The Last of Us Stagione 2 Episodio 3 “The Path” Recensione

Aprile 29, 2025 - 18:00
 0
The Last of Us Stagione 2 Episodio 3 “The Path” Recensione

The Last of Us Stagione 2 Episodio 3 “The Path” RecensioneDopo il titanico trauma dello scorso episodio, è ora per noi, Jackson, Ellie e la serie di prendere un respiro, rallentare i ritmi e lasciarsi andare al lutto. Non solo quello di Joel, che è chiaramente personale per noi e per i protagonisti della serie, ma quello di chi, nella battaglia di Jackson Hole dello scorso episodio, è morto combattendo, lontano dalla tortura golfistica di Abby, contro il disastro naturale chiamato "infetti". “The Path” è un respiro, sicuramente, un'inspirazione forzata e che ci fa male alle costole, ma necessaria prima del salto nel resto della stagione - e, non ne dubito, la prossima - in quella che sarà una maratona di dolore e una spirale di violenza incolmabile. L'inizio di “The Path” è pace nella distruzione: i cadaveri degli infetti si stanno spegnendo delle ultime fiamme, carboni ardenti di una battaglia che, poche ore prima, ha fatto molti morti in Jackson... e uno fuori.

The Last of Us Stagione 2 Episodio 3 “The Path” Recensione

È un'inizio sobrio, lento. C'è una predominante rossa che parla del fuoco vero appena sopito, e di quello che è pronto a bruciare; parla del sangue versato e di quello che ancora si verserà; parla della violenza che ora Jackson si lascia alle spalle, ma qualcuno seminerà di fronte e dietro a sé a qualche città di distanza. Nella seconda inquadratura non c'è un volto noto, ma quello di un abitante di Jackson che non conosciamo. È un messaggio chiaro, per noi che guardiamo, un messaggio che non sono convinto nel gioco fosse passato con la stessa potenza: noi abbiamo perso Joel, ma non eravamo gli unici ad amarlo, e anche Jackson stessa ha perso Joel. [caption id="attachment_1094101" align="aligncenter" width="1200"]Con Tommy percorriamo solo due step del lutto, ma sono step significativi Con Tommy percorriamo solo due step del lutto, ma sono step significativi[/caption] La musica è bassissima, quasi impercettibile, e ancora non c'è stato un dialogo: Tommy (Gabriel Luna) arriva, prende la spugna dalla persona di poco prima, e continua a pulire il cadavere di suo fratello. Ripensandoci è in lui che vediamo il primo step del lutto: la negazione. Tommy non sembra capacitarsi che Joel (Pedro Pascal) se ne sia andato, così, mentre lui quasi dava la vita per proteggere Jackson, la città che Joel ha aiutato così tanto negli ultimi 5 anni. Nel pulirlo, lo sguardo di Tommy cade inevitabilmente sull'orologio, l'oggetto che così tanto aveva guidato il nostro sguardo nella prima stagione, il memento di una vita pre-infezione con una Sarah ancora viva e un Joel capace di amare. Qui Tommy trova il conforto: ora Joel è con Sarah. Ora sono insieme, finalmente, dopo quasi 30 anni. Riuniti, nel dolore di chi rimane, nella speranza di chi spera in un aldilà.

La veglia

È il movimento di camera successivo quello più simbolico di questi primi momenti di "The Path": la telecamera indietreggia, e mostra le tante, tantissime altre vittime dell'assalto a Jackson. Luna, nel dietro le quinte, l'ha definito "One man wake", "La veglia da un uomo solo", ed è proprio questo che traspare, senza una singola linea di dialogo. Tommy sente di aver fallito: fallito a proteggere Jackson e fallito a proteggere suo fratello. Sono sensazioni che gli sono state estranee per almeno 5 anni, e ora tornano con la calma di un Runner affamato. C'è un ultima cosa da vedere prima della sigla e del salto temporale: se con Tommy siamo nella pace acustica - ma non emotiva - di un obitorio, Ellie (Bella Ramsey, qui completamente sublimata oltre il personaggio videoludico) è in un letto d'ospedale nel caos post-assalto, un ospedale all'opera per salvare il salvabile, per non dover pulire il cadavere di altre persone. [caption id="attachment_1094103" align="aligncenter" width="1200"]Non è solo Ellie ad aver perso qualcuno Non è solo Ellie ad aver perso qualcuno[/caption] Se per Tommy la morte di Joel è emotivamente vicina ma è avvenuta fisicamente distante da lui, Ellie non ha questo lusso: ha un tubo che le drena il sangue dai polmoni (il calcio di Manny ha fatto danni pesanti), riprende coscienza ed è di nuovo in quella stanza. Ellie non ha mai lasciato quella stanza, e forse ci vorrà un po' prima che la lasci: l'urlo straziante di Ramsey è da pelle d'oca, e chi ancora si lamenta delle loro limitate capacità attoriali può perseguire la carriera di attore e tentare anche solo di eguagliare l'abilità di Ramsey in questo episodio. Se Joel ha finalmente trovato pace, per Ellie inizia la pena, una pena anche autoinflitta che cambierà per sempre i destini di gran parte dei personaggi che conosciamo. L'unica scena con Joel di questo episodio è il frame della morte nell'episodio prima. Nient'altro. Sigla. E sì, quello è un fungo solo, non più due. Bastardi, sti ninja tagliacipolle.

Guarire

Nuovo salto temporale: 3 mesi. 3 mesi perché Ellie possa guarire - fisicamente, sicuro non mentalmente - dagli eventi del secondo episodio. C'è un'ultima persona da vedere prima di essere dimessa, però: Gail. Serve il beneplacet della psicologa, per essere sicuri che Ellie sia guarita. È un dialogo profondamente interessante, quello fra Gail ed Ellie, uno scambio che mostra come la prima sia almeno superficialmente preoccupata per la salute mentale della seconda, ma anche e soprattutto quanto quest'ultima sia capace di dire le cose che Gail ha bisogno di sentirsi dire. Ellie, come Joel, ha un solo linguaggio che conosce: l'azione, l'agire, il fare. Non ha tempo per preoccuparsi della propria salute mentale e, in tutta onestà, a 19 anni chi crede di aver bisogno di terapia? [caption id="attachment_1094104" align="aligncenter" width="1200"]A 19 anni chi crede di aver bisogno di terapia A 19 anni chi crede di aver bisogno di terapia[/caption] La camminata lungo il corridoio dell'ospedale è un'ottima e materiale dimostrazione della discesa che Ellie sta per compiere. L'ha messa Joel, su quel percorso, o forse è sempre stata destinata a quella strada. Ha una vita che una volta credeva significativa (non voleva che tutti i suoi sacrifici nella prima stagione fossero stati vani, in fondo), e ora ha finalmente una nuova missione, un nuovo scopo. Il suo modo di esistere è agire, e ora ha un'azione: vendicare.

Il profumo di chi c'era

"The Path" ci concede finalmente di essere da soli, con Ellie. Il peso di Joel è con noi e lei, però, e lo si nota dall'inquadratura di Ellie fuori da casa di Joel: la casa è enorme, occupa tre quarti dell'inquadratura, e lei è di lato, piccolina. Tanti fiori, ormai secchi, di fronte alla staccionata: Joel era amato dalla comunità, e non l'ha perso solo Ellie, ma il dolore di Ellie è, per qualche motivo, più "importante, più "virtuoso". Come nel gioco, "The Path" ci fa esplorare la casa con Ellie, che - forse - non ci passava del tempo da parecchio. Ellie qui non è triste, è più... attutita, ovattata, straniata. È una casa posseduta dal vuoto che Joel ha lasciato, da metà di quella "comunità a due" che ora è irrimediabilmente monca. Intorno ad Ellie Joel non aveva molto, con sé, quando è stato ucciso: orologio e pistola sono riposti in quella scatola sopra il letto, e di nuovo voglio sottolineare ciò che succede e come succede. L'orologio è un oggetto con un enorme e pesantissimo simbolismo, nella prima stagione: è il legame di Joel con Sarah, e il nostro legame al suo dolore degli ultimi 20 anni. Ellie fa un solo commento nella prima stagione, ma l'orologio rotto rimane un inside trauma fra Joel e noi; ora Joel non c'è più e noi non abbiamo agency sulle vicende, quindi per Ellie quell'orologio non vale nulla. [caption id="attachment_1094105" align="aligncenter" width="1200"]Per Ellie c'è solo l'azione e la vendetta, davanti a lei Per Ellie c'è solo l'azione e la vendetta, davanti a lei[/caption] Ellie sposta l'orologio e prende la pistola, per poi voltarsi e vedere lo sgabuzzino di Joel. Arriva quella scena, ed è di nuovo #dateunemmyabellaramsey: l'olfatto in fondo è il senso che è più legato ai ricordi, e il momento in cui Ellie annusa la giacca di Joel e quasi ci si sprofonda la faccia è il momento in cui anche noi possiamo piangere, possiamo lasciarci andare al dolore per la morte così tragica e brutale di un personaggio che amiamo e l'"addio alle scene" di un attore che è sempre una delizia vedere a schermo. In questa scena la telecamera di Peter Hoar è vicinissima al volto di Ellie, un'intimità registica che non può non straziarti il cuore con la stessa violenza di quanto sta soffrendo quello di Ellie che, finalmente, si lascia andare a lacrime di tristezza. Appena sente Dina arrivare s'impanica e si asciuga le lacrime, perché nessuno, nemmeno Dina, ha accesso alla "comunità a due" più importante.

Bugie

Quando Dina confessa di aver mentito a Ellie, di aver sempre saputo, dall'evento di 3 mesi prima, i nomi degli assalitori e dove sarebbero tornati, la telecamera si sgancia da piedistalli e dolly e, solo nelle inquadrature strette, torna l'handycam action del viaggio on the road di Joel ed Ellie. La missione ora ha un tassello in più: abbiamo dei nomi, abbiamo una fazione (i WLF, o Wolves) e abbiamo una città, Seattle. Tommy non è quello del videogioco, qui, e Jackson - o meglio la responsabilità di Tommy verso di essa - è molto più massiva che nell'opera di Naughty Dog. Capisce la rabbia e la voglia di virtuosa giustizia di Ellie, ma quasi la rimette al suo posto nel suo "And don't talk to me like I didn't know him. He was my brother". [caption id="attachment_1094106" align="aligncenter" width="1300"]And don't talk to me like I didn't know him. He was my brother And don't talk to me like I didn't know him. He was my brother[/caption] In fondo, penso che Tommy ed Ellie abbiano conosciuto due versioni molto diverse di Joel, o meglio, due Joel in direzioni empaticamente opposte. Tommy conosceva il Joel prima della morte di Sarah, e poi ha dovuto conoscere quello senza pietà né remore morali; Ellie ha conosciuto quest'ultimo che, grazie a lei, si è slacciato sempre di più fino a tornare quello che, 20 anni prima, conosceva Tommy.

Far from home, far from war

Mi diverto davvero moltissimo ad analizzare le differenze fra gioco e serie, e infatti in "The Path" facciamo la prima conoscenza dei Serafiti, temibile fazione per chi ha giocato The Last of Us Part II, e ancora relativa incognita per chi ha avuto solamente a che fare con la serie. Nel gioco li troviamo molto più avanti, ma qui Mazin li piazza con un fare strategico. In fondo The Last of Us non parla di chi sopravvive all'apocalisse, ma di come: i Serafiti sono sopravvissuti grazie alla fede nella Profetessa, una figura distante - e morta da tempo durante i fatti di questo terzo episodio - ma che ancora sembra in grado di guidare i percorsi e i destini dei suoi adepti. E come li incontriamo? Con una comunità a due: un padre e una figlia. Mi aveva inizialmente lasciato interdetto l'introduzione dei Serafiti ora ma, in funzione di una scena che arriverà alla fine dell'episodio, qui la fazione svolge la funzione di rendere i WLF ed Abby ancora più cattivi e giustificatamente da rimuovere dal roster dei vivi, per Ellie e Dina. Ne riparleremo, ma preparatevi a qualche importante rimescolamento di carte emotivo, nella definizione di buoni e cattivi. [caption id="attachment_1094107" align="aligncenter" width="1200"]Per Ellie è davvero difficile non inquadrare tutti in una manicheica divisione fra NOI e GLI ALTRI Per Ellie è davvero difficile non inquadrare tutti in una manicheica divisione fra NOI e GLI ALTRI[/caption]

Non vendetta, ma giustizia

Ricordi l'inizio della recensione? "The Path" serve a prendere un respiro, e lo vediamo anche in questa scena. Per forza di cose il videogioco è, di base, un action, e non potevamo perdere troppo tempo, quindi lì Ellie e Dina, all'inseguimento di Abby e compagnia, ma soprattutto nel tentativo di intercettare Tommy e farlo tornare a casa, partono subito dopo la morte di Joel, a tomba ancora fresca. Qui, no. Qui Jackson di nuovo fa sentire il suo peso: la comunità sta soffrendo i suoi morti, e Ellie ha bisogno del permesso del consiglio per mettere su una squadra e andare a vendicare pretendere giustizia per la morte di Joel. Lo dice Ellie stessa: Jackson non è un muro, o una festa al patronato fatta di alcool e balli. Jackson è essere sicuri che se qualcuno fa del male a qualcuno a cui teniamo, qualcuno sarà pronto a rispondere. È con il manierismo di Gail (una Catherine O'Hara ennesima dimostrazione di come gli attori comici siano perfetti in ruoli drammatici) che capiamo che non c'è da credere alle parole di Ellie: mentire viene naturale, alla diciannovenne Williams. Fin troppo naturale. Il consiglio non è ovviamente partecipe del motore di vendetta già acceso in Ellie, e i voti lo riflettono: a votare sì all'invio di un gruppo di persone a Seattle per operare la vendetta giustizia necessaria sono solo in 3, in fondo. [caption id="attachment_1094108" align="aligncenter" width="1200"]Non si parte per cieca vendetta senza il beneplace del consiglio di Jackson Non si parte per cieca vendetta senza il beneplace del consiglio di Jackson[/caption] Ci sono zero dubbi su come Tommy e Jesse (Young Mazino) abbiano votato, visto lo stupore con il quale si guardano in giro al momento del conteggio dei voti, ma rimango indeciso su Maria, anche se nel dietro le quinte l'attrice confessa che Maria ha effettivamente votato sì, perché Ellie, nell'invocare "non vendetta, ma giustizia" l'ha convinta. È una scena sulla quale ragionare profondamente: ogni singolo istinto di Ellie le dice di fare i bagagli e andare a Seattle, subito. Tommy e Jesse le dicono che nessuno "vota a favore dell'arrabbiato", che c'è bisogno di convincere il consiglio e, in generale, Jackson. Ellie allora si sforza di giocare secondo le regole imposte e, poco prima del suo turno di parlare alla riunione, trova un inaspettato supporto... in Seth. Di tutti, Seth, l'ultimo per il quale avrebbe senso alzarsi e chiedere giustizia, visto come Joel l'ha ridicolizzato alla festa di capodanno. Seth è un personaggio che, nella sua profondità non concessagli nel videogioco, confonde molto Ellie, troppo abituata a divisioni ben evidenziate fra "buoni" e "cattivi", solitamente sovrapposti a "con me" e "non con me, ergo contro di me".

Nurture can only do so much

Non mi voglio soffermare troppo sulla scena al calcetto fra Gail e Tommy, ma voglio come sempre portare la tua attenzione su un dettaglio. Nel primo episodio di questa stagione Tommy confessa a Ellie che lei e suo fratello sono "la stessa persona". Qui, in "The Path", è Gail ha tracciare una nuova sottolineatura di questa equazione, con un "They were walking side by side from the very first start" che, nel ricordarci la fine di Joel, sembra porre su un percorso di predeterminazione quella, probabile e funesta, di Ellie. [caption id="attachment_1094109" align="aligncenter" width="1200"]Gail considera Ellie troppo in là per poter essere salvata Gail considera Ellie troppo in là per poter essere salvata[/caption] Se Ellie è su una strada, non ce l'ha messa Joel e, lo riassicura Gail, "ci sono persone che è impossibile salvare", quindi Tommy può stare relativamente sereno e smettere di provarci. È, lo credo, in questa scena che forse Tommy decide di partire in solitaria per Seattle, cosa che qui non vediamo avvenire ma che in The Last of Us 2 era un essenziale input narrativo. E insomma, giusto per dare ragione a Gail, del voto del consiglio ce ne sbattiamo e si parte, si va. Ellie è incredibilmente focalizzata in ciò che vuole fare ma, lo scopriamo nel confronto con Dina, che sin da subito dopo il voto del consiglio si è probabilmente messa all'opera nell'organizzazione della spedizione punitiva, è puro istinto. Un po' come Frodo con il buon Samwise, Ellie senza Dina probabilmente non avrebbe un viaggio piacevole, da qui all'ultima fermata del suo percorso di vendetta. Di nuovo c'è Seth a confondere le acque morali di Ellie, e mentre lei è indecisa su dove posizionarlo nella scala fra "noi" e "loro", Seth dà a lei e Dina i rifornimenti mancanti di cui hanno bisogno, e la strada per Seattle è aperta. Non senza fermarci sulla tomba di Joel, però, ad un paio di miglia fuori Jackson. La morte è meglio stia fuori, in fondo, altrimenti Jackson un giorno sarà solo un grande cimitero.

Addio

La location della scena della tomba è forse la più bella finora. Ellie tende la mano al terreno, come per provare un ultimo contatto. Joel è sotto quei metri di terra... ma non lo è davvero. Se ne è andato, e non tornerà. [caption id="attachment_1094110" align="aligncenter" width="1200"]Finalmente tocca a noi dire addio a Joel Finalmente tocca a noi dire addio a Joel[/caption] Questo è il momento in cui, dopo Tommy all'inizio e Jackson nei 3 mesi di degenza di Ellie, finalmente possiamo affrontare il nostro lutto, di nuovo accanto ad Ellie, con delle lacrime che non sgorgano prolifiche come nella scena della giacca, ma che rimangono negli occhi, scintillio di quel dolore che, lo sai tu e lo so io, non ti lascia poi davvero mai. Il lutto "lungo", quello che ti porti fino alla - tua - fine. Il fatto che Ellie metta dei chicchi di caffè sopra la terra della tomba di Joel è un altro simbolismo fortissimo: a lei nemmeno piaceva il caffè, ma era importante per lui, ed era stato un momento di contatto fra i due nella scarpinata lungo l'America. Non è un simbolismo ereditato, come quello dell'orologio, ma un inside joke, questa volta sì, che li aveva uniti, con un sorriso e una smorfia.

On the road

Ci sono due ultime scene importanti, in questo "The Path". Uno è lungo la strada: i Serafiti che abbiamo incrociato poco fa sono tutti morti, compresa la bambina che, ancora nuova alle regole della fede della Profetessa, tempestava suo padre di domande. C'è una violenza esplicita, nel mostrare il cadavere di un ragazzino, qualcosa che, come ad Ellie e Dina, parla ad un senso di ingiustizia al quale non possiamo rimanere immuni. Ed ecco quindi che si fa l'occhiolino al conflitto israelo-palestinese (dichiarata ispirazione di The Last of Us Part II), e chi osa togliere la vita a bambini e ragazzini è feccia, e va estirpata. Dopo una scena di notte in tenda nella quale vediamo un momento più leggero fra Ellie e Dina, quasi volessero rimandare la realizzazione di quanta morte si sono promesse - e hanno promesso - si arriva a Seattle. È tranquilla, troppo tranquilla. [caption id="attachment_1094111" align="aligncenter" width="1200"]Il percorso di morte sta per iniziare Il percorso di morte sta per iniziare[/caption] Non sembrano esserci troppi WLF e nessuno sta sparando loro contro. Presto, come dice Ellie, "ce ne saranno molti meno" di WLF, ma, con un foreshadowing prepotente, Ellie e Dina non hanno nemmeno lontanamente idea di quanto siano fuori dalla loro zona confort, nel voler sfidare questa nuova fazione. L'ombra di Abby, intanto, rimane all'orizzonte, in attesa. È un'ombra che, temo, Ellie dovrà abbracciare molto presto, se già non l'ha fatto.

Conclusioni

"The Path" prende un bel respiro, interrotto da qualche necessario pianto, prima del rollercoaster che rappresenterà il resto della stagione e la prossima. Se da un lato diamo pace a Joel e a tentoni ci adattiamo al vuoto che la sua assenza ci lascia dentro, dall'altro la miccia di vendetta di Ellie è accesa e ben frizzante, complice un'arroganza perfetta per il personaggio ma al contempo emblematica per il percorso di morte e altalene morali che aspetta le nostre "eroine". La seconda stagione di The Last of Us continua senza lasciar andare l'asticella di qualità, alta in modo definitivo e tracciante per le future produzioni seriali, HBO e, in particolare, di trasposizione videoludica.

“The Path”, il mio momento preferito

Sicuramente la scena al cimitero e il posizionamento dei chicchi di caffè sul terreno sopra la tomba di Joel. Ho però particolarmente apprezzato il momento di diluzione perfetta fra la Ellie dei Ramsey e la Ellie del videogioco, negli ultimi momenti, a cavallo al limite del ponte rotto. C'è una serietà acuta, in Ellie, una micidialità che qui finge di fingere, ma che è lì sotto, e aspetta solo di uscire.

Applauso a…

Ksenia Sereda, la direttrice della fotografia. Ottimo lavoro su tutto l'episodio, in particolare la scena della giacca in casa di Joel e la scena al cimitero.

Citazione dell’episodio

Nurture can only do so much...” A lunedì prossimo. [caption id="attachment_1094112" align="aligncenter" width="1200"]La seconda stagione di The Last of Us continua senza lasciar andare l'asticella di qualità La seconda stagione di The Last of Us continua senza lasciar andare l'asticella di qualità[/caption]

L'articolo The Last of Us Stagione 2 Episodio 3 “The Path” Recensione proviene da GameSource.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News