La scelta di Mabalou: «Io, tutrice volontaria con la forza del cuore»
Siamo tornati a Palermo per capire la conclusione del ciclo di incontri di giugno-luglio di quest’anno per la formazione degli aspiranti tutori volontari.
Dei 45 partecipanti al corso, cinque sono stati destinati al tribunale per i minorenni di Catania e due al tribunale di Palermo ma per le esigenze del trapanese.
Nella provincia del capoluogo siciliano sono dunque rimasti 33 aspiranti tutori volontari che potenzialmente possono iscriversi nell’elenco istituito
presso il tribunale per i minorenni; in quattro sembra però che rinunceranno per ragioni personali; sono 17 invece quelli che hanno già mandato la documentazione all’autorità garante competente; sette stanno provvedendo e gli altri cinque non hanno ancora risposto alle sollecitazioni che sono state mandate loro.
«Il punto è che dopo il ciclo formativo gli aspiranti tutori volontari andrebbero seguiti costantemente, ma non sempre ci si riesce», dice Lino D’Andrea, a lungo Garante per l’infanzia e l’adolescenza di Palermo ed oggi leader del Movimento educativo Palermo che ha promosso, insieme al Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza e al Centro studi e iniziative europeo – Cesie di Palermo, il corso di formazione per gli aspiranti tutori volontari.
Tra gli aspiranti tutori volontari anche Mabalou Toure, di nazionalità ivoriana, arrivata in Italia, a Palermo, da quasi 14 anni: «Poi sono andata un po’ a Modena perché lì c’è mia sorella, ma sono tornata subito a Palermo», dice.
Non era bella Modena, Mabalou?
Non è male, ma Palermo è più bello, perché qui le persone sono gentili, più vere, accoglienti.
Lei ha fatto il corso per diventare tutrice volontaria di ragazzi di minore età stranieri non accompagnati. Perché?
Perché mi piacciono i bambini e soprattutto perché pure io sono straniera. So cosa significa arrivare in un Paese senza famiglia, lontana da genitori, fratelli, sorelle…non è facile.
Lei però adesso è ben inserita…
Quando sono arrivata avevo solo mio marito. Conoscere persone, fare amicizie, non è stato semplice però pian piano, prima grazie ad altre persone straniere e poi grazie agli italiani io e la mia famiglia siamo perfettamente integrati. Ma per un bambino o un ragazzo non accompagnato non è facile, a partire dalla lingua che in molti casi è proprio una barriera.
Cha lavoro fate, adesso?
Mio marito lavora come interprete, io invece faccio l’assistente alle persone anziane.
Incontro spesso per strada questi ragazzi così giovani e così soli. Ma mi accorgo che sono come disconnessi e a volte non capiscono niente di quello che dici, camminano nel vuoto. Ci vuole qualcuno per parlare con loro, per indirizzarli, per essere disponibili per loro. Mabalou Tourè
Avete figli?
Una figlia di 15 anni, si chiama Aminata, vive in Costa D’Avorio con mia madre e sta studiando. Però adesso stiamo facendo in modo da farla arrivare qui a Palermo. Io ogni due anni vado a trovarla e ovviamente le parlo ogni giorno.
È anche per questa mancanza di sua figlia che ha deciso di diventare tutrice volontaria?
Anche. Vede, io incontro spesso per strada questi ragazzi così giovani e così soli. Parlo anche con alcuni di loro. Ma mi accorgo che sono come disconnessi, come se loro vivessero in un mondo totalmente diverso da loro. A volte non capiscono niente di quello che dici, camminano nel vuoto. Ci vuole qualcuno per parlare con loro, per indirizzarli, per essere disponibili per loro. Sento spesso dire che alcuni ragazzi cadono in depressione, bevono, cadono nella droga o nella criminalità. Ma perché un minore senza accoglienza è un ragazzo senza speranza. Anche il Papa dice che dobbiamo accogliere per dare speranza.
In cosa possiamo essere disponibili, secondo lei?
Ma guardi anche solo per uscire un po’ dalla comunità, dai centri d’accoglienza. A volte loro vogliono uscire anche per parlare con qualcuno, dire cose che non possono dire nel centro che li accoglie.
Conosce soltanto giovani accolti nelle comunità oppure anche ragazzi che vivono di espedienti per strada?
Quelli che vivono in comunità hanno più possibilità di fare amicizie. Ma per i molti che vivono “alla giornata” i problemi sono tanti. Tante volte io mi avvicino a loro, ma non sono tanto aperti perché hanno paura che qualcuno li prenda e vada a denunciarli. Hanno paura. Soprattutto hanno paura. Se provi a parlare con loro, restano in silenzio.

Il corso di formazione per tutori volontari è stato utile?
Assolutamente sì. Ho imparato che ci sono tanti diritti che non conosciamo, che ci sono tanti luoghi che aiutano, indirizzano. Prima non immaginavo neanche, se io quando sono arrivata avessi conosciuto tutto questo avrei avuto un percorso più facile.
E quindi questi presìdi aiuteranno i ragazzi?
Moltissimi di loro hanno grandi capacità ma non hanno mezzi. Qui potrebbero finalmente avere il sogno che sognavano nel loro Paese e per il quale hanno affrontato un lungo viaggio.
Che cosa è “il sogno” secondo lei?
Accoglienza, formazione, diritto al lavoro, speranza.
Non la spaventa questo ruolo?
Io non prenderò i ragazzi per farli diventare “miei”, ma per accompagnarli col cuore. Le cose si fanno solo col cuore. Io non mi spavento, le cose vengono pian piano e col cuore si può fare tutto. Ognuno nel suo piccolo può fare molto.
E quando arriverà sua figlia?
Noi in Africa siamo abituati al concetto di famiglia grande, allargata. Cresciamo con tutta la famiglia e con i vicini. Non esiste “mio”, pensiamo come “nostro”.
Si è già iscritta nelle liste dei tutori volontari?
No, siamo ancora aspettando il Tribunale.
foto di Mabalou Tourè
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