Dopo il flop di Anchorage ci si chiede se era una farsa fra Putin e Trump, ora la domanda è come finirà

Agosto 16, 2025 - 14:00
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Dopo il flop di Anchorage ci si chiede se era una farsa fra Putin e Trump, ora la domanda è come finirà

Ad Anchorage è stato un flop? Solo una messa in scena? Un incontro “voluto” per far vedere al mondo che loro inseguono (a parole) la pace?

I risultati? Nemmeno l’ombra: le armi continueranno a colpire, così i missili e i bombardamenti. Alla fine, chiacchiere e nulla più.

Vladimir Putin dice in breve:  “L’Europa non ostacoli la pace”,  ma a che cosa si riferisce? Donald Trump replica “Sono stati fatti  grandi progressi”.

Quali, di grazia? Il conflitto continua, di accordo non se ne parla, tutto rimane come prima. Allora, perché tanto clamore per una riunione che non ha prodotto niente? Forse, (anzi probabilmente) aveva ragione l’Economist, il settimanale inglese, che l’altro giorno aveva scritto che “il patto” era  stato siglato in silenzio dai due potenti della terra.

“Tutto cambi perché nulla cambi”, ricorda un vecchio e saggio proverbio. Però, diversi commentatori sono convinti che chi ne esce con le ossa rotte sia proprio il presidente americano. Quando era in campagna elettorale, prima di tornare alla Casa Bianca, aveva detto: “Con me alla guida degli Stati Uniti, la guerra finirà in un giorno”.

Appuntamento a Anchorage, che fu terra russa

Dopo il flop di Anchorage ci si chiede se era una farsa fra Putin e Trump, ora la domanda è come finirà, nella foto Putin e Trump con i giornalisti
Dopo il flop di Anchorage ci si chiede se era una farsa fra Putin e Trump, ora la domanda è come finirà – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

Poi, una continua marcia indietro, un si e un no che si rincorrono giorno dopo giorno finché non si prende la grande decisione. L’appuntamento è in Alaska, che fu terra russa, più vicino al Cremlino che a Washington. Poco importa, l’essenziale  è raggiungere la pace che tutto il mondo vuole.

A ben pensare, le premesse erano state positive: non solo per aver deciso di parlarsi  vis a vis, ma per il cerimoniale preparato a puntino.

L’aereo in cui viaggia Putin arriva scortato da velivoli americani; quando scende dalla scaletta del velivolo di Stato alcuni inservienti inginocchiati stendono un tappeto rosso su cui Trump e Putin camminano dopo essersi stretti a lungo la mano com conseguenti pacche sulle spalle.

Poi, in finale, la ciliegina sulla torta: niente macchine presidenziali separate, ma un’unica vettura su cui sedersi per raggiungere la sede dei colloqui. La macchina è di Trump, si chiama “la Bestia”. Un presagio?

Tre ore di inutile colloquio

Tre ore o più di colloqui con previsioni che hanno tutte il carattere dell’ottimismo, Se fosse vero il contrario, il dibattito sarebbe durato lo spazio di un mattino, anche meno. Si attende con trepidazione la conferenza stampa che è una vera e propria doccia fredda.

Niente accordo, niente fine del conflitto, la guerra continua, morte e terrore ancora a farla da padroni. “Parlerò con la Nato e con Zelensky”, si limita a spiegare Trump. Per confidargli cosa? Che la Russia non rinuncerà mai ai territori già occupati in questi tre anni?

Il Donbass e la Crimea sono ora del Cremlino, indietro non si torna. Ironicamente Vladimir aggiunge: “La prossima volta, incontrerò il mio amico Donald a Mosca”. Come a voler significare: i padroni di casa saremo noi. Se si aggiunge che un ministro di Putin si è presentato ad Anchorage con una maglietta in cui campeggiava la scritta URSS, il quadro è completo.  Ad una giornalista che un po’ distante chiedeva al leader russo se aveva intenzione di uccidere ancora i civili, il capo del Cremlino ha risposto con un gesto che voleva dire: “Non sento niente, c’è troppo rumore”.

Zakharova, la bella e onnipotente portavoce del dicastero degli Esteri è stata più eloquente: “Ma la stampa estera, principalmente quella europea, non era convinta che la Russia era sempre più isolata”?

Adesso i verbi si coniugano tutti al futuro: vedremo, ne parleremo ancora, dovremo approfondire i problemi: insomma, il politichese, un linguaggio che la nostra gente ha mandato da tempo a memoria.

Per fortuna, una tregua c’è stata nel giorno di Ferragosto: tutti in silenzio onorevoli e parlamentari: la Meloni con la figlia, Taiani dal Papa, Salvini a Rebibbia, Per carità, non ci confondiamo: è andato a  trovare  (polemicamente si intende) l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno in carcere da mesi, mentre tanti mascalzoni se la spassano da liberi.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia