L’assalto alla Stampa, quello alle banche, e la solita tragedia bipopulista italiana

Con l’assalto alla Stampa e quello a Mps, Mediobanca e Generali, le cronache italiane del bipopulismo continuano ad alimentare il miserabile discorso pubblico che poi siamo costretti a commentare, malgrado la forte tentazione di dedicarci alla casa nel bosco e ad altri passatempi nazionali.
Non so quale dei due assalti sia più grave per le sorti della democrazia liberale italiana, quello alla libera stampa o quello al sistema finanziario, ma so che le due incursioni sono le due facce della stessa medaglia populista che affligge l’Italia: da una parte l’aggressione violenta alla libertà di informazione orchestrata dal centro sociale Askatasuna, dall’altra la scalata a banche e assicurazioni che secondo la procura di Milano sarebbe stata concertata assieme al governo con modalità illegali; da una parte gli antagonisti pro Pal, dall’altra parte gli oligarchi pro Pal. Chigi.
L’attacco ai giornali è la forma di repressione tradizionalmente più cara ai movimenti autoritari, dal fascismo al comunismo, fino a quella miscela rossobruna che è tornata di moda. L’altra è l’antisemitismo. Il raid contro La Stampa di Torino può mettere la spunta su entrambe le voci, più una terza, sull’idiozia, visto che tra i grandi giornali italiani La Stampa è il quotidiano più attento alla tragedia di Gaza e più critico di Israele.
Dovrebbe essere chiaro a chiunque, tranne a sedicenti avvocatesse di Avellino, che un paese che si divide anche sulle irruzioni violente contro un giornale non è un paese normale. Così come dovrebbe essere altrettanto evidente che un governo che manovra e facilita la conquista predatoria di banche e assicurazioni nazionali non sta certo operando per il bene pubblico.
Navigare tra questa sinistra radicale e questa destra monopolista, tra queste due forme opposte ma concentriche di eversione anticapitalista, è la sfida che gli adulti del paese dovrebbero affrontare per contribuire a difendere l’Occidente dei diritti civili e della libertà di pensiero dagli attacchi interni, prima ancora che esterni.
La sinistra che ora condanna l’incursione pro Pal contro La Stampa non ha imparato dagli errori del passato e, tranne rare eccezioni, non ha mai provato ad attenuare i toni, infischiandosene delle conseguenze puntualmente arrivate (e lo stesso si può dire a proposito della destra e del razzismo, anche antisemita, di quella parte).
La destra sedicente liberale, tranne più uniche che rare eccezioni, non ha mosso un dito contro il progetto governativo di facilitare la conquista privata delle banche e delle assicurazioni (e lo stesso si può dire a proposito del silenzio imbarazzante tenuto dalla sinistra democratica, interrottosi come al solito soltanto in seguito alla sveglia della magistratura).
Entrambi gli schieramenti vantano, poi, amici fraterni dei nuovi imperatori Donald Trump e Vladimir Putin, e presto emergeranno anche i fan di Xi Jinping, tutti insieme appassionatamente impegnati a svuotare lo stato di diritto e la società liberale e democratica.
In queste condizioni non è possibile scegliere tra questa sinistra e questa destra, anche se al momento è evidente che il pericolo maggiore provenga dalla maggioranza di governo, ma per il semplice fatto che è al potere e sta già immaginando una forzatura anche istituzionale nella direzione orbanian-trumpiana, non perché l’opposizione dia maggiori garanzie sulla tenuta europea, occidentale e liberale dell’Italia.
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