Nel mondo 18mila siti di combustibili fossili minacciano la salute di 2 miliardi di persone

Novembre 14, 2025 - 15:00
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Nel mondo 18mila siti di combustibili fossili minacciano la salute di 2 miliardi di persone

«Le infrastrutture legate ai combustibili fossili mettono a rischio la salute e il sostentamento di almeno 2 miliardi di persone in tutto il mondo, circa un quarto della popolazione mondiale». È questa la conclusione di un’indagine condotta Amnesty International e Better Planet Laboratory dedicata ai danni causati dall’industria di petrolio, gas e carbone al clima, alle persone e agli ecosistemi in tutto il mondo. Il rapporto pubblicato da Amnesty International e presentato a margine della Cop30 in corso a Belém, in Brasile, è stato realizzato in collaborazione con l’Università del Colorado, e sottolinea che l’intero ciclo di vita dei combustibili fossili «distrugge ecosistemi insostituibili e compromette i diritti umani», soprattutto per chi vive nei pressi degli impianti. Il rapporto evidenzia i danni sanitari anche accresciuti per le persone più fragili e stima che 520 milioni di bambini abitino a meno di cinque chilometri da installazioni petrolifere o simili. Di questi, 463 milioni vivano entro 1 km dai siti e sono esposti a rischi ambientali e sanitari molto più elevati. 

Il dato di 2 miliardi di persone che vivono entro 5 km dagli impianti è relativo agli oltre 18.000 siti di infrastrutture per combustibili fossili distribuiti in 170 paesi in tutto il mondo. Le popolazioni indigene sono esposte in modo sproporzionato ai rischi sanitari e ambientali, essendo oltre il 16% delle infrastrutture globali per i combustibili fossili situate nei territori indigeni. Almeno il 32% dei siti esistenti per i combustibili fossili mappati si sovrapponeva a uno o più «ecosistemi critici».

Il problema non riguarda il presente, ma anche il futuro. I ricercatori che hanno condotto accertamenti e analisi spiegano infatti che la continua espansione del settore dei combustibili fossili potrebbe mettere a rischio altri 135 milioni di persone nei prossimi anni. In particolare, si registra un aumento delle centrali e delle miniere di carbone in Cina e in India. Il documento pubblicato da Amnesty International riporta anche testimonianze dirette di pescatori in Brasile, difensori delle terre indigene in Canada e comunità costiere in Senegal, tutte colpite dagli effetti dell’industria fossile.

Tra l’altro, Amnesty sottolinea che le cifre reali potrebbero essere ancora più alte, a causa della scarsa documentazione sui progetti legati ai combustibili fossili e delle lacune nei censimenti nazionali. Alla Cop30, l’organizzazione ha chiesto un’azione urgente per fermare l’espansione del settore e proteggere le popolazioni esposte agli effetti della crisi climatica.

Un settore, denuncia Amnesty, che sta procedendo con «inquinamento e saccheggio culturale attraverso la coercizione, l’intimidazione e la delegittimazione dei difensori dei diritti umani relativi alla terra e all’ambiente».

«L’industria dei combustibili fossili, in continua espansione, sta mettendo in pericolo miliardi di vite e alterando in modo irreversibile il sistema climatico. Fino ad ora non esisteva una stima globale del numero di persone che vivono in prossimità delle infrastrutture legate ai combustibili fossili. Il nostro lavoro insieme a Bpl rivela la portata dei rischi enormi che i combustibili fossili comportano durante tutto il loro ciclo di vita. I progetti relativi al carbone, al petrolio e al gas stanno causando il caos climatico, danneggiando le persone e la natura», ha affermato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. «Questo rapporto fornisce un'ulteriore prova della necessità imperativa per gli Stati e le aziende di ‘defossilizzare’ l'economia globale per mitigare gli effetti peggiori della crisi climatica sui diritti umani. L’era dei combustibili fossili deve finire ora».

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia