Marta: «Aiutiamo i giovani con la fiducia, non con i giudizi»

Dicembre 2, 2025 - 18:30
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Marta: «Aiutiamo i giovani con la fiducia, non con i giudizi»

Quali sono le domande dei giovani a cui bisogna dare risposta e quali le vere emergenze che il loro disagio – al di là delle notizie sensazionalistiche, della cronaca urlata, dell’allarme sociale – pone alla società? Elena Marta, ordinario di Psicologia sociale e di Comunità presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, non ha dubbi: il problema base è non trovare un senso per crescere. «In parte sono le domande di sempre dei giovani, perché non dobbiamo dimenticare che gli adolescenti di oggi sono portatori degli stessi bisogni degli adolescenti di ieri, ossia trovare un senso del vivere – spiega-. Quello che i ragazzi chiedono è di essere aiutati, sviluppando la loro progettualità».

Cosa è cambiato, allora, rispetto al passato?
Un tempo, forse, era più semplice avere modelli con cui identificarsi, rispetto ai quali i giovani sembravano trovare una bussola per crescere. Oggi quello che i ragazzi ci dicono è che fanno più fatica. Hanno moltissime opportunità e offerte, ma non tutte possono essere colte. Essendone consapevoli faticano di più a capire quali siano davvero le categorie di senso utili a costruire il loro futuro.

Elena Marta

Lei dirige il centro di ricerca Cerisvico della Cattolica, che favorisce l’incontro tra il territorio e l’università. Qual è, dal suo osservatorio privilegiato, il problema più urgente da affrontare nella questione del disagio giovanile?
Non c’è un problema solo, sono tanti. Sicuramente c’è il tema dell’essere riconosciuti per quello che sono, sia nelle loro capacità, sia nelle loro difficoltà. Poi c’è la paura di sbagliare. Ciò attiene anche a una questione degli standard che proponiamo loro: noi adulti sottolineiamo molto l’importanza della performance, a discapito dell’attenzione rivolta ai giovani come persone che devono crescere. Credo che su questo punto i ragazzi stiano patendo molto, perché, anche se magari si rinchiudono in casa, tuttavia capiscono bene che si cresce attraverso la relazione con l’altro e con la possibilità di avere esperienze che li confermino nella loro identità, facendoli sentire efficaci e utili. Purtroppo molto spesso, soprattutto ai ragazzi più fragili, viene continuamente detto: «Ma tanto tu non sei capace, non arriverai mai da nessuna parte…». Evidentemente è possibile che vi siano giovani che abbiano particolari difficoltà, ma non riconoscere capacità che comunque esistono sempre non li aiuta a riconoscersi. Il problema è essere visti.

Lei ha detto spesso: «Aiutiamo di più questi ragazzi e giudichiamoli di meno»…  
Forse è una strada non facile da percorrere, ma si rende necessaria, perché questi giovani si sentono sempre giudicati e mai all’altezza: abbiamo posto loro degli standard elevatissimi di cui non abbiamo spiegato il senso. Quindi il problema non sono gli standard, ma spiegarne la ragione. D’altra parte, ancora più spesso categorizziamo i ragazzi dentro stereotipi, dando per scontato che alcuni di loro, per esempio, siano destinati a essere in un certo modo e non possano mai cambiare. Questo è un giudizio che li cristallizza e impedisce loro di diventare adulti.

Occorre fare rete tra le agenzie educative?
Di fronte a un problema così complesso bisogna farlo assolutamente. Le famiglie hanno bisogno di ritrovare un dialogo autentico, ma non basta. Le scuole hanno bisogno non solo di trasmettere conoscenze, ma anche di tornare a fare formazione esistenziale ed emotiva, ma anche questo non basta. È importante che le istituzioni, le famiglie, la scuola, gli enti del terzo settore tornino a essere una comunità educante, a pensare che serve un villaggio per far crescere un figlio e che la genitorialità, il fare famiglia, non è un fatto solo privato, ma sociale. Non a caso, a me piace molto il concetto di generatività sociale.

Qual è, in sintesi, la parola-chiave: educazione, formazione, sinergia?
Penso che lo siano tutte, ma dobbiamo provare, anzitutto, a instaurare con questi ragazzi delle relazioni di fiducia, offrendo speranza. Non dimentichiamo che siamo in un momento storico in cui un piccolo virus ha scardinato il mondo che conoscevamo; viviamo in un mondo dove pensavamo che non ci sarebbero mai più state guerre e ce ne sono. Questi ragazzi sono spaventati, faticano a progettare il futuro e ad avere speranza: allora, ritengo che sia importante testimoniare loro le passioni che noi abbiamo e così consentirgli di progettare il futuro.

 

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia