Per la sinistra un futuro di lotte fratricide: tutto cominciò con Atreju, come finirà fra Schlein e Conte?
Dopo la sbornia delle regionali, la sinistra torna a ragionare.
Pensa al presente, non più a un futuro lontano, al sorpasso e alla vittoria nelle politiche del 2027.
Elly Schlein continua a predicare che quel giorno non è dietro l’angolo , che il campo largo, se sarà unito come in Campania e in Puglia, darà del filo da torcere al governo guidato da Giorgia Meloni.
Dovunque vada, in questi giorni, la segretaria sostiene che la svolta è vicina. Lo ha fatto anche ieri a Montepulciano, dove si è data appuntamento una buona parte dell’opposizione. Ma forse la prima ad avere dei dubbi sul “successo di là da venire” è proprio lei.
Una sinistra fra partiti e correnti

Elly si rende conto delle mille correnti che dividono il Pd, non sa più distinguere gli amici dai nemici, perché anche chi la coccola e la difende, spesso fa il doppio gioco. Che esista un manipolo di moderati che non vede l’ora di farla fuori non è una novità. Prima si nascondevano, oggi escono allo scoperto.
Lo stesso Romano Prodi è convinto che, se si continuerà a seguire questa strada, le possibilità di vittoria si riducono al minimo, anzi sono inesistenti. “Non c’è un progetto”, sostiene il padrino dell’Ulivo ed è scontato che andando avanti di questo passo, Palazzo Chigi lo si deve dimenticare.
È innanzitutto il problema della leadership che angustia i fedelissimi della Schlein. Lei è la segretaria del partito e dovrebbe essere lei a contrastare il passo alla premier. Ma è proprio su questo punto che si innestano le polemiche, perché non sono pochi coloro che vorrebbero un cambio della guardia al vertice. “Con questa svolta a sinistra che Elly continua a predicare non riusciremo mai a battere gli avversari della destra”, ripete l’ala più moderata dei dem.
Se è vero che si vince solo recuperando i voti di quei “centristi” che preferiscono rimanere a casa il giorno delle elezioni, non è questa la strada da seguire. Già, ma come convincere l’enorme pattuglia di assenteisti che rappresentano il cinquanta per cento degli aventi diritto al voto?
Il centro siamo noi
“Inutile correre e disperarsi”, dice Mara Carfagna, “il centro siamo noi. È evidente a tutti tranne che alla Schlein” (la quale sotto, sotto sa perfettamente che a sinistra esiste un’ala moderata che è pronta a varcare il Rubicone).
Il problema prioritario.. è proprio questo: il recupero di quella gente stanca di assistere a duelli e divisioni. I problemi del Paese? Possono attendere. Così, centinaia di migliaia di persone continuano a non esprimere le proprie preferenze perché non credono più a nessuno. Come convincerli?
Ferruccio De Bortoli, per anni direttore del Corriere della Sera, intervistato dal Fatto, esprime il suo parere: “Se pensassimo di multare chi trasgredisce un principio fondamentale della democrazia?”.
Per anni ho vissuto l’aria di via Solferino pur svolgendo il mio lavoro di inviato da Roma. De Bortoli lo conosco bene, è un uomo saggio, un giornalista che è rimasto sempre fuori dalle lottizzazioni o, se volere, dal manuale Cencelli che dava ad ogni collega una patente ideologica. Se si seguisse il suo principio dove finirebbe la libertà di opinione o più semplicemente il diritto di esprimersi o di evitare le urne il giorno della consultazione?
Nonostante l’ottimismo sfrenato del dopo regionali, ora torna a far capolino nella sinistra il timore di rimanere all’opposizione. Una paura che la sinistra non nasconde perché sa che il campo largo di tanto in tanto (“Spesso”, gli fa eco la maggioranza) si frantuma e non ha più la compattezza che la Schlein sogna. Vediamo che cosa è successo negli ultimi giorni. I Fratelli d’Italia invitano la segretaria del Pd alla loro festa, la Atreju. La segretaria legge, ragiona, cerca di capire dove vogliono andare a parare i suoi avversari, poi risponde: “Ok, vengo ma a condizione che io possa confrontarmi con la premier”. Ottima idea, secondo i suoi fans, i quali però, non hanno capito che dietro l’angolo c’è sempre un signore – Giuseppe Conte – che spera un giorno (presto) di essere lui il vero interlocutore della sinistra e che quindi anche lui deve partecipare all’incontro scontro.
Giorgia ,che di politica ne mangia da una vita, prende al volo il suggerimento e lo rimanda alla Schlein. “Non sono io a dover decidere chi è il leader dell’opposizione” Allora ben venga il presidente dei pentastellati. “Non ho paura di confrontarmi con entrambi”.
In Via del Nazareno, la sede romana del Pd, non sanno più che pesci prendere. Il gol si trasforma in autogol, Elly non andrà alla kermesse dei Fratelli d’Italia e deve ingoiare un rospo piuttosto indigesto. Ora sa con certezza che il vero antagonista è il capitano dei 5Stelle, non la prima inquilina di Palazzo Chigi.
Che fare? L’imbarazzo è tanto: se alle politiche del 2027 vincerà ancora la destra, addio Quirinale. La maggioranza dei parlamentari voteranno per un uomo o una donna che non ha un gran feeling con l’attuale minoranza.
Meglio lasciar correre per il momento. Diamo spazio al campionato di calcio ed alle squadre italiane piene zeppe di stranieri: sette, otto, addirittura nove. Si può sperare in futuro di avere una nazionale competitiva?
Giochiamo come ogni lunedì a mettere sotto accusa un arbitro. Il fischietto, un giorno non lontano, potrebbe avere il diritto di sospendere per qualche minuto un giocatore che fa finta di essersi fatto male. D’accordo: a patto che gli aspiranti a dirigere una partita dovranno avere la laurea in medicina.
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