New Indie Italia Music Week #230

“I’ve been through the desert on a horse with no name,
It felt good to be out of the rain.
In the desert you can remember your name,
‘Cause there ain’t no one for to give you no pain”
Lasciare tutto alle spalle per ritrovarci, per ricordare il nostro vero nome lontano dai rumori e dal chiacchiericcio di sottofondo.
Nessuno potrà mai ferirti.
Non guardare indietro, vai avanti verso il tuo deserto contemplativo e porta con te la musica essenziale, quella che ti fa vibrare.
Scopri la selecta con i migliori brani e album della settimana, scelti e recensiti dalla redazione di Indie Italia Magazine.
Schegge (Album)
“Schegge” è un disco fatto di frammenti che si incastrano tra loro senza mai combaciare del tutto. Ogni canzone è un pensiero interrotto, un’immagine riflessa nell’acqua che cambia forma appena provi ad afferrarla. È come sfogliare un album di ricordi che non sai se hai vissuto davvero o solo immaginato.
La produzione è essenziale, priva di fronzoli, eppure ricca di sfumature. Ogni suono è al suo posto, ogni silenzio ha un significato. Le chitarre acustiche si alternano a synth evocativi, creando un’atmosfera sospesa tra realtà e immaginazione.
Tutto contribuisce a rendere l’atmosfera eterea: la voce sembra sempre trattenere qualcosa, le melodie accarezzano e poi sfuggono, i suoni appaiono e scompaiono come passanti in una città straniera, le parole emozionano in modi astratti eppure così intensi. Una continua ricerca della bellezza nei piccoli dettagli, nelle cose che brillano per un attimo prima di rompersi.
È un album fatto di dettagli poetici, frasi taglienti e sogni a occhi aperti che si trasformano in canzoni. I brani sembrano non esplodere mai davvero, quasi a volersi insinuare con segreta delicatezza nell’animo di chi li ascolta. “Schegge” è un disco da sentire più che da capire. Una raccolta di fotogrammi sfocati, di luci al neon viste dal finestrino, di cose che non sappiamo dire ma sappiamo sentire con estrema facilità.
(Serena Gerli)
Giorgio Poi: 9
Per te, che non ci sarai più (Album)
Anticipato dal brano Distratta uscito lo scorso 8 aprile, Per te, che non ci sarai più è un disco nato senza fare troppi programmi, scritto di getto e registrato in un tempo brevissimo, con l’urgenza di lasciare intatte le emozioni senza che si sedimentassero e perdessero di intensità.
Una scelta consapevole per far emergere tutta l’immediatezza, la spontaneità e la fragilità di queste canzoni. Non è un riempitivo o un momento di passaggio tra un disco e l’altro, ma un’opera che trova il suo senso compiuto proprio nella distanza breve di quattro canzoni. Per te, che non ci sarai più è anche un viaggio nella versatilità artistica di Any Other, che firma testi e arrangiamenti e condivide la produzione con Marco Giudici. Un lavoro che si muove tra lingue diverse – due brani in italiano, uno in inglese e uno in giapponese – e che conferma l’eclettismo sonoro dell’artista, capace di tenere insieme mondi lontani con una coerenza emotiva rara.
Any Other: 8
Mai più per sempre
Con Mai più per sempre, Aimone Romizi si stacca dai FASK e ci offre un EP intimo, crudo e viscerale. Tre brani essenziali e devastanti che parlano della fine di un amore con una sincerità disarmante. La produzione di Michelangelo accompagna dolcemente il dolore, lasciando spazio a silenzi e fragilità. Ogni traccia è una ferita aperta che diventa musica, dal fallimento condiviso di Fallito, alla fuga dolorosa di Gate A1, fino al sussurro struggente della title track. È un lavoro che non cerca di consolare, ma di raccontare, con coraggio e pudore. Un piccolo scrigno di dolore autentico, che lascia un segno indelebile anche nel silenzio che segue l’ascolto.
Aimone Romizi: 7.5
Aiuto
Pop incalzante, un puro scatenarsi ballabile che non si priva di mostrare le sfumature vocali di Assurditè e l’elevatezza dell’elettronica di questo pezzo di Plastica. Ci lasciamo trascinare da questa sorta di avventura visionaria quasi in stile Alice o sollevare dalla sedia per danzare al ritmo di Aiuto? Qualsiasi scelta è giusta.
È un brano che ti accoglie e si fa accogliere. Uno scacciapensieri ma per palati fini. Lo puoi ascoltare alla leggera o perderti nei virtuosismi di ogni passaggio di questo sofisticato esercizio di stile.
(Stefano Giannetti)
Plastica feat. Assurditè: 8
Dormire
“Ma se fossi un po’ diversa da me, sembrerebbe più facile dormire”. Quella di Leyla sembra una via di mezzo tra l’autoindulgenza e il colpevolizzarsi, il rassegnarsi al come si è. Il detestarsi un po’ ma alla fine apprezzarsi per la singolarità. Che appartiene a ognuno di noi. Viene da immaginarla ballare davvero al rumore del frigo, come il personaggio di un film. Un folletto metropolitano col suo look dark fairy e che si crea da sola le acconciature.
Ma in realtà ci immedesimiamo in lei, in quelle notti in cui magari pensiamo a qualcuno che non abbiamo più e allora facciamo i conti con noi stessi. Gli innumerevoli bilanci che ci facciamo nei momenti di solitudine. Fino alle domande esistenziali. Per poi dimenticarci di tutto quando ricadiamo nella routine o siamo in compagnia. Ma forse è giusto così, che questa dolce autocritica sia un’attività psichica debole. Come un sogno. Se solo riuscissimo a Dormire.
(Stefano Giannetti)
Leyla El Abiri: 8,5
Periodo particolare
È un cazzotto allo stomaco che ti chiede scusa mentre ti fa male. È una scena delle migliori serie tv, con due “non più così giovani” che si incontrano a una festa, che decidono di viversi quella sera, ma forse non sapranno viversi oltre. Forse non sapranno vivere oltre. Perché c’è l’età e il prezzo dei sogni si fa sempre più alto; il piano B che è la vita monotona, come la festa, ci ucciderà lentamente per la paura che il salto lo faccia in un lampo.
Periodo particolare è l’incontro di due anime che soffrono nel fumo e nelle custodie dei vinili, tra un letto ed un balcone. In un momento che ha il compito di salvarle da quello che c’è fuori. Una bolla che le protegge, forse dalla vita, forse da loro stesse.
(Stefano Giannetti)
Anna and Vulkan: 8,5
Caterpillar
Silvia Reale firma un album d’esordio che è al tempo stesso un mix di pop luminoso e momenti più calmi e introspettivi, offrendo un racconto sincero della propria trasformazione personal. Brani come “Altrove” e “Effetto Domino” sprigionano tanta energia e desiderio di riscatto, mentre “Straniero” e “Muri” scavano nelle pieghe della vulnerabilità con grazia disarmante.
L’artista si mostra con ogni parola sempre più vicina, più nuda. “Caterpillar” è un disco che pulsa, cresce, si rompe e si ricompone: un vero volo da bruco a farfalla.
(Ilaria Rapa)
Silvia Reale: 7,5
due lune
Un’intimità dilaniante. Quanta forza serve per restare in bilico? Quanti gradi devono mancare per riuscire a vedere due lune? Quanto freddo fa appena spunta l’alba?
Lo spaesamento, la paura di non essere abbastanza, la voglia di tirare quel filo che spunta dalla manica del nostro maglione preferito solamente per sapere come va a finire. Se solo si potesse cercare su google maps come arrivare alla meta della nostra vita sarebbe tutto più semplice: ci consiglierebbe dei tragitti piuttosto che altri, potremmo scegliere se fare quelli più tortuosi invece di quelli lineari, sapremmo già quanto tempo durerebbe il nostro viaggio. Questo aggiornamento non l’hanno ancora apportato.
Ci tocca salire in macchina e fare delle vecchie mappe sgualcite la nostra bibbia. Troveremo buche e le prenderemo in pieno, apprezzeremo la solitudine che non abbiamo mai imparato ad apprezzare, avremo questa canzone in sottofondo.
(viola santoro)
Ceneri: 7,5
sabato sera
Si apre così il nuovo capitolo della carriera musicale di Dutch Nazari: una cazzutissima riflessione tra il tema del carcere come metafora e specchio della società contemporanea. Conferma la sua cifra stilistica sempre più riconoscibile. Tra synth pazzeschi e frasi che sembrano avere un’apparente significato sottile, vengono raccontate le motivazioni che possono condurre una persona in prigione. Motivazioni che portano alle luce contraddizioni sociali ed umane che investono la nostra quotidianità.
Carcere per chi va ad un rave, per chi imbratta dipinti nei musei. Paradossali e assurde, suonano in questo modo le barre che lasciano trapelare concetti importanti come la colpa, la ribellione, la giustizia; ispirandosi ad un’intervista tra Enzo Biagi e Sandro Pertini.
(viola santoro)
Dutch Nazari: 7,5
CasoMai
Fulminacci torna con un nuovo singolo, che conferma il suo talento nel raccontare le emozioni umane con una sincerità disarmante e una musicalità coinvolgente. L’artista ci fa fare un viaggio attraverso le macerie di una storia d’amore finita, utilizza uno stile ironico e diretto, riuscendo a trasformare la malinconia in qualcosa di vitale. Il brano si apre con una riflessione sulle difficoltà di mantenere un contatto. con l’ex-partner, utilizza poi immagini quotidiane per rendere il dolore ancora più tangibile.
“E sembro un buco senza ciambella, la bestia senza la bella.” Le metafore sono semplici ma efficaci, descrivono la solitudine e l’incompletezza che tutti noi abbiamo provato quando finisce una relazione. “Caso mai” è un brano che riesce ad unire ritmo e sentimento in un perfetto equilibrio tra malinconia e leggerezza.
(Benedetta Rubini)
Fulminacci: 8,5
Il taxi
Elettronica e pop si incontrano, influenzati dalla musica dance degli anni ‘10, qui centrale è un beat incalzante e incessante che ci invita all’evasione e a ricercare un proprio spazio.
“Il taxi” ha una sonorità coinvolgente e vibrante, è quella canzone perfetta per chi cerca di liberarsi dalla costrizioni quotidiani e di ritrovare la propria libertà.
La ripetizione di “Avevo voglia di” evidenzia il bisogno di trovare gioia e divertimento nelle piccole cose quotidiane. Questo brano ci ricorda che spesso è un bene lasciarsi andare e prendere la vita con più leggerezza; riesce a farci ballare e farci ritrovare la voglia di essere indipendenti.
(Benedetta Rubini)
Crookers e Angelica: 7,5
Menino-Primo Quarto
Il brano si distingue per la sua capacità di affrontare temi profondi e attuali in maniera molto sensibile, infatti Brida ci invita a riflettere sulla condizione dei giovani uomini nella società contemporanea. Infatti spesso sono costretti a doversi conformare a modelli di virilità imposti, ma che devono essere superati.
“Sta gente ti butta per terra, sta gente ti insegna la guerra. ” Brida descrive le pressioni sociali che i giovani uomini affrontano, infatti la società tende ad imporre dei modelli che soffocano la loro vera essenza.
Inoltre l’artista utilizza una produzione musicale coinvolgente, infatti le influenze del reggaeton e le sfumature urban creano un sound energico e ballabile. In questo modo si crea un ponte tra Brasile ed Italia, si uniscono culture diverse in un unico potente messaggio che si rivolge a tutti.
(Benedetta Rubini)
Brida: 7,5
tin tin tin
Il brano d’esordio de Le Fotografie è un viaggio urbano tra sarcasmo e nostalgia, una corsa in scooter che attraversa periferie anonime e pensieri troppo grandi per essere detti ad alta voce.
Le parole sembrano appunti scritti al volo sul retro di uno scontrino, tra un drink al tramonto e una copia sgualcita del giornale infilata nella giacca. Il cantato è asciutto, disilluso, ma con una dolcezza che ogni tanto affiora senza preavviso, come un bacio fugace.
La produzione è essenziale e tagliente: basso vibrante, batteria meccanica e linee elettroniche che sembrano lampeggiare come vecchie insegne in una notte di provincia. Ma in mezzo a tutto questo panorama sonoro, c’è spazio per lo stupore. “tin tin tin” non cerca di impressionare, ma lascia il segno: è la colonna sonora di chi osserva il mondo da dietro un vetro appannato, con ironia e lucidità, senza mai smettere davvero di sperare. Una prima uscita che non ha bisogno di alzare la voce per farsi notare.
(Serena Gerli)
Le Fotografie: 7
Tempi Duri
“Tempi Duri” è una lama fredda che si infila tra i pensieri mentre il mondo fuori continua a scorrere inconsapevole. Un brano spoglio e potente, che parla sottovoce e arriva dritto al petto. La voce si muove come un’ombra tra palazzi vuoti, raccontando la stanchezza di chi ogni giorno si alza e prova a restare in piedi, anche quando non ne ha più la forza.
I suoni sembrano arrivare da un sogno in bianco e nero, uno di quelli in cui ci si muove a rallentatore, con la sensazione costante di essere in ritardo, tra beat nervosi e melodie spezzate: tutto è teso, trattenuto, pronto a crollare. Non c’è spazio per grandi esplosioni, solo una lenta combustione emotiva che scava, lacera, ma non urla mai. “Tempi Duri” diventa quasi un promemoria per chi, nonostante tutto, sceglie di sentire ancora. È come guardarsi allo specchio in controluce: quello che vedi non è chiaro, ma sai che sei tu.
(Serena Gerli)
Diorama: 7.5
disperata gioventù
L’insostenibile leggerezza dell’essere giovane che coincide con le fragilità della vita d’adulti dove diventa sempre più difficile riparare all’errore. Scegliere con la razionalità forse riduce il rischio d’imprevisto, ma quando arriva l’amore tutto cambia e ogni possibile futuro viene messo in discussione.
Passeranno giorni e settimane tra le nuvole, acqua sotto al ponte, prima o poi sarò di nuovo da te. Da te, da te, da te, per sbaglio.
Quando questo sentimento diventa ossessione piano piano sparisce quel senso di bellezza, trasformandosi in un veleno che brucia la pelle e che uccide la speranza. Potrebbe capitare che in realtà le persone non cambiano davvero, quello che muta è la nostra percezione. Se si rimane legati al sentimento stesso, più che al contatto con la realtà, si affoga dentro una disperazione profonda che aumenta all’aumentare dell’età, messa in paragone con il pensiero di rimpianti e rimorsi.
(Nicolò Granone)
faccianuvola: 8-
Racconti brevi
Siamo racconti brevi nella vita degli altri. Pezzi di memoria condivisa che con il tempo spariscono e a volte diventano talmente piccoli che non si riescono a vedere più sotto la luce del sole.
Ci sono storie d’amore che all’improvviso perdono il filo del discorso, o amicizie che si dividono tra le strade della vita. Rapporti che muoiono nel dolore di un addio per continuare a respirare nelle nostre parti più intime del pensare.
Chissà se tutte quelle parole lasciate a metà troveranno un domani la giusta conclusione o se ormai è già troppo tardi per dare voce a certi sentimenti.
(Nicolò Granone)
Noite: 7,5
Amica mia
Ho voglia di crescere, vedere il mondo fuori la bolla di camera mia, ad essere sincero sono stanco di avere paura.
Ogni essere umano è fatto di carne, sangue, pelle e ossa, ma anche di quello che pensa, vive e percepisce. Il dolore e la paura sono aspetti che si cerca di tenere lontani, spesso esorcizzandoli anche se allo stesso tempo fanno parte di quello che siamo, permettendo a istinto e ragione di trovare compromessi, attraverso il dialogo e l’esperienza.
“AMICA MIO” di Nyno è un brano intimo che nasce dalla consapevolezza e sfocia in una forma di libertà senza confini, nella quale tutto è possibile riuscendo ad accettare anche le debolezze dalle quali viene più facile nascondersi.
(Nicolò Granone)
Nyno: 8
stare al passo
Ma come faccio a stare al passo, stiamo correndo ma controvento.
In un mondo veloce sono i giovani quelle persone che devono cercare di aumentare il ritmo per rimanere non solo sempre connessi, ma in sella al proprio futuro.
Bisogna sempre stare attenti ai meccanismi di un sistema contorto e non facile da comprendere, seguendo un modello di perfezione non umano. Ma, ad un certo punto, ciò che rimane una certezza di fatto è che il nostro lato interiore, il nostro lato più umano, appunto, che ci rende noi stessi, ha bisogno di emergere, di esprimere la propria urgenza. Infatti, la nostra natura può cambiare, ma non può essere annullata la necessità di seguire l’indole, i propri tempi, seguendo, in un certo senso, il tempo di ogni passo.
(Nicolò Granone)
sedici: 7
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