Londra e il boom degli affitti brevi illegali: cosa sta succedendo davvero?

Maggio 4, 2025 - 07:30
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Londra e il boom degli affitti brevi illegali: cosa sta succedendo davvero?

Una nuova emergenza si sta facendo strada nei quartieri centrali di Londra: oltre la metà delle case in affitto breve operate su piattaforme online risultano essere illegali. Un report pubblicato da Central London Forward, un consorzio di borghi interni della capitale, lancia un allarme preciso: il fenomeno sta sfuggendo di mano e rischia di compromettere il già fragile equilibrio del mercato abitativo londinese.

Secondo i dati, più del 50% delle 117.000 proprietà disponibili per affitti brevi nel 2024 ha superato il limite di 90 notti annuali previsto dalla legge. Un trend che ha ripercussioni concrete su residenti, comuni e sull’accessibilità degli alloggi a lungo termine.

Le regole infrante: cosa dice la legge sugli affitti brevi

Nel Regno Unito, e in particolare a Londra, è illegale affittare una casa per più di 90 giorni all’anno su base short-term senza autorizzazione da parte del consiglio comunale. Questa normativa nasce per evitare che il patrimonio immobiliare destinato alla residenza venga convertito in alloggi turistici, lasciando scoperta la domanda abitativa locale.

Il report di Central London Forward — partnership che coinvolge Westminster, Camden, Southwark e altri borough — evidenzia come, nella pratica, la maggior parte delle proprietà non rispetta questo limite. Spesso i proprietari non chiedono permessi urbanistici, e le piattaforme non rendono trasparenti i dati sui singoli annunci. In molti casi, viene addirittura falsificata la localizzazione della casa, inserendola in una via vicina per depistare eventuali controlli.

Questo rende quasi impossibile per i comuni far rispettare la legge, specialmente in assenza di un registro obbligatorio nazionale.

Come evidenziato nel comunicato ufficiale di Westminster City Council, i quartieri più colpiti da questo fenomeno sono West End, Pimlico, Bayswater e Lancaster Gate, dove la concentrazione di affitti brevi sta letteralmente sostituendo i residenti stabili con un flusso continuo di turisti.

Le conseguenze sulle comunità: tra rumori, rifiuti e affitti in crescita

Il fenomeno non è solo una questione burocratica. Le ricadute sulla vita quotidiana sono concrete e diffuse.

Adam Hug, leader del consiglio di Westminster, ha dichiarato durante il summit annuale del Centre for London che il suo borough è “l’epicentro del problema”. Ha descritto come gli affitti brevi portino a disturbi continui per i residenti, tra cui feste notturne, rifiuti abbandonati in strada, flussi di persone che cambiano ogni giorno. Non si tratta quindi solo di una questione di legalità, ma di qualità della vita nei quartieri.

Inoltre, questa trasformazione del mercato immobiliare sta rendendo sempre più difficile trovare una casa in affitto a lungo termine. Con sempre più proprietari che preferiscono le entrate rapide degli affitti brevi, l’offerta si restringe e i prezzi salgono, colpendo soprattutto le famiglie, i lavoratori e i giovani.

Lo stesso report cita che nel 2015 gli affitti brevi erano meno di 30.000; nel 2016 erano già 60.000, fino a superare le 100.000 unità nel 2019. Dopo la flessione legata alla pandemia, il fenomeno ha ripreso a crescere. Oggi, oltre 117.000 proprietà a Londra risultano affittate con questa modalità.

Il vuoto normativo e le richieste dei comuni

Il cuore del problema è la mancanza di strumenti efficaci di controllo e trasparenza. Le autorità locali chiedono da tempo che venga introdotto un registro nazionale obbligatorio, che permetta di monitorare in tempo reale quante notti ogni proprietà è affittata.

Secondo Adam Hug, le attuali squadre di enforcement urbanistico non hanno modo di ottenere informazioni dettagliate sugli affitti. Le piattaforme non collaborano: spesso nascondono i dati di localizzazione e non forniscono dati disaggregati. In questo modo, anche in presenza di sospetti, è difficile portare i casi in tribunale e far applicare la legge.

La richiesta è chiara: il governo centrale deve intervenire, obbligando i portali come Airbnb e simili a condividere dati unitari con i comuni e istituire un registro accessibile per tutte le autorità locali.

Nel frattempo, molte città europee, tra cui Amsterdam, Berlino e Barcellona, hanno già adottato misure restrittive su questi affitti. Londra, dicono i critici, è in forte ritardo.

Un problema sociale: l’emergenza abitativa e l’uso distorto degli immobili

Un altro aspetto centrale dell’emergenza riguarda il dramma abitativo. Come ha ricordato Tom Copley, vicesindaco di Londra con delega all’edilizia residenziale, oltre 65.000 famiglie londinesi vivono attualmente in alloggi temporanei.

Recuperare anche solo una parte delle proprietà oggi destinate agli affitti brevi potrebbe fare una grande differenza nel mercato residenziale. Secondo Copley, è necessario riportare questi immobili all’interno del circuito a lungo termine, in vendita o in affitto, a beneficio di chi cerca casa per viverci stabilmente.

Il governo, da parte sua, ha annunciato di voler introdurre un sistema di registrazione obbligatoria per gli affitti brevinei prossimi mesi. Inoltre, ha abolito il regime fiscale favorevole degli affitti turistici (furnished holiday lets), che incentivava i proprietari a preferire i turisti rispetto agli inquilini residenti.

Tuttavia, queste misure non sono ancora attive e non è chiaro quando entreranno realmente in vigore.

Il portavoce governativo ha riconosciuto che “una concentrazione eccessiva di affitti brevi può danneggiare il tessuto sociale delle comunità”, ma non ha fornito una timeline precisa per l’implementazione delle nuove regole.

Verso un equilibrio sostenibile?

Il tema degli affitti brevi a Londra non è nuovo, ma sta raggiungendo livelli critici. La città si trova di fronte a un dilemma strutturale: da un lato, il turismo è una risorsa importante, e gli affitti brevi rappresentano una fonte di reddito per migliaia di proprietari; dall’altro, l’impatto su quartieri, residenti e servizi pubblici non è più sostenibile.

La sfida sarà trovare un equilibrio tra economia e qualità della vita, tra accoglienza e residenza, tra libertà economica e coesione sociale. Ma senza strumenti normativi chiari, trasparenza dei dati e volontà politica, il rischio è che interi quartieri diventino alberghi camuffati, svuotando Londra del suo tessuto umano più prezioso: i suoi residenti.


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