Siria. Tra Mosca e Tel Aviv: il grande gioco si riaccende sulle spalle dei drusi

Maggio 4, 2025 - 14:00
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Siria. Tra Mosca e Tel Aviv: il grande gioco si riaccende sulle spalle dei drusi

di Giuseppe Gagliano

Mentre lo sguardo del mondo si sposta da una crisi globale all’altra, la Siria, quel campo di battaglia dimenticato, continua a essere teatro di manovre silenziose ma decisive. Nelle ultime ore, due notizie in apparenza distinte riportano l’attenzione sull’asse mediorientale. Da un lato la presenza attiva di aerei militari russi nei cieli sopra Tartus e Latakia, roccaforti del potere alawita e della proiezione russa nel Levante. Dall’altro un’operazione israeliana in piena regola nella provincia sud di Sweida, dove elicotteri dello Tsahal hanno consegnato armi, munizioni e evacuato miliziani drusi feriti, trasportandoli direttamente in territorio israeliano.
Questi due episodi, se letti congiuntamente, compongono un mosaico inquietante. Non siamo davanti a incursioni isolate o operazioni tattiche. Siamo di fronte a un vero e proprio scontro per procura, in cui la Siria diventa il palcoscenico della rivalità sempre più dichiarata tra Mosca e Tel Aviv. La novità non è che Russia e Israele agiscano sullo stesso territorio. La novità è che oggi, a distanza di anni dall’inizio della guerra, le loro agende sembrano divergere sempre più apertamente.
Da tempo, l’alleanza di convenienza tra Putin e Netanyahu, o chi ne eredita la linea, si regge su un equilibrio precario. Mosca consente a Israele di colpire obiettivi iraniani e milizie sciite in Siria, purché non tocchino le basi russe. Ma la recente intensificazione dei voli da parte dell’aviazione russa sopra Latakia e Tartus potrebbe indicare un cambio di postura: Mosca torna visibile, torna a marcare il territorio, e manda un messaggio chiaro a chi da sud sta tentando di imporsi come protettore dei drusi.
Gli elicotteri israeliani a Sweida non sono semplici mezzi di evacuazione. Sono un gesto politico. Trasferire feriti in Israele, consegnare armi a una milizia locale, significa costruire una nuova relazione sul terreno. Israele non si accontenta più di colpire dall’alto: vuole influenzare la dinamica interna siriana, aprendo un canale diretto con una delle comunità storicamente più autonome e strategiche del Paese.
I drusi, minoranza religiosa spesso marginalizzata ma geograficamente cruciale, si ritrovano oggi pedina e bersaglio. Da un lato sono visti da Damasco come potenziali secessionisti, dall’altro vengono corteggiati da Israele in funzione anti-iraniana e anti-regime. E mentre il governo provvisorio siriano, nato dal crollo di al-Assad, cerca faticosamente di ricompattare il territorio, attori esterni ne minano la sovranità residua.
Il ritorno visibile dei russi e l’attivismo crescente degli israeliani in zone storicamente marginali rivelano un quadro nuovo: non è più la guerra civile siriana a dettare l’agenda, ma il conflitto geopolitico per il controllo del futuro della Siria post-Assad. E se Damasco sprofonda nella paralisi istituzionale, altri si muovono per riempire il vuoto.
Ancora una volta la Siria non sceglie. La Siria viene scelta. E in questo gioco spietato, le comunità locali come i drusi rischiano di essere strumentalizzate, usate e abbandonate, come già accaduto in passato. A cambiare sono le bandiere, non le logiche.
Nel silenzio assordante della comunità internazionale, Mosca e Tel Aviv preparano il terreno per la prossima stagione di influenze. E intanto, a Sweida, si spara. A Tartus, si decolla. A Damasco, si tace.

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Redazione Redazione Eventi e News