Lo sciopero della fame di Rita Bernardini contro il decreto sicurezza

Ennesimo digiuno nonviolento della radicale Rita Bernardini, questa volta contro il dl sicurezza. Lo ha annunciato due giorni fa dinanzi alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia della Camera durante l’audizione di Nessuno Tocchi Caino di cui è presidente.
A proposito della resistenza nonviolenta in carcere, Bernardini ha ricordato i 20.000 detenuti in sciopero della fame a sostegno dell’approvazione dei decreti attuativi della riforma seguita agli Stati generali sul carcere, ha affermato che “il decreto sicurezza non si cala nella realtà del carcere quale è oggi, spesso privo di umanità e, a causa del sovraffollamento, di trattamenti degradanti della dignità umana”, e ha citato come esempio la visita fatta a Pasqua nel carcere femminile di Rebibbia dove ha trovato due giovani madri, portate dai domiciliari in carcere con i loro bambini, senza che avessero compiuto alcuna infrazione, sol perché i loro piccoli avevano compiuto un anno. Anche a fronte di questa irragionevolezza ha annunciato, a partire dalla mezzanotte di ieri, uno sciopero della fame “per fare riflettere i parlamentari, sempre più espropriati dei loro diritti, affinché siano espunte le parti più manifestamente incostituzionali del provvedimento”.
Sergio d’Elia, a proposito dell’introduzione del reato di resistenza passiva, volto a criminalizzare anche il dissenso espresso in forme nonviolente, ha dichiarato che “pensare che l’ordine e la sicurezza di un istituto penitenziario possano essere assicurati dalla minaccia di sanzioni (che peraltro già esistono) e dalla esclusione dai benefici (che peraltro è già prevista) è la solita illusoria convinzione del valore deterrente della pena”. Elisabetta Zamparutti ha ricordato come l’Italia faccia parte di organizzazioni internazionali che hanno criticato anch’esse il decreto a partire dal Commissario europeo per i diritti umani, Michael O’Flaherty, che già aveva chiesto di non approvare, senza radicali modifiche, il testo del ddl Sicurezza (ora riprodotto nel dl), perché in contrasto con la Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Il dl sicurezza arriverà nell’Aula della Camera lunedì 26 maggio.
Ieri è intervenuto invece Roberto Zaccaria, già professore di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Firenze, per il quale con il passaggio da ddl a dl si è messo in atto un “aggiramento gravissimo e privo di adeguata giustificazione dell’art. 72 della Costituzione” che “incide sulle prerogative dei parlamentari”. Per Zaccaria siamo dinanzi ad una “torsione securitaria” per cui “si tutela più l’autorità che la libertà, andando a ledere i principi democratici”. Infine, ha detto il costituzionalista, “il dl introduce una pericolosa forma di repressione del dissenso che, invece, è elemento fondamentale della democrazia”.
Ha preso poi la parola il professore avvocato Vittorio Manes: “si continua a scommettere nell’overdose punitiva, che, da molto tempo, caratterizza l’esperienza italiana, dove la pressione penale è stata sempre in costante, irrefrenabile aumento, sino ai livelli parossistici raggiunti nell’era del populismo penale. Negli ultimi due anni, in particolare, stiamo vivendo una stagione di ubriacatura punitiva, durante i quali sono state inserite nel codice di rito 48 nuove fattispecie di reato, e solo con il dl se ne aggiungono 14 insieme a 9 aggravanti”. Manes ha tenuto a ricordare che “ogni qualvolta che si introduce una nuova fattispecie di reato la sfera della libertà risulta compressa e ci si allontana dal modello di Stato di Diritto e ci si avvicina allo Stato di polizia”.
Per l’esperto, poi, “oggi come un secolo fa si invoca più diritto penale, in ogni sua forma, più deterrenza mediante minaccia di pena, e più carcere come unica e prioritaria risposta, quali che siano i destinatari diretti e indiretti degli “effetti collaterali” della pena custodiale, il tutto nell’esibito intento di fronteggiare problemi di sicurezza inconsistenti e con la recondita finalità di guadagnare consenso al cospetto degli elettori, a cui si propina la farmacopea punitiva anche come arma di distrazione di massa dai problemi reali”. Mentre in carcere “i problemi reali esistono davvero, come ci ricordano i tassi di sovraffollamento medio superiori al 130% su scala nazionale, e come testimonia drammaticamente – dopo il tragico record dei 90 suicidi nell’anno passato – il ventesimo, lancinante suicidio a cui si è già arrivati nel corso di questo primo scorcio del 2025” ha concluso il professore.
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