Pluralismo religioso, Milano laboratorio di buone pratiche
Il tavolo dei relatori«Il Pluralismo religioso nelle città italiane». È questo il titolo dell’intera giornata di studi e di confronto, promossa dal Comune di Milano, dal Dipartimento di Scienze Giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione Ambrosianeum, nell’ambito del progetto europeo Re.To. (Religions&Tollerance), di cui fanno parte, oltre a Milano, anche città, enti e istituzioni spagnole, portoghesi e nederlandesi.
Un’assise articolata in due momenti che si svolgono in distinti punti di convegno, Palazzo Reale e l’ Ambrosianeum. In mattinata, presso la Sala delle Otto Colonne, appunto, di Palazzo Reale dove l’introduzione dei Lavori è affidata alla vicesindaco di Milano, con delega ai Rapporti con le comunità religiose, Anna Scavuzzo e a Daniela Milani, direttrice del dipartimento “Cesare Beccaria”. Poi, l’alternarsi di molti interventi, moderati da Roberto Cornelli della “Statale” e una Tavola Rotonda dedicata a «Le esperienze nelle città: Brescia, Milano e Torino», con Michela Favaro, vicesindaca del Comune di Torino, Marco Fenaroli, assessore del Comune di Brescia, Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino, Walter Nuzzo, vicepresidente comitato Interfedi, monsignor Luca Bressan della Consulta interreligiosa Regione Lombardia e vicario episcopale e ancora Anna Scavuzzo che ha richiamato il ruolo di Re.To.
Milano: i progetti concreti
«Condividendo e confrontando le esperienze di integrazione e dialogo, ma anche le sfide dei territori, l’obiettivo del progetto Re.To è quello di rafforzare le capacità delle città e delle sue comunità a gestire la diversità religiosa in modo inclusivo e pluralistico, creando una rete di comuni europei per condividerne le buone pratiche», spiega Scavuzzo.
Particolarmente interessante, per la riflessione su Milano, l’intervento di Mattia Abdu, presidente del Municipio 1 che ha delineato la concretezza dei progetti messi in campo. «Anche se si fa fatica, il tema della coesione sociale rimane fondamentale. Non si tratta solo di problemi di sicurezza, ma anche della valorizzazione delle comunità come contributo alla vita politica della città; si tratta di un approccio multidimensionale tra istituzioni pubbliche, con politiche inclusive, comunità religiose che sono al centro di questi nostri confronti, comunità, associazioni non governative, cittadini singoli, associazioni di volontariato. Senza dimenticare quel luogo fondamentale che è la scuola».
Il pensiero va, naturalmente, anche alle iniziative del Servizio Ecumenismo e Dialogo della Diocesi, alle attività del Centro culturale islamico, della Comunità ebraica e agli eventi organizzati da giovani di diverse religioni per iniziative, per cui il Comune concede loro gli spazi, per arrivare al Forum delle Religioni e alla posa delle pietre di inciampo, «coinvolgendo persino ragazzi di IV-V elementare».
«Questo è l’antidoto migliore per un dibattito che rischia di appiattirsi sulle tifoserie, mentre occorre la complessità per trattare temi complessi che la situazione di oggi ci impone», conclude Abdu.
La Tavola Rotonda
«Fare sinergia tra le città può aiutare tutti», osserva, in apertura della Tavola Rotonda, Michela Favaro. «Pensiamo che il dialogo interreligioso possa permettere di superare i conflitti e crediamo molto nel Comitato Interfedi che raggruppa tutte le religioni presenti a Torino che sono molte».
Al “Tavolo della speranza”, istituito nel capoluogo piemontese «su spinta delle comunità ebraica e islamica per riflettere insieme a partire dalla guerra in atto» fa riferimento, da parte sua, Walter Nuzzo, vicepresidente appunto del Comitato, che aggiunge. «Le religioni si devono riappropriare della loro guida etica e morale, perché i patrimoni delle nostre fedi si basano su altissimi valori che condividiamo tutti: smettiamo di usare le religioni per i conflitti. Le religioni risolvono i conflitti dialogando tra loro».
Per Marco Fenaroli di Brescia – 200.000 residenti di cui 55.000 di origine straniera – «occorre mettere in evidenza la maturità di certi processi, ad esempio, relativamente alla costruzione della moschea. Di fronte alla continua ostilità che ci viene riproposta, con antitesi radicali, l’unico modo che abbiamo per contrastare e tenere aperte le relazioni, è essere presenti sul territorio come accade da anni festeggiando tutti insieme la conclusione del Ramadan. Questo credo che sia un modo molto pragmatico per costruire relazioni. Fondamentale è anche il rapporto positivo con le questure. Stare dentro i processi, rispettando i principi costituzionali, e avere le idee chiare è la chiave».
Così è anche secondo Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino che cita il cammino di dialogo compiuto, a Milano, dal cardinale Carlo Maria Martini e da rav Giuseppe Laras, «figure di spicco, due grandi torinesi».
«Un dialogo che, a Torino, ha avuto uno sviluppo molto significativo, così come quello tra ebrei e valdesi che hanno una storia comune nel corso dei secoli. Il 17 febbraio, è la data dell’emancipazione dei valdesi concessa nel 1848 da re Carlo Alberto, ma è anche un giorno in cui ci si interroga sullo stato di salute della libertà religiosa e dei diritti umani. Non a caso si sta discutendo per inserire il 17 febbraio nel calendario civile della Regione Piemonte».
Il Sinodo Chiesa dalle Genti
Monsignor Luca Bressan sottolinea il «cambiamento in cui viviamo, ma che fatica a essere rappresentato e per il quale, nel 2018, la Chiesa ambrosiana ha convocato il Sinodo minore “Chiesa dalle Genti”. Un laboratorio culturale da cui nasce la necessità di una Consulta che si riunisce la prima volta nel 2023, perché la prima difficoltà è stata quella delle stesse comunità religiose a istituirsi come soggetto, nominando dei rappresentanti. “La Chiesa cresce con la città che cresce”, diceva il cardinale Montini, e quindi bisogna aiutare la città a comprendere le ragioni profonde che fanno crescere», prosegue il Vicario episcopale.
Insomma, sono necessarie domande di senso. «Siamo una città che ha nel gonfalone l’immagine di un vescovo – Ambrogio – che ha costruito i milanesi, con uno stile ambrosiano che ci qualifica ancora dopo 16 secoli. Dobbiamo imparare la fraternità che ci insegna anche la nostra storia», guardando ovviamente avanti. Magari «ragionando sulla presenza di uno spazio interreligioso in Mind o riflettendo intorno al Documento sugli oratori e il pluralismo religioso che sta facendo discutere molto perché non siamo ancora pronti», scandisce, infine, Bressan.
A conclusione, è la vicesindaco a sottolineare «la soddisfazione per la pluralità di voci rappresentate: un elemento che abbiamo fortemente voluto, proseguendo nella tensione continua di un dialogo tra noi e gli altri. Vorrei che vi fosse una continuità ideale e concreta con il pomeriggio (i Lavori proseguono fino a sera presso la Fondazione Ambrosianeum) in un cammino che continua.
«Si tratta di interpretare il ruolo delle Amministrazioni in modo laico, ma non laicista, affrontando le complessità nel rispetto delle diverse sensibilità religiose. Compito delle Amministrazioni è creare un contesto di approfondimento, offrendo la possibilità di dare all’umano una sensibilità che non sia solo una convivialità delle differenze. Una dimensione internazionale caratterizza Milano – basti pensare alle Olimpiadi alle porte -, ma proprio per questo la nostra deve essere una riflessione sulla centralità dell’uomo planetario, cosi come sul percorso verso la pace e sulle questioni legate all’ambiente. Temi che abbracciano tutti, comunità piccole grandi, in una sorta di “sorellanza” tra città. Credo che se queste sono le cifre del nostro impegno, sarà più facile anche confrontarsi con la politica. Una politica che non sia in dissonanza con ciò che accade in città e “altro” rispetto alle comunità che la animano».
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