Spagna, per la presidente della rete elettrica «non è corretto collegare il blackout alle rinnovabili»

«Non è corretto collegare l’incidente di lunedì alle energie rinnovabili, funzionano in modo stabile». È quanto dichiarato stamani dall’ex ministra Beatriz Corredor, oggi presidente della Red Eléctrica Española, il gestore a maggioranza privata della rete elettrica.
Si tratta della prima intervista rilasciata da Corredor dopo il blackout che ha lasciato al buio la penisola iberica dalle 12.33 di lunedì fino alla mattina del giorno successivo, per il quale è ancora in corso la ricerca delle cause. Corredor ha spiegato che Red Eléctrica ha avviato un'indagine approfondita per raccogliere milioni di dati e "capire millisecondo per millisecondo" cosa è successo. A questo proposito, ha aggiunto che la rete funziona con un centro di controllo nazionale, ma che ci sono altri 35 centri regionali che vengono analizzati per determinare esattamente dove e come si è verificato il problema che ha portato al blackout nella penisola.
La presidente ha dunque sottolineato la forza del sistema iberico, nonostante la portata dell’incidente. «Adesso non succederà più perché abbiamo imparato», e pur riconoscendo al contempo che «il rischio zero non esiste» ha posto l’accento sulla capacità di ripresa della rete elettrica: a differenza di quanto accaduto in altri Paesi che hanno subito blackout, la penisola è riuscita a riprendersi in poche ore, non in giorni: «Alle 4 del mattino, il 100% delle sottostazioni era operativo, consentendo ai distributori a valle di raggiungere gli utenti finali».
Di certo il primo ministro Pedro Sánchez ha dichiarato di non escludere alcuna ipotesi, neanche l’attacco hacker, e che sono in avvio due commissioni d’inchiesta – una nazionale e una europea – per stabilire esattamente cos’è successo ed evitare così che si ripeta, frenando però subito la diffusione di fake news: «La fretta non deve indurci a disinformazione o errori, non c'è stato alcun problema di eccesso di energia rinnovabile (solo pochi giorni prima, nei momenti di picco solare ed eolico coprivano tranquillamente oltre il 100% della domanda nazionale, ndr), né di mancanza di copertura o di domanda insoddisfatta e chi collega questo incidente alla mancanza di energia nucleare, francamente, sta mentendo o dimostrando la propria ignoranza». Ci sono anzi indizi che suggeriscono come le centrali nucleari abbiano ulteriormente peggiorato l’evolversi del blackout.
Al contempo, sarebbe ingenuo ignorare che quello iberico è stato il primo, grande blackout della transizione energetica, che ha coinvolto due Paesi – Spagna e Portogallo – dove sono le rinnovabili a farla da padrone. Più che per cercare colpevoli, questa è l’occasione per imparare qualcosa, così come avvenuto per gli innumerevoli blackout che hanno caratterizzato l’era dei combustibili fossili (e del nucleare). È noto che lo sviluppo dell’energia rinnovabile non necessita solo di nuovi impianti di produzione, ma anche di ingenti investimenti sulle reti elettriche e di un vasto sistema di accumuli, dalle batterie ai pompaggi idroelettrici. Sfide che vale la pena affrontare, non solo dal punto di vista ambientale: la Spagna delle rinnovabili, basti ricordare, è un Paese dove oggi il Pil cresce sei volte più velocemente dell’Italia.
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