L’impatto dell’AI generativa sulla produttività (e no, migliorare la velocità dei task non è tutto)

L’ANALISI
L’impatto dell’AI generativa sulla produttività (e no, migliorare la velocità dei task non è tutto)
Pensare che l’AI generativa aumenti la produttività solo perché rende più veloce l’esecuzione dei singoli task è un errore che può costare caro. Secondo Gartner il guadagno di tempo può essere ridotto – se non anche annullato – dall’aumento di altre attività a basso valore aggiunto o da colli di bottiglia nei processi a valle di quello migliorato. La vera sfida sta quindi nel comprendere come convertire l’efficienza in valore reale per l’azienda. La soluzione suggerita? Puntare solo sui ruoli dove l’impatto è massimo: ecco quali sono.

Il dibattito sull’intelligenza artificiale generativa è quasi sempre associato al concetto di produttività. Molti di noi sono portati a pensare che l’adozione di questi strumenti si traduca alla fine in una maggiore velocità di esecuzione dei compiti, ottenendo così importanti risparmi di tempo e risorse. Non è così secondo Nate Suda, Senior Director Analyst di Gartner, che sostiene come quando si parla di AI e soprattutto di produttività la realtà sia decisamente più complessa: e solo se si riesce a comprendere realmente le diverse “sfumature” di questa complessità si potrà effettivamente trasformare gli investimenti in AI in un reale vantaggio competitivo, anziché cadere in quella che Suda definisce la “trappola della produttività”.
Considerare la produttività in termini sistemici
Il primo ostacolo da considerare è il fenomeno delle perdite o “dispersioni” (in Inglese leakage) di produttività. Potremmo pensare che completare un’attività in meno tempo grazie alla GenAI si traduca in un guadagno netto. In realtà non sempre il tempo risparmiato si converte automaticamente in un aumento della produzione complessiva. Il Risparmio di tempo per i task lascia intravedere la possibilità di gestire più attività nello stesso tempo. Ma questo aumento del numero delle attività da gestire comporta anche la crescita di task a basso valore, come ad esempio le attività di coordinamento, le riunioni, i carichi gestionali e altre “attività invisibili” della settimana lavorativa, erodendo di fatto il guadagno di tempo.
A complicare le cose interviene poi la teoria dei vincoli. Molti casi d’uso della GenAI si concentrano sull’ottimizzazione di un singolo task all’interno di un processo più ampio. Se questo processo presenta già un collo di bottiglia a valle, accelerare le fasi precedenti non farà che aumentare la pressione su quel punto critico. La teoria dei vincoli insegna che sovraccaricare un collo di bottiglia non solo non aumenta l’output finale, ma rende il sistema più fragile, aumentando il rischio di errori e rilavorazioni. L’efficienza guadagnata in un punto si disperde quindi nell’inefficienza del sistema.
Dalla produttività al valore: una conversione non automatica
C’è poi un altro equivoco da sfatare: confondere l’aumento di produttività con la creazione di valore. Come sottolinea Suda, si tratta di due concetti molto diversi. La produttività è un beneficio, ma un potenziale. Il valore per un’organizzazione si manifesta concretamente in due modi: riduzione dei costi o crescita delle capacità e dei ricavi. Il beneficio della produttività deve essere attivamente “raccolto” e convertito in una di queste due forme di valore.
Perché ciò avvenga serve una pianificazione strategica che preceda l’implementazione tecnologica. L’azienda deve chiedersi: dove posso impiegare la capacità lavorativa aggiuntiva generata dall’AI? Se un’azienda non ha posizioni aperte per ogni ruolo, significa che non ha una domanda infinita per ogni tipo di competenza. Fornire a tutti i dipendenti un “assistente” AI che ne aumenti la produttività individuale potrebbe non generare alcun valore se non esiste un piano per utilizzare quella maggiore capacità in aree che possono portare a una riduzione dei costi o a un’espansione del business. Il vero vincolo è la strategia di “raccolta” del valore non la tecnologia.
Le quattro dimensioni della produttività secondo Gartner
L’analisi di Gartner ci spinge quindi ad andare oltre una visione monodimensionale della produttività, quella legata solo alla velocità. Esistono almeno quattro modi per interpretarla e migliorarla attraverso la GenAI.
Il primo è, ovviamente, la velocità di esecuzione dei compiti.
Il secondo riguarda l’importanza e la prioritizzazione: gli strumenti di AI possono aiutare i lavoratori a concentrarsi sulle attività a più alto valore, aumentando l’impatto del loro lavoro a parità di tempo.
Una terza dimensione è l’allineamento del processo. Anziché intervenire sui singoli compiti, si può agire sulla frizione che si crea nel passaggio tra di essi. Migliorare il flusso di lavoro e l’integrazione tra le diverse fasi di un processo aumenta la produttività dell’intero sistema, anche senza modificare la velocità di esecuzione dei singoli task.
La quarta e ultima dimensione, infine, è quella dell’efficacia e dell’impatto. In alcuni casi, la GenAI può portare a un aumento della produttività non riducendo il tempo di lavoro, ma aumentandolo. Un input maggiore, guidato dalla tecnologia, può generare un output di qualità o valore talmente superiore da giustificare l’investimento di tempo aggiuntivo, portando a un bilancio di produttività (output diviso input) nettamente positivo.
A chi serve davvero la GenAI? Una mappa per gli investimenti
Forse l’aspetto più sorprendente che emerge dalla ricerca di Gartner è questo: i benefici della GenAI non si distribuiscono in modo uniforme tra tutti i lavoratori.
L’impatto varia in base a due fattori principali: l’esperienza di carriera del singolo individuo e la complessità della funzione aziendale in cui opera. Contrariamente alle aspettative, i maggiori incrementi di produttività non si registrano in modo omogeneo.
Si delineano due zone di massimo impatto. La prima riguarda i lavoratori con bassa o nessuna esperienza che operano in funzioni a bassa complessità (ad esempio, un call center). Per loro la GenAI agisce come un potente acceleratore di competenze, portando a significativi guadagni di efficienza. La seconda zona si trova all’estremo opposto: individui con grande esperienza che lavorano in funzioni ad alta complessità (come la finanza aziendale o la ricerca e sviluppo). In questo caso, la tecnologia funge da amplificatore di expertise, consentendo di esplorare scenari e analizzare dati con una profondità prima irraggiungibile.
Cosa ci dice questa mappatura? Che un’implementazione “a pioggia” della GenAI rischia di essere uno spreco di risorse con risultati deludenti: la strategia di adozione deve essere mirata, concentrando gli investimenti dove il ritorno in termini di produttività è più elevato e, soprattutto, dove esiste un piano chiaro per convertire quel guadagno in valore tangibile per l’organizzazione.
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