana, fonte di ulteriore confusione, è che nel lancio Ansa del 24 dovuto a zio Mario si parla del conservatorio di S. Cecilia quando invece  i trafiletti dei due giornali dello stesso giorno e del terzo apparso il giorno dopo scrivono correttamente che era stata “vista per l’ultima volta da due compagne di scuola in corso del Rinascimento, di fronte al Senato”.

Questa grande confusione potrebbe anche essere stata provocata dalla concitazione del momento, ma aveva colpito l’attenzione del magistrato Margherita Gerunda, che conduceva l’inchiesta e anche di chi dopo meno di un mese ne aveva preso il suo posto: vale a dire il magistrato Domenico Sica. A tutto ciò bisogna aggiungere tre particolari, gli ultimi due dei quali non trascurabili e certamente non dovuto a concitazione. .

1) – Zio Mario dalla mattinata del 23 si trasferisce in casa Orlandi e si occupa delle telefonate in arrivo di eventuali segnalazioni da parte di chi a torto o a ragione crede di avere visto Emanuela. Si trova quindi nella posizione ideale per filtrare le segnalazioni:  tacendo di quelle eventualmente a vario titolo sgradite.  Comprese quelle eventualmente ritenute – in pura ipotesi di scuola – compromettenti per sé o per Emanuela o per membri del parentado o per personaggi comunque intoccabili.

Le confidenze di Natalina Orlandi

2) – L’allora fidanzato di Natalina Orlandi, ingegnere Andrea Mario Ferraris, un paio di mesi dopo la scomparsa di Emanuela viene contattato dall’ufficiale dei carabinieri Mauro Obinu al quale fa delle “confidenze riguardo un fatto accaduto cinque anni prima tra lo zio Mario Meneguzzi e la nipote Natalina Orlandi”. Da notare en passant che “cinque anni prima”, cioè nel 1978, Mario Meneguzzi era sposato, aveva tre figli (Monica, Giorgio e Pietro) e 45 anni, mentre Natalina ne aveva 21, cioè 24 in meno.

3) – Il magistrato Domenico Sica, che dopo poche settimane ha preso il posto della collega Gerunda molto scettica riguardo il rapimento “politico”, viene a sapere dal rapporto di Obinu, che:

“Il Ferraris durante il colloquio, in cui ha fornito notizie generiche sulla vita di Emanuela, sulle sue abitudini e sulle sue amicizie, ha confidato che circa 5 anni or sono il Meneguzzi tentò di irretire la nipote Natalina facendole delle esplicite proposte per instaurare una relazione affettiva giustificando tale comportamento con il fatto che la ragazza avrebbe dovuto sdebitarsi con lui per l’assunzione alla Camera dei Deputati di cui il Meneguzzi è dipendente”.

Per prudenza l’aveva minacciata di farla licenziare se avesse parlato della sua proposta e annesse avance. Avance morbose che Natalina riferì “terrorizzata” al proprio  confessore e consigliere spirituale  don José Luis Serna Alzate, che ha confermato tutto alla Segreteria di Stato vaticana con queste parole, trasmesse al magistrato Sica:

«Sì, è vero, Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima».

Natalina racconta al magistrato Sica che suo zio le aveva detto chiaramente “che si era innamorato di me”.

 

E che la situazione l’aveva terrorizzata. L’11 luglio di due anni fa in conferenza stampa le “attenzioni” dello zio le ha minimizzate e ha detto che in famiglia non ne ha mai parlato a nessuno, solo al suo fidanzato Andrea Ferraris un anno dopo. Le “attenzioni morbose” dello zio in conferenza stampa le ha ridotte a un semplice corteggiamento, durato poco, come quello di “un giovane innamorato”.

Un giovane innamorato però di solito non pretende una relazione amoroso sessuale perché “dovuta” in cambio di una grande favore, fosse pure avere trovato un buon lavoro alla sua amata.

Neanche se più giovane di lui di 24 anni. Tant’è che Sica ordinò che Meneguzzi venisse pedinato, forse perché sperava anche che venisse contattato dai “rapitori”. Pedinamento come è noto mandato all’aria dalla dabbenaggine e dalla mania di protagonismo di un amico di famiglia, Giulio Gangi, giovane poliziotto entrato da poco nei ranghi dei servizi segreti civili (all’epoca il SISDE) e innamorato di Monica, la bellissima figlia di Meneguzzi.

CONCLUSIONE – In mancanza di indagini, dei relativi atti giudiziari e di sentenze della magistratura, Mario Meneguzzi deve essere considerato innocente, estraneo alla scomparsa di sua nipote Emanuela. Lo stesso atteggiamento dovrebbe essere tenuto – ma invece NON è mai tenuto – nei riguardi di Enrico De Pedis, che quando è stato ucciso era incensurato oltre che senza carichi pendenti, e tuttavia viene sempre citato come probabile o certo organizzatore del “rapimento” di Emanuela oltre che come capo e boss della famosa Banda della Magliana. La quale a sua volta, stando agli atti giudiziari e alle sentenze, cioè alla realtà appurata,

NON era quella grande e ramificata banda onnipresente, con infiltrazioni e contatti di alto rango, massoneria, mafia e servizi segreti compresi, che si dà invece sempre per scontato che sia stata.

L'articolo Il mistero di Emanuela Orlandi in tv da Massimo Giletti: il punto di Pino Nicotri e una rivelazione esplosiva proviene da Blitz quotidiano.

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