Il futuro delle democrazie liberali passa dalla difesa di principi irrinunciabili e condivisi

L’innovazione politico-culturale per una società aperta a prova di futuro parte da una difesa di tradizioni valoriali, non in senso identitario-revanscista, ma di recupero di principi non negoziabili, attraverso i quali promuovere la difesa di un mondo culturale ormai annacquato, evitando il folklore messianico.
Può sembrare controintuitivo, ma porre l’accento sulla difesa di una libertà da declinare in modalità e forme diverse – così come su stato di diritto, giustizia e confini non violabili da attacchi e leggi della forza – potrebbe creare una saldatura valoriale in grado di trasmettere nuova linfa a un rinnovato liberalismo finalmente di massa, trasversale, genuinamente interclassista, autenticamente includente.
In caso contrario, il rischio è quello di vedere governanti e rappresentanti dei cittadini approfittare dell’imperante liquidità confusionale, offrendo modelli di società distorti e scarsamente efficaci, con enfatica aggressività priva di portato reale.
Vivacchiare, insomma, pure nell’immobilismo di esecutivi che apparentemente sembrano stabili, ma che in realtà non aiutano a risolvere i problemi delle persone. La questione abbraccia anche il campo della tensione ideale tra la solitudine di questo mondo e il senso di riscoprire la bellezza delle relazioni autentiche, nella comunanza di pilastri che, per quanto numericamente limitati, esistono, non potendo essere scalfiti.
Nel momento in cui il liberalismo pretende di esistere senza più nessun principio profondo da proteggere, diviene un agglomerato incomprensibile di norme astratte e codici morali che apre la strada ai tentativi degli aspiranti sovrani di imporsi col sopruso.
Il liberalismo ha infatti sempre funzionato in maniera ottimale quando ha svolto compiti e ruoli di difesa: limitazioni poste all’eventuale strapotere del regnante in favore delle popolazioni coinvolte, permettendo a ciascuno di vivere e sopravvivere nel mantenimento delle proprie tradizioni.
Le democrazie liberali hanno dunque un problema che è prima di tutto di mancata difesa, e il liberalismo senza valori da tutelare si tramuta in cedevolezza, la quale genera vulnerabilità. Prevale oggi un’incapacità di concepire la politica in termini di sistemi e azioni, limitandosi a cavalcare frenetiche policy modaiole del momento e a pronunciare giudizi morali.
Contrastare i sovranisti identitari sul loro stesso terreno si può, recuperando un’idea di società che sappia individuare al meglio anche i propri oppositori. Questi sono ad esempio coloro i quali pensano che Stato di diritto, società aperta e democrazia liberale non rappresentano un patrimonio da salvaguardare, ma l’ostacolo da accantonare, al fine di alimentare appieno la politica di potenza degli Stati con bizzarri disegni egemonici. Che è poi l’aspirazione ultima degli stessi che, come stadio conclusivo, puntano a propinare il passaggio dal rule of law al rule of power, contro qualsiasi principio di pesi e contrappesi, ribaltando la stessa storia culturale occidentale.
Porre delle stelle polari valoriali non significa poi indottrinare, tutt’altro: la dinamica può anzi favorire l’incontro autonomo con ciò che di più grande è stato pensato e creato nel passato, nella contezza di dover camminare sulle spalle dei giganti, con ciò promuovendo lo sviluppo del senso critico e la capacità di scegliere i propri strumenti, al fine di comprendere la realtà e prendere le scelte più decisive. Le democrazie liberali oggi fanno fatica nel loro funzionamento anche perché hanno sempre meno da difendere, o non hanno chiaro cosa difendere, con un indebolimento progressivo che continua a prosperare lì dove (e finché) non c’è saldatura su valori da tutelare.
Questi devono costituire il caposaldo da autentica linea della fermezza, superando pure il limite del benessere dato per scontato, oggi decodificato come non barattabile, sacrificabile davanti a questioni di ben più alta portata. La sfida è sviluppare una visione tale da tenere insieme passato e futuro senza sottovalutare le politiche concrete prioritarie, da mettere al centro della propria agenda di azione e offerta politica, non perdendo comunque di vista il fatto che i cittadini, pur nelle battaglie ideali, pensano e si concentrano prima di tutto verso le proprie esistenze quotidiane. Tenere insieme il valore primo col problema più prossimo: qui si gioca il domani della contemporaneità liberale e occidentale.
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