Strage di Cutro, a processo i sei militari di Finanza e Guardia costiera che non soccorsero il caicco di migranti

A due anni e mezzo da quando nella notte del 25 febbraio di due anni il caicco “Summer Love” naufragò sulla secca davanti alla spiaggia di Cutro, in Calabria, il gip del tribunale di Crotone ha accolto le richieste del procuratore Pasquale Festa e rinviato a giudizio sei tra ufficiali e sottufficiali di Guardia costiera e Guardia costiera che in quelle ore decisero di non intervenire.
Fu così che nello specchio d’acqua davanti Cutro trovarono la morte quasi 100 persone, in larga parte composte da famiglie con bambini partite dalla Turchia, una delle stragi più gravi nel Mediterraneo.
Il punto centrale dell’inchiesta della Procura di Crotone è che la strage di migranti (le morti accertate sono 98, di cui 35 bambini, ma è ancora oggi imprecisato il numero di dispersi) poteva essere evitata. Lo dicono migliaia di pagine dell’inchiesta, fatta di consulenze, immagini, video, chat.
I sei imputati sono chiamati a rispondere a vario titolo di naufragio e omicidio colposo. Le colpe? Aver abbandonato l’imbarcazione nello Ionio sconvolto da un mare forza 4 e vento di burrasca forza 7, secondo quanto ricostruito dalla consulenza richiesta dalla Procura: condizioni in cui era necessario un intervento urgente per soccorrere il caicco, segnalato già nella sera di venerdì 24 febbraio da un aereo dell’agenzia europea Frontex.
Secondo l’atto di accusa dei pm “avendo riscontrato difficoltà nella navigazione con i suoi mezzi in servizio di pattugliamento”, la Finanza “fece rientrare in porto sia il pattugliatore Barbarisi che la motovedetta 5006 senza comunicarlo alla Guardia costiera, dichiarando falsamente di aspettare l’imbarcazione a due o tre miglia dalla costa e rifiutando la disponibilità a far uscire mezzi più adeguati a quelle condizioni meteo”. Quanto agli ufficiali della Guardia costiera, “rimasero inerti per tutta la notte”, omettendo di assicurarsi che la Guardia di finanza avesse monitorato a vista il caicco. Se lo avessero fatto “fatto sarebbe stato dichiarato un evento Sar evitando che gli scafisti portassero il caicco sulla secca” davanti la costa di Cutro.
Inchiesta che individua dunque precise responsabilità a livello tecnico, mentre resta fuori dal processo la responsabilità politica di una serie di governi, da destra a sinistra, che nel corso degli anni hanno criminalizzato i salvataggi in mare e limitato il potere di intervento della Guardia costiera. E non è dunque un caso che ad intervenire in difesa degli imputati sia il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, da cui dipendono alcuni degli imputati: “Una sola parola: vergogna. Processare sei militari, che ogni giorno rischiano la vita per salvare altre vite. Vergogna”, le parole del vicepremier e leader delle Lega.
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