Leone XIV: «Contrastare l’intolleranza, superare la violenza, bandire l’esclusione»
Leone XIV con i giovani nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerké (Foto Vatican Media/SIR)di Vatican News
Nel cuore del Medio Oriente, la culla delle tre religioni abramitiche, Leone XIV partecipa all’incontro ecumenico e interreligioso in piazza dei Martiri a Beirut. Il suo richiamo a essere costruttori di pace, che ricalca quello espresso fin dai primi momenti del suo approdo nel Paese, nel suo discorso alle autorità politiche e civili libanesi, è quello di un padre spirituale che unisce la sua voce – nel solco dei predessori che hanno visitato questa “terra amata” – alla polifonia dei capi religiosi locali. Commosso e grato, li ascolta fraternamente, uno per uno, costantemente orante, pronto a confortare il Libano perché non perda l’armonia tra tutte le sue comunità.
L’evento fa seguito all’incontro, presso la Nunziatura Apostolica con il Consiglio dei Patriarchi Cattolici d’Oriente – durante il quale si è parlato, tra l’altro, della data comune a tutti i cristiani per la Pasqua – e il pranzo, nella medesima sede, a cui si sono aggiunti il Catholicos della Chiesa armena apostolica di Cilicia, Aram I, il Patriarca di Antiochia e capo della Chiesa Siro-Ortodossa Ignazio Efrem II, il Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi.
“Viva il Papa!” è l’acclamazione che spicca al suo arrivo nella magnifica tenda vetrata che si fa casa comune, dove campeggia il palco bianco circolare bordato di decine e decine di lumini bianchi posti anche al centro della pedana. Sono le fiaccole della speranza, a scaldare il buio del mondo.
Illuminano quella parola “Pace”, scolpita in rilievo a più lingue, che corre lungo il perimetro dell’area dove sono riuniti i leader religiosi. Per secoli crocevia di civiltà, popoli e religioni, in particolare tra Cristianesimo e Islam, portato dagli Arabi nel VII secolo, il Libano sperimenta da anni instabilità e crisi stratificate.
L’essere stato, nel corso della sua storia, rifugio per le minoranze minacciate o perseguitate in Medio Oriente, ha fatto di questa piccola nazione affacciata sul Mediterraneo orientale un “mosaico” di comunità etnico-religiose (lo Stato riconosce ufficialmente 18 confessioni). Un mosaico che indusse Giovanni Paolo II, nel 1977, a dire: «Il Libano è più che un Paese, è un messaggio». Oggi si riporta alla memoria quello che è diventato molto più di uno slogan. E si ribadisce che il Libano non può essere abbandonato, non solo per le sofferenze del suo popolo, ma anche per il valore universale del suo patrimonio spirituale e culturale.
Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno l’ultima parola
Essere in dialogo con i membri delle altre religioni è insito nella natura e vocazione della Chiesa universale, ricorda il Pontefice nel suo discorso pronunciato in inglese, facendo riferimento a quanto Benedetto XVI, tredici anni fa, scriveva nella sua Ecclesia in Medio Oriente. E richiedono, precisa ancora Leone, che essa si impegni nel dialogo con i membri di altre religioni. Citando il testo della Esortazione Post-sinodale, il Pontefice rammenta che «in Medio Oriente, questo dialogo si basa sui legami spirituali e storici che uniscono cristiani a ebrei e musulmani. È un dialogo che non è dettato principalmente da considerazioni pragmatiche, politiche o sociali, ma da questioni teologiche fondamentali che hanno a che fare con la fede».

Poi descrive che qui campanili e minareti sono fianco a fianco, così come fianco a fianco sono chiamate a cooperare fedi diverse elevando insieme al Creatore misericordioso la preghiera incessante per «il dono divino della pace». Conflitti lunghi e complessi nell’area mediorientale possono scoraggiare, spiega il Papa, tuttavia «in mezzo a queste lotte, si può trovare speranza e incoraggiamento quando ci concentriamo su ciò che ci unisce: la nostra comune umanità e la nostra fede in un Dio di amore e misericordia. Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola, mentre l’unità, la riconciliazione e la pace sono sempre possibili».
Si può vivere insieme nel rispetto e nel dialogo
Leone ricorda anche in questa circostanza i sessant’anni dalla Dichiarazione Nostra Aetate che «aprì un nuovo orizzonte» sottolineando che il vero dialogo «ispirato dall’amore divino, abbraccia tutte le persone di buona volontà, e respinge pregiudizi, discriminazioni, persecuzioni affermando l’uguale dignità di ogni essere umano». Dal vescovo di Roma un sussulto di fiducia: «Ecco, dunque, la missione che rimane immutata nella storia di questa amata terra: testimoniare la verità duratura che cristiani, musulmani, drusi e innumerevoli altri possono vivere insieme, costruendo un paese unito dal rispetto e dal dialogo».
Contrastare l’intolleranza, superare la violenza
La fiducia del Papa è quella appresa dal Vangelo, che contiene racconti della vita di Gesù che ebbero luogo nel sud dell’attuale Libano, nei dintorni di Tiro e Sidone: menziona, per esempio, quello dell’incontro con la donna siro-fenicia, una madre implorante di cui parla l’evangelista Marco. «Umiltà, fiducia e perseveranza superano ogni barriera e incontrano l’amore sconfinato di Dio», afferma Leone, convinto che il Libano incarna proprio questa attitudine storica.

L’immagine dell’olivo – un magnifico esemplare stilizzato fa da sfondo alla scenografia preparata per questo evento centrale nella tappa libanese del viaggio del Papa -, simbolo di pace e convivenza, è quella che il Papa usa per evidenziare la straordinaria capacità di resistenza e di speranza che mai deve abbandonare il popolo libanese. E mentre affida al materno abbraccio della Vergine, Nostra Signora del Libano, venerata nel santuario di Harissa, insiste: «In una globalità sempre più interconnessa, siete chiamati a essere costruttori di pace: a contrastare l’intolleranza, superare la violenza e bandire l’esclusione, illuminando il cammino verso la giustizia e la concordia per tutti, attraverso la testimonianza della vostra fede».
L’incontro si conclude con il canto dei bambini che hanno allietato la cerimonia con musiche dolcissime. Il Papa procede a piantumare un ulivo e ad innaffiarlo. Un ulteriore gesto di anelito alla pace e alla cura della casa comune. Al compierlo al suo fianco, lo sceicco Al-Aql della comunità drusa Sami Abi Al-Muna e patriarca greco-ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi.
Ieri, nelle intenzioni iniziali, il Pontefice avrebbe dovuto partecipare alla piantumazione di un «cedro dell’amicizia» nei giardini del Palazzo presidenziale. Le condizioni meteorologiche avverse hanno tuttavia imposto lo svolgimento della cerimonia al chiuso, con l’innaffiatura di un giovane esemplare.
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