Il paradosso del Mezzogiorno: Pil e manifattura battono il Nord, ma la fuga dei talenti brucia 8 miliardi l’anno
Il rapporto Svimez
Il paradosso del Mezzogiorno: Pil e manifattura battono il Nord, ma la fuga dei talenti brucia 8 miliardi l’anno
Il Rapporto Svimez 2025 certifica il primato del Sud nella crescita, soprattutto della manifattura, trainata dal PNRR e dalla Zes Unica. Resta irrisolta l’emorragia di capitale umano qualificato che rischia di compromettere la sostenibilità del sistema produttivo nel lungo periodo.

L’economia italiana è sempre più spinta dalla crescita del Mezzogiorno, che accelera grazie soprattutto alla messa a terra del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2025 presentato il 27 novembre, che delinea però uno scenario dominato da “forti contrasti”.
Se da un lato l’apparato produttivo meridionale dimostra una vitalità superiore alle attese, dall’altro il perdurare dell’esodo dei lavoratori qualificati sottrae risorse ingenti all’economia.
La manifattura del Sud stacca il Nord
Il dato più rilevante per gli osservatori di politiche industriali riguarda la performance del settore manifatturiero. Tra il 2021 e il 2024 il valore aggiunto dell’industria in senso stretto nel Mezzogiorno è cresciuto del 5,7%, in netta controtendenza rispetto al calo del 2,8% registrato nel Centro-Nord.
Scendendo nel dettaglio, la manifattura meridionale ha segnato un incremento del 13,6%, un risultato che non si spiega solo con la spinta dell’edilizia, ma che riflette la tenuta di settori a specializzazione matura come l’agroalimentare (+13,1%) e la crescita dei servizi ICT.
Le previsioni Svimez stimano che questa dinamica proseguirà nel prossimo biennio. Il Pil del Sud è atteso in crescita dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026, superando le performance del Centro-Nord, ferme rispettivamente allo 0,5% e 0,6%. A determinare questo scarto contribuiscono due fattori: l’avanzamento dei cantieri PNRR, che nel biennio 2025-2026 genereranno una domanda di investimenti pubblici pari a 1,7 punti di Pil nel Mezzogiorno (contro lo 0,7 nel resto del Paese), e la debolezza del modello export-led settentrionale, penalizzato dalla stagnazione della domanda tedesca.
La trappola del capitale umano
Nonostante gli indicatori macroeconomici positivi e un aumento dell’occupazione pari all’8% tra il 2021 e il 2024 (con quasi mezzo milione di nuovi posti di lavoro creati al Sud), il sistema non riesce a trattenere le competenze più elevate. Il rapporto definisce questo fenomeno “trappola del capitale umano”.
Tra il 2022 e il 2024 circa 175 mila giovani hanno lasciato il Mezzogiorno. Il dato critico riguarda la qualifica di chi parte: la metà è laureata.Il costo di questa emorragia per le casse pubbliche e per il sistema economico locale è stato quantificato in 8 miliardi di euro l’anno. Si tratta di un investimento pubblico in formazione che non genera ritorni nel territorio che lo ha sostenuto, trasformandosi in un sussidio indiretto alle regioni del Nord o ai paesi esteri che accolgono questa forza lavoro qualificata. Dal 2000 al 2024 il Sud ha perso investimenti in capitale umano per 132 miliardi di euro.
Il paradosso è evidente: il tessuto produttivo cresce, ma non abbastanza in fretta o con livelli di specializzazione tali da assorbire l’offerta di lavoro qualificata che le università meridionali, tornate attrattive, continuano a formare.
Zes Unica ed energia come leve strategiche
Sul fronte delle politiche di attrazione degli investimenti, la Zes Unica inizia a mostrare i primi risultati tangibili. Tra marzo 2024 e novembre 2025 sono state rilasciate 865 autorizzazioni per un valore complessivo di oltre 3,7 miliardi di euro di investimenti. Il dimezzamento dei tempi burocratici, scesi da 98 a 54 giorni, ha sbloccato capitali soprattutto in Puglia, Campania e Sicilia. I settori coinvolti spaziano dall’agroindustria all’automotive, fino a comparti ad alto contenuto tecnologico come l’elettronica e il cleantech.
L’altro asset strategico evidenziato nel documento è l’energia. Il Sud si candida a diventare l’hub delle rinnovabili per l’intera Europa, registrando l’82% delle richieste di connessione alla rete. Con una produzione di energia verde che già oggi copre il 115,1% dei consumi locali, il superamento del Prezzo Unico Nazionale previsto dal 2026 potrebbe garantire alle imprese meridionali un vantaggio competitivo strutturale sui costi energetici, stimato in una riduzione del 20% rispetto al 14% del resto d’Italia.
Il ruolo dei comuni e l’ombra dell’autonomia
L’attuazione del PNRR ha smentito, dati alla mano, la narrazione sull’incapacità amministrativa degli enti locali meridionali. I Comuni del Sud hanno raddoppiato gli investimenti pubblici tra il 2022 e il 2025, portandoli da 4,2 a 8 miliardi di euro. Tre cantieri su quattro sono in fase esecutiva, con una performance in linea con il Centro-Nord. Tuttavia il rapporto Svimez lancia un monito: l’autonomia differenziata rischia di compromettere questi risultati, frammentando le politiche pubbliche proprio nel momento in cui il PNRR sta ricucendo i divari infrastrutturali, specialmente nei servizi sociali e scolastici.
Infine il rapporto accende un faro sui flussi finanziari illeciti, ribaltando un altro luogo comune. Su 61,4 miliardi di euro riciclati tra il 2010 e il 2024, oltre l’80% è finito nelle regioni del Centro-Nord. Le mafie spostano i capitali dove il mercato è più dinamico, mentre nel Mezzogiorno mantengono il controllo del territorio attraverso l’usura, che resta il reato spia più diffuso nell’area.
rapporto2025_completo
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