Rapporto Amnesty International, ‘diritti umani sempre più calpestati’

Maggio 4, 2025 - 14:00
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Rapporto Amnesty International, ‘diritti umani sempre più calpestati’

di C. Alessandro Mauceri

Amnesty International ha pubblicato il Rapporto 2024-2025 nel quale si analizza il rispetto dei diritti umani in 150 Stati. Degno di nota, secondo gli esperti di Amnesty International, “l’effetto Trump”: i primi cento giorni di governo del tycoon della Casa Bianca avrebbero intensificato la regressione globale e tendenze profondamente radicate nel tempo. Una situazione che già prima della sua rielezione aveva mostrato alcune criticità legate al “mancato contrasto globale alle ineguaglianze, al collasso climatico e alla trasformazione tecnologica”.Tutti fattori che secondo Amnesty International mettono in pericolo le future generazioni.
Il risultato è un peggioramento della situazione a livello globale. Ridotti in cenere “decenni di duro lavoro svolto per costruire e far progredire i diritti umani universali per tutte e tutti”. Una nuova era caratterizzata da una miscela di pratiche autoritarie e avidità delle imprese economiche. “Di anno in anno avevamo dato l’allarme sul pericolo di un arretramento dei diritti umani. Ma quanto accaduto negli ultimi 12 mesi, segnatamente il genocidio israeliano della popolazione palestinese della Striscia di Gaza avvenuto in diretta e tuttavia trascurato, ha messo a nudo quanto il mondo possa risultare infernale per moltissime persone quando gli Stati più potenti scaricano in mare il diritto internazionale e mostrano disprezzo per le istituzioni multilaterali. In questa congiuntura storica, mentre le leggi e le pratiche autoritarie si stanno moltiplicando a vantaggio di assai poche persone, i governi e la società civile devono agire con urgenza per riportare l’umanità su un terreno più sicuro”, ha dichiarato Agnès Callamard, Segretariao generale di Amnesty International.
Nel Rapporto 2024-2025 di Amnesty International si parla di “violente e diffuse repressioni del dissenso”, di una “catastrofica escalation dei conflitti armati”, di “azioni inadeguate per fronteggiare il collasso climatico” e di “passi indietro globali nella difesa delle persone migranti e rifugiate, delle donne e delle ragazze e delle persone lgbtqia+”.
Una situazione che si estende ben oltre i confini degli USA: “Questo malessere è molto più profondo delle azioni di Trump. Assistiamo da anni a una strisciante diffusione di pratiche autoritarie, alimentate da leader candidati o eletti con l’intenzione di essere agenti di distruzione. Ci hanno trascinato in una nuova era di agitazioni e crudeltà ma tutte le persone che credono nella libertà e nell’uguaglianza devono coalizzarsi per contrastare gli attacchi sempre più estremi al diritto internazionale e ai diritti umani universali”, ha dichiarato la Callamard.
A riprova della gravità della situazione il fatto che di tutto questo non si è parlato. Nemmeno in occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa. “La proliferazione di leggi, politiche e pratiche autoritarie contro la libertà d’espressione, di associazione e di riunione pacifica documentata da Amnesty International nel 2024 è stata un elemento centrale nell’assalto globale ai diritti umani”, si legge nel comuicato di Amnesty International. I governi hanno cercato di evitare i controlli, rafforzato i loro poteri e istillato paura. Quando non hanno fatto di peggio. Solo lo scorso anno, secondo i dati diffusi dall’UNESCO, sono stati 68 i giornalsti uccisi, il dato più alto dell’ultimo decennio. Professionisti morti solo per aver cercato di raccontare a tutti cosa avviene nelle principali zone di conflitto: in Palestina, dove si registra il maggior numero di giornalisti uccisi, ma anche in Ucraina, in Colombia, in Iraq, in Libano, in Myanmar e in Sudan. Tutti paesi in guerra. Tutti paesi dove i paesi “sviluppati” e le grandi industrie di armi e armamenti fanno affari miliardari.
Paesi dove qulcuno non vuole che si sappia cosa avviene. Secondo Amnesty International in molti paesi, “le forze di sicurezza hanno fatto ricorso ad arresti arbitrari, sparizioni forzate e forza eccessiva, in alcuni casi letale, per sopprimere la disubbidienza civile”. Paesi come il Bangladesh dove le autorità avrebbero hanno “ordinato di sparare a vista contro le proteste studentesche, causando quasi 1000 morti”. O come il Mozambico, dove è in atto “la peggiore repressione delle proteste da anni a questa parte dopo un contestato risultato elettorale”. Anche qui centinaia i morti (almeno 227). Ma nessunone parla. E chi lo fa, lo fa rischiando la propria vita.
In Turchia, paese visitato dalla premier Meloni solo pochi giorni fa, secondo Amnesty International “sono stati imposti divieti generali di protesta e si è continuato a usare forza illegale e indiscriminata contro le proteste pacifiche”. Ma di questo i notiziari non hanno detto una parola, quando hanno parlato della missione del governo italiano.
In Sudan due anni di guerra civile hanno causato 11 milioni di sfollati interni, il più alto numero al mondo. Le forze di supporto rapido avrebbero commesso “crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità”. Ma anche questo conflitto va “avanti nella quasi totale indifferenza mondiale”. Se ne è fatto solo breve cenno ma esclusivamente nel tentativo di distrarre l’attenzione dalla strage (e pensare che c’è ancora chi dubita che si possa parlare di genocidio) di palestinesi nella Striscia di Gaza. Qui le violazioni dei diritti umani commesse dal governo israeliano continuano indisturbate: da un paio di mesi è stato addirittura interrotto l’accesso all’acqua, un diritto riconosciuto anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Ma i media occidentali hanno “dimenticato” di parlarne. E anche l’accorato appello del segretario generale delle Nazioni Unite non ha fatto “notizia”.
In Myanmar, nessuno parla più dei rohingya e della loro carneficina. Eppure, anche qui ci sarebbe molto da dire: il taglio degli aiuti umanitari internazionali deciso da molti governi che hanno seguito lesempio di Trump (che ha tagliato i fondi a USAID) ha aggravato la situazione, causando la chiusura di ospedali nei campi per rifugiati.
“Amnesty International da tempo metteva in guardia sulla minaccia dei doppi standard nei confronti di un ordine basato sulle regole. L’impatto di questo arretramento è stato più acuto nel 2024, dalla Striscia di Gaza alla Repubblica Democratica del Congo. Dopo aver aperto la strada verso il disordine, venendo meno al rispetto universale delle regole, la comunità internazionale ora deve assumersene la responsabilità”, ha detto la Callamard.
Ma non avverrà: molti media hanno preferito non roportare le parole della Callamard e di Amnesty International. Nemmeno in occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa.

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