Storia delle campagne beauty di una volta, tra fascino e nostalgia
C’è qualcosa nelle campagne beauty del passato che continua a esercitare fascino. Un’attrazione che potremmo quasi considerare magnetica. Sarà per la nostalgia, o forse per gli scatti dall’estetica vintage, o forse per le incredibili testimonial. Ma le campagne di bellezza di una volta non erano solo prodotto: erano un universo narrativo che sapeva arrivare al cuore delle persone. Alcune hanno sicuramente lasciato il segno, anche per il grande contributo culturale che hanno saputo raccontare: sapevano raccontare la società più di quanto la stessa fosse pronta ad ammettere.
Guardarle oggi significa tornare indietro nel tempo, in un archivio emotivo, culturale e visivo. Significa attraversare rivoluzioni silenziose, desideri collettivi e nuove forme di un femminile mai perduto.
Pronti a ripercorrerle insieme?
Le campagne di bellezza che hanno segnato un’epoca, dagli Anni 50
Intorno al 1950, la pubblicità legata alla bellezza diventa una forma di espressione culturale. Non propone solo prodotti, ma un ideale ben preciso. Le immagini sono evocative, dichiarazioni estetiche che hanno un peso politico, sociale e simbolico – anche e soprattutto per quanto riguarda le donne.

Foto Getty Images
In questo scenario, come dimenticare la la campagna Fire & Ice di Revlon? La domanda provocatoria “Are you made for Fire & Ice?” suggeriva che una donna potesse essere contraddittoria, complessa, passionale e libera. Dorian Leigh, la modella scelta per la campagna, anticipava un linguaggio cinematografico che vedremo poi affermarsi con l’inizio del nuovo secolo.
In questi anni, impossibile non citare le campagne pubblicitarie di Guerlain. Il brand, già allora, trattava il profumo come un oggetto culturale: le sue campagne per Shalimar davano vita a un immaginario sensuale, misterioso, quasi teatrale. Le immagini erano caratterizzate da colori caldi – soprattutto l’oro – e atmosfere orientali. Anche in questo caso, non solo estetica, ma narrazione. Che contribuiva a costruire la figura della donna come creatura indipendente, magnetica.

Foto Getty Images
Gli Anni 90, l’ascesa dei fotografi-star e delle top model
Ma è con l’arrivo degli Anni 90 che il beauty vive la sua stagione pubblicitaria più spettacolare di sempre (in qualche modo, questo decennio ci regala sempre grandi sorprese…). E questo grazie all’ascesa dei fotografi-star e alle top model che diventano icone globali e icone beauty, oltre che ai brand che iniziano a dialogare con il linguaggio artistico e cinematografico.

Isabella Rossellini per Lancôme Trésor, 1990 – Foto Getty Images
Un caso unico e potentissimo è quello di David Lynch, che porta nel beauty la sua firma da regista: atmosfere sospese, mistero, malinconia ed eleganza. Per la campagna di Lancôme Trésor del 1990, viene scelta una giovane Isabella Rossellini come testimonial. E come dimenticare lo spot per Opium di Yves Saint Laurent nel 1992, o per la fragranza Gucci by Gucci nel 2008?

Isabella Rossellini sul set per la campagna Lancôme Trésor a Parigi, 1990 – Foto Getty Images
Queste campagne non erano semplici veicoli pubblicitari, ma dichiarazioni artistiche che sono state in grado di elevare la bellezza a un livello superiore. Lynch è stato in grado di dare una nuova definizione alla bellezza: imperfetta, sfaccettata, mai banale.
Sempre nei Novanta, Calvin Klein ha dato vita a un manifesto estetico e generazionale proprio grazie alle sue campagne. Fotografi come Bruce Weber e Steven Meisel erano chiamati sul campo per raccontare una bellezza fluida, unisex. Il risultato? Il profumo CK One ha saputo mettere in discussione le categorie di genere, rendendo la profumeria stessa un desiderio comune. Condivisibile e soprattutto non definito da stereotipi.
Gli anni Duemila, le campagne beauty e il cinema
L’inizio del nuovo secolo porta cambiamenti non indifferenti nel mondo della pubblicità. Le campagne di bellezza diventano racconti più ampi – quasi dei cortometraggi – e vengono affidati a registi e creativi che riescono a produrre narrazioni complesse. È in questo momento, poi, che la testimonial diventa un personaggio legato al dna del brand.
Un esempio? La campagna di Chanel N°5 del 2004 con Nicole Kidman, diretta da Baz Luhrmann. Il regista porta il suo universo sensuale, barocco e teatrale nell’identità elegante di Chanel: Kidman, in questa campagna indimenticabile, interpreta una star prigioniera della fama che vive un amore impossibile. Una storia che parla di amore, di desiderio, di identità.
Un’altra campagna epocale, che ha consacrato l’estetica dei primi anni Duemila, è quella per J’Adore Dior con Charlize Theron, prima iconica testimonial del profumo. Diretta da Jean-Baptiste Mondino, l’immagine dell’attrice che cammina tra tessuti dorati, perle e metalli liquidi è diventata un riferimento immediato nell’immaginario luxury. E non sorprende sapere perché. Il regista è stato abile a costruire un universo sovversivo dove la donna Dior non è eterea né distante.

Charlize Theron per Dior, 2004 – Foto IMDb
Perché le campagne beauty del passato ci emozionano ancora?
Ricordare le campagne beauty del passato significa, indubbiamente, entrare in contatto con un pezzo di storia della pubblicità e della bellezza. Ma non solo: anche nell’immaginario culturale e visivo di un tempo. Ogni decennio porta con sé delle caratteristiche precise, che col tempo si sono evolute diventando linguaggio comune. E il loro fascino persiste perché, da sempre, hanno saputo raccontare molto di più del singolo prodotto: hanno costruito una narrazione sui nostri desideri più profondi – che forse sono gli stessi anche oggi?
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