Inceneritori in Lombardia: numeri, criticità e alternative possibili

Dicembre 2, 2025 - 20:30
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Inceneritori in Lombardia: numeri, criticità e alternative possibili

Troppi inceniritori rispetto ai rifiuti da bruciare. Ecco perché molte associazioni di medici e ambientalisti chiedono di fare chiarezza sulla situazione. Soprattutto, di non aprirne di nuovi. Ne parliamo con Raffaella Mattioni, medico diabetologa al Fatebenefratelli di Milano e responsabile del gruppo inceneritori di Rete Ambiente Lombardia

È buona cosa che i cittadini lombardi sappiano che in fatto di inceneritori non li batte nessuno. La Lombardia, infatti, è la Regione che ospita più inceneritori d’Italia.

Tra quelli che si occupano dei rifiuti urbani e quelli industriali se ne contano ben 12, cui se ne aggiungono altri 5 in seno ai cementifici in un processo di produzione di energia.

Di fatto, la Lombardia ha la capacità di incenerire più alta rispetto ai rifiuti che produce (che tra l’altro, come Ispra fa notare, sono anche in calo). Calcoli alla mano: 2 milioni di tonnellate di rifiuti (valore di mercato 100/150 euro a tonnellata) sono bruciate ogni anno in Lombardia. Il 43% di questi rifiuti arriva da fuori Regione.

Paradosso ulteriore è che siamo in piena Pianura Padana: l’area più inquinata d’Europa ospita anche il 30% degli inceneritori italiani.

Un quadro questo ricostruito da Raffaella Mattioni, medico diabetologo al Fatebenefratelli di Milano e responsabile del gruppo inceneritori di Rete Ambiente Lombardia, che riunisce comitati e realtà civiche impegnate sui temi ambientali.

Con questa video intervista le diamo la parola per fornire ai nostri lettori un quadro preciso di quello che sta succedendo (ma anche l’opportunità di collaborare con questa associazione che raggruppa Cittadini per l’aria, Isde, Zero Waste Europe e Italy 5R – zero sprechi, Medicina democratica).

Va detto che tutti gli impianti presenti in Lombardia sono stati adeguati alle Best available technologies (Bat) e rispettano i limiti emissivi per metro cubo d’aria, ma il fatto che lavorino a pieno regime lascia aperte molte domande.

Mattioni lo ricorda: “è vero che non esistono limiti al numero di impianti per territorio, nè esiste un limite al volume totale di emissioni per area, ma non viene considerato l’effetto cumulativo su cui la letteratura medica chiede attenzione“.

Il nodo sanitario: perché in Lombardia non si monitorano gli inceneritori?

La Lombardia, fa notare Mattioni, non ha mai realizzato un monitoraggio sanitario ed epidemiologico sugli inceneritori. Eppure, gli esempi replicabili non mancano: l’Emilia-Romagna con i suoi 8 impianti ha da tempo avviato il progetto Moniter; il Piemonte ha lanciato il programma Spot.

Da questi programmi di monitoraggio è emerso che vicino agli inceneritori aumentano i parti pretermine e c’è una maggiore incidenza di basso peso alla nascita.

Sul caso Montello il medico diabetologo è precisa: “Ats Bergamo ha contestato lo studio sanitario presentato dall’azienda e, soprattutto, ha evidenziato che il danno sanitario non può essere escluso, per cui ha chiesto analisi aggiuntive e l’applicazione del principio di precauzione“.

Rete Ambiente Lombardia non chiede solo uno stop alla costruzione di nuovi inceneritori, ma propone un modello alternativo che l’Europa sta già valutando nella revisione della Direttiva Quadro Rifiuti che è rappresentato dal Trattamento Meccanico Biologico dell’indifferenziato (Tmb).

Uno studio pilota a Valmadrera (Lecco) ha mostrato risultati netti: 50% dell’indifferenziato trasformato in nuovo materiale riciclabile” spiega Mattioni.

Immaginiamoci quindi una Lombardia (ma poi anche tutta l’Italia) dove, i cittadini migliorano la propria raccolta differenziata al meglio; se poi qualcosa sfugge ci pensa la buona tecnologia a risepararla e quindi a mandarla, ma molto meno, in fumo.

Per arrivare a questo Rete Ambiente Lombardia invita tutti a partecipare attivamente: “Stiamo cercando di coinvolgere il maggior numero di cittadini e comitati – chiosa Mattionila nostra attività è di studio, confronto con le istituzioni e sensibilizzazione“.

Chi volesse contattarli può scrivere alla mail network.ambiente.lombardia@gmail.com.

Crediti immagine: Depositphotos

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