Il Pd è rimasto imprigionato nella sua bolla propagandistica

Ho giurato a me stesso che non avrei dedicato nemmeno una riga alla riunione di Montepulciano e a tutti gli altri dettagli di microfisica delle correnti del Pd di cui sono pieni, da giorni, i retroscena di tutti i maggiori quotidiani e non intendo venir meno all’impegno. Al lettore curioso di conoscere il mio parere intorno alla genesi dell’iniziativa, ai suoi reali obiettivi e alle sue prospettive di successo, ansioso di sapere se a mio giudizio il nuovo correntone nato dalla confluenza di franceschiniani, orlandiani e speranziani riuscirà effettivamente a condizionare Elly Schlein, o se invece l’adunata sediziosa si sia già trasformata in una festa in cui tutti i convenuti si sono ritrovati a gridare evviva la segretaria, ma quanto è brava, ma quanto è forte, la mia risposta è che non lo so, non lo voglio sapere e se anche lo sapessi me ne sarei già dimenticato, perché non vedo come possa influenzare alcunché, al di là della composizione di liste elettorali, organismi dirigenti e sistemazioni collaterali.
A volerli prendere sul serio, dovremmo dire infatti che in quella riunione hanno sancito la propria alleanza (se non proprio fusione) le correnti più a sinistra e più a destra del Pd; quelli che nella precedente stagione stavano con Renzi, quelli che stavano contro e quelli che sono stati sia a favore che contro, e che nell’attuale hanno votato per Schlein, poi hanno cercato di metterla da parte (ad esempio rispolverando la vecchia teoria della distinzione tra leadership e premiership) e ora un po’ la appoggiano e un po’ stanno a vedere se esce qualcosa di meglio. Insomma, le solite cose. Però ieri, proprio da quella iniziativa, Schlein è tornata a rilanciare l’argomento secondo cui, sulla base dei «voti veri», dopo le regionali in Campania e Puglia, sarebbe chiaro che il centrosinistra è a un passo dal vincere le politiche. E questo, secondo me, è un segnale più interessante.
Mi sembra più interessante perché stavolta, al contrario dei numeri a caso sparati per sostenere il buon esito del referendum sull’articolo 18, temo che tanto Schlein quanto il resto del gruppo dirigente siano davvero in buona fede, vittime della propria stessa bolla propagandistica. Stiamo parlando di elezioni, in Campania e in Puglia, dove ha votato circa il 43 per cento degli aventi diritto (un po’ di più in Campania, un po’ meno in Puglia), un’affluenza semplicemente inimmaginabile alle politiche. Alle ultime politiche, appena tre anni fa, l’affluenza è stata infatti superiore di ben 20 punti. Dunque, anche tralasciando tutte le altre ovvie differenze, come il peso di una infinita ragnatela di liste locali, diciamo così, estremamente pluraliste, mi pare evidente che fare i conti sulla base dei voti assoluti presi alle regionali con una simile affluenza e farne la base per i propri sogni di gloria nazionali somiglia più al training autogeno che all’analisi politica. Il che naturalmente non significa negare la netta vittoria del centrosinistra in Campania e in Puglia, e anche il primo serio momento di sbandamento di Meloni, come dimostrato anche dalle sue reazioni scomposte sulla legge elettorale e anche sul mancato confronto con Schlein.
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