L’ultra fast fashion arranca negli Usa: prima settimana di vendite in calo per Shein e Temu

Maggio 8, 2025 - 23:30
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L’ultra fast fashion arranca negli Usa: prima settimana di vendite in calo per Shein e Temu
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Gli effetti del nuovo regime trumpiano sul fast fashion non hanno tardato a manifestarsi. Le prime pedine dello scacchiere a vacillare sono, prevedibilmente, i player cinesi dell’ultra fast fashion Shein e Temu che, in seguito all’annuncio dei dazi reciproci, hanno registrato – si legge su Bloomberg – un calo delle vendite oltreoceano rispettivamente del 23% e del 17% nella settimana tra il 25 aprile e il primo maggio.

Una settimana cruciale per i due colossi del Dragone che, proprio a partire dal 25 aprile, hanno annunciato – proprio in seguito “ai recenti cambiamenti di regole e tariffe commerciali globali” – degli “aggiustamenti di prezzo” per la clientela americana, ” giustificati dall’aumento delle spese operative. Una dinamica innescata dai dazi stellari del 145% applicati alla Cina, gli unici a non essere stati temporaneamente revocati nell’ambito dello stand-by di 90 giorni scattato poco dopo l’annuncio del nuovo regime.

A partire dal 2 maggio, inoltre, l’amministrazione Trump ha eliminato anche l’esenzione ‘de minimis’ negli Stati Uniti, escamotage particolarmente amato dai player della moda a basso costo perché consentiva l’ingresso di beni di valore inferiore a 800 dollari senza dazi. La misura, che finché era in vigore permetteva dunque alle piccole importazioni di entrare nei Paesi federati senza tariffe doganali o controlli approfonditi, era da tempo malvista dal presidente Trump tanto quanto cara agli gli e-tailer, che sui prodotti a basso costo hanno costruito il proprio business model.

I contraccolpi di questo nuovo panorama ostile nei confronti dei player della fascia low cost (ma non solo) non hanno mancato di ripercuotersi subito sulle performance finanziarie delle due società tra i consumatori statunitensi, la cui fiducia – riporta l’agenzia di stampa – è scesa al minimo storico degli ultimi cinque anni. L’inflazione al consumo, intanto, sarebbe già in atto e promette di continuare a crescere.

Bloomberg evidenzia come anche nella fascia della grande distribuzione il rischio di ulteriori aumenti di prezzo si faccia più concreto: se rivenditori a stelle e strisce come Walmart e Target non hanno ancora rivisto al rialzo i propri listini, svariati fornitori cinesi affermano che si rifiuteranno di assorbire il costo dei dazi, alimentando così l’ipotesi, al momento più quotata, che vede i prezzi più alti ripercuotersi sul consumatore finale.

A fronte di una supply chain al momento difficile da ripensare, i player si trovano di fronte a un bivio: scaricare gli aumenti di prezzo sulla propria clientela o vedere ridursi i propri margini.

Intanto, il prezzo medio dei 100 più venduti prodotti di bellezza di Shein è più che raddoppiato rispetto al 15 aprile mentre l’abbigliamento femminile è aumentato del 10 per cento. Ma i contraccolpi del nuovo regime su Shein vanno oltre i ritocchi ai prezzi: anche il progetto di Ipo sul London Stock Exchange si è nuovamente arenato, dopo un travagliato processo che sembrava aver portato al lasciapassare delle autorità britanniche. Con una quotazione di nuovo in stand-by e in attesa delle approvazioni normative, Shein studia l’impatto dei dazi e vede intanto affievolirsi la propria valutazione, che nel 2023 prometteva di arrivare a 90 miliardi di dollari (circa 80 miliardi di euro), valore sceso a 30 miliardi lo scorso febbraio.

Temu, invece, prevede ora di abbandonare il suo modello di successo incentrato sulle importazioni cinesi a basso costo e passare a un modello di “evasione degli ordini locale”, spiega Bloomberg: nell’ambito di questa strategia, l’azienda punterà a vendere solo prodotti provenienti da commercianti locali nel mercato statunitense per il prossimo futuro, un modo per eludere i dazi sulle importazioni. Il player, a partire dal 25 aprile, avrebbe già iniziato a mostrare più prodotti attinti da stock locali nel repertorio dei propri bestseller, i cui prezzi sono infatti rimasti stabili.

Parallelamente, secondo i dati dell’azienda di market intelligence Sensor Tower, entrambi i player hanno incrementato la propria spesa pubblicitaria in Europa durante il mese di aprile, in particolare in Francia e Regno Unito. Shein ha aumentato del 35% i propri investimenti pubblicitari nei due Paesi, mentre Temu ha registrato un incremento rispettivamente del 40% e del 20 per cento. Un cambio di rotta che segna un ulteriore allontanamento dagli Stati UNiti di Trump, in cui gli annunci pubblicitari sarebbero invece “drasticamente diminuiti”.

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Redazione Redazione Eventi e News