Nonni, genitori e Chiesa alleati per educare i giovani



«Abbiamo una promessa da offrire alle generazioni giovanili? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre. Abbiamo un modo di vivere promettente e qualcosa da dire? Se la promessa è banale, riesce solo a sedurre e porta i ragazzi a credere unicamente di avere e di potere, se invece è alta porta a credere di poter andare verso una terra promessa attraversando il deserto, perché si è convinti che questa terra promessa esista».
L’incontro on line
Sono queste la domanda e la risposta cruciali che l’Arcivescovo pone ai responsabili e ai partecipanti alla Pastorale dei nonni, che dialogano con lui in un incontro on line di preghiera e riflessione sul tema «Accanto alle nuove generazioni nella ricerca di senso».
Un’ “avventura” quella dei nonni, come viene definita da Marco Astuti, già docente universitario e “anima” di questa pastorale, inserita nel più complessivo Servizio per la Famiglia, iniziata nella primavera di 4 anni fa con una commissione formata anche da rappresentanti del Movimento Terza Età, dell’Associazione Nonni 2.0, di Adulti+, membri di Azione Cattolica, del Movimento dei Focolari e dell’Equipe Notre Dame. Da lì la decisione di proporre un sondaggio nel quale vennero ascoltati oltre 500 tra nonni e figli diventati genitori, dando origine a un rilevante rapporto orientativo.
Poi convegni, cicli di serate, gruppi informali, il pellegrinaggio a Mesero, dove si trova il Santuario diocesano della Famiglia intitolato a santa Gianna Beretta Molla, fino all’affollato incontro dell’anno scorso svoltosi nella chiesa di San Gregorio con la presenza del vescovo Mario sul tema, “I nonni nella Chiesa e nella società”. E anche quest’anno gli eventi sono stati molti, tra cui le conferenze di monsignor Vincenzo Paglia sul rapporto tra vita e morte e di monsignor Massimo Camisasca sulle sollecitazioni che vengono dall’anno giubilare. È tutto sempre accompagnati dalla guida di papa Francesco e delle sue catechesi sui nonni, senza dimenticare il suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni del gennaio 2022, di cui vengono letti alcuni stralci.
«Tutti siamo nonni e abbiamo in comune la questione della trasmissione della fede», si dice all’inizio del confronto a più voci, introdotto da Maria Zambon, con il marito Paolo e don Massimiliano Sabbadini, alla guida della Pastorale familiare diocesana che ha sempre testimoniato verso i nonni una particolare attenzione e sensibilità, volendo una sezione a loro specificamente dedicata.
Le domande dei giovani
Da alcune domande dei giovani – «Oggi ognuno la pensa come vuole, perché fare fatica con testi impegnativi, quando c’è l’intelligenza artificiale?; filosofi e pensatori non sono arrivati a una certezza, perché dovremmo farlo noi?; noi non parliamo del senso delle cose, ma se qualche adulto di addentra in questi temi, noi lo ascoltiamo – si avvia la riflessione di Mariolina Migliarese, neuropsichiatra e psicoterapeuta che accompagna da tempo i nonni nella loro riflessione, specie per quanto attiene al rapporto tra le generazioni.
«Oggi i ragazzi sono figli di un paradigma culturale completamente diverso e che non fa più riferimento spontaneo all’antropologia cristiana. Fanno scalpore due tipologie “estreme” che esprimono il disagio: i ragazzi che “esplodono” e quelli che “implodono”, ma la sfida della crescita rimane sempre la stessa: il compito evolutivo con la ricerca dell’identità personale e sociale; il bisogno che l’adolescente ha dell’adulto per affrontare la crescita in modo positivo e la necessità di dare direzione e senso alla propria vita».
Quello che muta, continua Migliarese, «sono semmai i modelli di riferimento e l’idea di ciò che è desiderabile». Di fronte all’incertezza dell’età, con i problemi identitari che questo porta sempre con sé e che, talvolta, si esplicita con il perseguimento di modelli che etichettano, che fare, allora? «Accompagnare, garantendo un perimetro di ascolto e di dialogo ampi, ma sicuri e i nonni sono in questo una risorsa, perché con loro essere ancora piccoli non è pericoloso per la crescita e l’autonomia percepita dai giovani».
L’intervento dell’Arcivescovo
Anche all’Arcivescovo vengono, così, poste 3 domande a partire da «come e dove le nuove generazioni possono appassionarsi nella ricerca di un autentico senso della vita».
«Questo interrogativo mi pare un poco accademico», dice subito il vescovo Mario. «Prima si ama, c’è una promessa che convince a intraprendere il percorso dell’esodo e, poi, ci si domanda il senso della vita. Naturalmente queste promesse sono molte, alcune immediate banali possono sedurre a essere consumatori, solo gente a cui si può vendere qualcosa, più che a essere protagonisti».
Un’ulteriore osservazione è che gli adulti sono chiamati a offrire motivi perché l’imperfetto sia amabile. «I ragazzi si sentono necessariamente imperfetti, ma l’incrollabile fiducia, la riposta al fatto che, pur nella propria imperfezione il giovane sia amabile, offre buone ragioni per camminare verso la felicità, potendo diventare un uomo e una donna contenti di essere amati e di generare alla vita. Questo vuole dire avere fiducia nella vita. Il modo con cui noi adulti e anziani possiamo interagire è più la conversazione che la precettistica o la condiscendenza: quel parlare che dice come abbiamo fatto a trovare lavoro, a entrare in seminario, a incontrare l’amore della vita».
Si prosegue con l’interrogativo su come «affiancare i nipoti nel percorso di crescita».
Da qui 5 parole indicate dall’Arcivescovo. «I nonni possono pregare sapendo che la preghiera non è la delega al Signore, ma è piuttosto un percorso di conformazione, imparando a parlare con il linguaggio di Dio. Secondo: sorridere perché la sintesi deve essere che c’è del buono della vita che avete vissuto, pur con i dolori che hanno tutti; terzo, raccontare, che vuol dire che quel sorriso che fa sintesi può diventare la narrazione di una storia vissuta».
Inoltre, «ascoltare che non è soltanto sentire, ma è l’atteggiamento di chi si aspetta qualcosa di buono da ciò che ci dicono questi ragazzi. Facciamo capire che abbiamo stima e vogliamo ascoltarli, perché in loro c’è del bene. Quinto, far da mangiare bene, avere sempre una torta o un biscotto pronti perché ci sono certi sapori che si ricordano per tutta la vita».
L’alleanza intergenerazionale e la Chiesa
Infine, la domanda delle domande: «Come tentare una riflessione e una pratica che creino alleanza tra genitori, nonni e Chiesa?».
«Direi che tutti abbiamo bisogno di tutti: i nonni perché, magari, si sentono soli; i genitori di oggi che lavorano troppo, che fanno una vita stressante, sentendo il peso anche dei loro genitori, hanno bisogno di riposare e di sentirsi apprezzati; la Chiesa ha bisogno perché altrimenti o diventa solo un luogo di distribuzione di distribuzione di servizi», spiega monsignor Delpini.
«L’alleanza nasce da tale riconoscimento e da quello che ognuno può dare. La Chiesa ospita la relazione intergenerazionale ed è il luogo in cui naturalmente sono presenti tutte le fasce d’età, essendo, quindi, ospitale non perché vende qualcosa come un supermercato, ma perché dà qualcosa», aggiunge, facendo riferimento alla fortunata metafora della Chiesa che, altrimenti, si trasforma in una «area di servizio».
«Le Messa dovrebbe essere vissuta, come le feste in parrocchia, con i compagni, i nonni, i genitori e andrebbero organizzate perché si riconosca la relazione intergenerazionale. In questo la Chiesa come luogo intergenerazionale deve essere aiutata. Tutti reciprocamente abbiano bisogno e, riconoscendolo, condividiamo la gioia di essere insieme».
A conclusione del dialogo arriva anche, prima della benedizione, qualche domanda interessante sulle forme dall’associazionismo e, in specie sugli oratori, come spazi utili a superare il gap generazionale. «Dovremmo far sì che la comunità cristiana sia un’oasi e non un impegno continuo, un incombere di scadenze. Un luogo dove fare festa e cantare insieme. Magari serve darsi una pausa per valorizzare la festa, ma anche il silenzio».
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