Beni strumentali, 2024 in rosso, nel 2025 tornerà la crescita

I DATI DI FEDERMACCHINE
Beni strumentali, 2024 in rosso, nel 2025 tornerà la crescita
Dopo un 2024 di contrazione, l’industria italiana dei beni strumentali vede un’inversione di tendenza per il 2025, con una crescita del fatturato stimata a +1,6% a 53,3 miliardi di euro. La ripresa, seppur contenuta, sarà trainata dal mercato interno (+2%), mentre l’export resterà stazionario. Il settore, che si conferma strategico per l’economia nazionale e secondo in Europa, guarda ora alle sfide future: dalle incertezze legate alle politiche commerciali internazionali alla necessità di un nuovo piano di politica industriale post-Transizione 5.0.

Dopo essersi lasciata alle spalle un 2024 complesso e segnato da una marcata contrazione di vendite, esportazioni e consumo interno, l’industria italiana dei beni strumentali può guardare al 2025 con maggiore ottimismo. Le previsioni per il nuovo anno, pur se con numeri contenuti, segnano infatti il ritorno del settore in territorio positivo.
I dati e le strategie per il futuro sono stati al centro dell’assemblea annuale di Federmacchine, la federazione che riunisce le 12 associazioni rappresentanti i più rilevanti comparti del mondo del machinery italiano.
Nel 2024 in rosso fatturato, export e consumo
Il 2024 si è chiuso per l’industria italiana della meccanica strumentale con un bilancio completamente negativo che interrompe il ciclo espansivo del triennio precedente. Tutti i principali indicatori economici hanno registrato una flessione, a partire dal fatturato che si è attestato a 52,5 miliardi di euro, in calo del 7,4% rispetto al 2023. A determinare questa dinamica è stata soprattutto la debolezza della domanda interna.
Il consumo nazionale di beni strumentali ha registrato infatti una diminuzione del 14,3%, scendendo a poco più di 26 miliardi di euro. Questo blocco degli investimenti ha penalizzato sia le consegne dei costruttori sul mercato domestico, che hanno subito l’arretramento più pesante (-13,7%), sia le importazioni, che sono calate del 15,2%.
Anche l’export, tradizionale motore del settore, ha risentito del rallentamento globale, pur riuscendo a limitare i danni con una flessione del 4,2% a 36 miliardi di euro. Nonostante il calo in valore assoluto, la propensione all’esportazione si è rafforzata, con il rapporto tra export e fatturato salito al 68,7%. Il saldo commerciale del comparto si è confermato ampiamente positivo, raggiungendo un nuovo record di 26,3 miliardi di euro, a riprova del contributo fondamentale che il settore offre alla bilancia commerciale del Paese.
La geografia dell’export e l’incognita dei dazi
L’analisi geografica delle vendite nel 2024 conferma la centralità del mercato europeo, che assorbe quasi il 68% del fatturato. Tuttavia, l’export ha subito un calo nella maggior parte delle aree, inclusi mercati chiave come Germania (-8,5%) e Francia (-5,2%). L’America del Nord si conferma un’area primaria, con gli Stati Uniti come primo mercato di destinazione assoluto (quasi 5 miliardi di euro).
Proprio questo scenario è fonte di preoccupazione, come sottolineato dal presidente di Federmacchine, Bruno Bettelli, riconfermato alla guida della Federazione per il prossimo biennio. Più che l’imposizione di dazi, a spaventare è l’incertezza. “Ciò che ci preoccupa maggiormente è il clima di incertezza alimentato dai continui annunci. Questa instabilità rischia di creare un vero e proprio blocco della domanda. Il rischio è che, in attesa di conoscere il punto effettivo di caduta, tra continui annunci, rilanci e smentite, le imprese smettano di investire”. Per questo, ha aggiunto Bettelli, pur confidando nel dialogo, “all’Europa diciamo che non possiamo più prescindere da un piano alternativo”, citando come modello gli accordi di libero scambio.
L’inversione di tendenza nel 2025
Archiviato un anno difficile, il 2025 si profila come un periodo di transizione. Le previsioni indicano un ritorno alla crescita, sebbene con incrementi modesti.
“L’anno che stiamo vivendo può essere considerato solo un anno di inversione di tendenza, dal meno del 2024 al più del 2025, non certo di rilancio perché gli incrementi sono decisamente molto contenuti”, ha precisato Bruno Bettelli.
Il fatturato è atteso in aumento dell’1,6%, per un valore di 53,3 miliardi di euro, trainato principalmente dal mercato interno, il cui consumo è previsto in crescita del 2%. Le esportazioni, invece, dovrebbero rimanere stazionarie (+0,6%) a causa dell’incertezza internazionale.
Bettelli: “Serve un piano strutturale per il 2026”
L’industria dei beni strumentali rappresenta il 2,4% del Pil e il 5,8% dell’export di merci, con un ruolo di primo piano in Europa. Per mantenere questa posizione è necessario affrontare le sfide future con una visione strategica che vada oltre i numeri congiunturali.
Sul fronte interno la riflessione si concentra sul post-2025, anno che coincide con la chiusura dell’operatività dei provvedimenti 4.0 e 5.0.
Bettelli osserva che “il piano Transizione 4.0 ha funzionato molto bene, dando al mercato domestico una spinta che non ci immaginavamo. Purtroppo Transizione 5.0 è stata decisamente meno efficace”. La richiesta al governo è quindi di “ragionare da subito alla definizione di un piano di politica industriale che accompagni l’industria manifatturiera italiana nel 2026 in avanti”, basato su “provvedimenti strutturali di facile utilizzo che permettano alle aziende di pianificare gli investimenti”, evitando i picchi di domanda che mettono in difficoltà le Pmi specializzate in produzioni su commessa.
Sul fronte dell’internazionalizzazione la strategia è duplice: gestire le incertezze sui mercati tradizionali e lavorare sulle nuove opportunità. Il rapporto “Ingenium“, realizzato con Confindustria, ha individuato 8 miliardi di euro di export potenziale inespresso. Per concretizzarlo, secondo Bettelli, è necessario un approccio di “sistema paese” che coinvolga tutti gli attori istituzionali (MAECI, ICE, SACE, SIMEST) e punti a nuove forme di collaborazione, per esempio seguendo le filiere di altri settori (farmaceutico, food) che si insediano all’estero e necessitano di tecnologia. Un percorso che prevede missioni mirate, come quella in programma in Messico a ottobre, per trasformare il potenziale in crescita effettiva.
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