“Che caldo che fa!”: le città italiane sotto assedio climatico

Le città italiane sono sempre più esposte agli effetti estremi del cambiamento climatico, e il bilancio finale della campagna “Che Caldo Che Fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”, promossa da Legambiente, lo documenta. Le ondate di calore, sempre più intense e frequenti, non risparmiano alcun quartiere, trasformando l’emergenza ambientale in una crisi urbana e sociale. Attraverso 171 termografie effettuate tra fine giugno e il 27 luglio in dieci quartieri di Roma, Napoli, Bologna, Milano e Palermo, l’associazione ambientalista ha registrato una temperatura ambientale media di 35,4°C. A Napoli, nel quartiere Secondigliano, si è toccata la punta di 43°C, mentre il valore minimo è stato registrato a Bologna, nel quartiere Murri, con 29,5°C.
Ma sono i dati relativi alle superfici monitorate a restituire la misura reale del disagio urbano. Su 509 superfici, tra asfalto, cemento, pavimentazioni varie, veicoli e tappetini antiurto nei parchi giochi, la temperatura media rilevata è stata di 45,6°C. Ancora più allarmante il dato sui picchi massimi, che si attestano in media sui 75,5°C, con valori che vanno dai 63,7°C a Bologna (quartiere Barca, su mattonatura esposta al sole) agli 85,4°C a Milano, nel quartiere Argonne, dove il rilevamento è stato effettuato su un tappetino in gomma all’interno di un parco giochi.
«Le elevate temperature che possono raggiungere le superfici influiscono sulla temperatura dell’ambiente circostante, su quella percepita dalle persone e sulle notti tropicali. Serve una governance climatica efficace, integrata e inclusiva, più infrastrutture verdi e blu, ma occorre anche ripensare la tipologia di materiali utilizzati negli spazi pubblici e creare più ‘rifugi climatici’, come si sta facendo in diversi territori», afferma Legambiente. Ed è proprio in questa direzione che oggi, alle 18.30, a Rispescia (GR), in località ENAOLI, durante la giornata di apertura della 37esima edizione di Festambiente, verranno inaugurati i primi due rifugi climatici attrezzati della provincia di Grosseto, realizzati all’interno di un festival nazionale.
Il fenomeno della cooling poverty, ovvero la difficoltà di raffrescarsi adeguatamente durante i mesi estivi, sta emergendo come una nuova dimensione della povertà energetica.
«La povertà di raffrescamento – commenta Mariateresa Imparato, responsabile giustizia climatica di Legambiente – rappresenta la nuova disuguaglianza urbana, un tema e un problema che va affrontato al più presto mettendo in campo interventi non più rimandabili partendo dai quartieri con una maggiore fragilità socioeconomica. Oggi diverse città europee stanno già dando l’esempio, l’Italia ha iniziato una lenta rivoluzione urbana ma deve accelerare il passo».
Le differenze rilevate dal monitoraggio tra superfici esposte al sole e superfici ombreggiate parlano chiaro: i tappeti antiurto dei parchi giochi passano da una media di 70,9°C se al sole a 35°C se in ombra, l’asfalto da 55,2°C a 31,2°C, le auto parcheggiate da 68,2°C a 37,5°C. Le pavimentazioni in materiali alternativi all’asfalto, come marmo o sanpietrini, mostrano una differenza di temperatura di oltre 20°C tra condizioni assolate e ombreggiate, mentre il terreno naturale si attesta su una variazione media di 18,7°C.
Nel frattempo, anche i dati del Ministero della Salute, rielaborati da Legambiente, confermano un’estate da bollino rosso. Da fine maggio a luglio 2025 sono stati emessi ben 203 bollettini di allerta livello 3 per caldo torrido in 24 delle 27 città monitorate, un dato in netto aumento rispetto all’estate 2024, quando i bollettini erano stati 153 in 23 città.
Le analisi hanno coinvolto quartieri con caratteristiche edilizie, composizioni sociali e dotazioni infrastrutturali molto diverse, ma tutti ugualmente esposti al fenomeno delle isole di calore urbane. Tuttavia, le differenze nella presenza di alberature, ombreggiature e spazi verdi rendono evidente come alcune aree siano in grado di offrire maggiori opportunità di riparo e mitigazione rispetto ad altre.
«Con il bilancio della nostra campagna Che Caldo Che Fa! – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della povertà di raffrescamento portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere/piantare alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore».
Nel corso della serata a Festambiente si parlerà anche delle proposte concrete che Legambiente rilancia per città più giuste e vivibili: piani locali di adattamento climatico integrati nei regolamenti edilizi e urbanistici, uso di materiali che rendano il suolo più permeabile e meno soggetto all’accumulo di calore, creazione diffusa di rifugi climatici nei quartieri, e un approccio intersezionale che consideri insieme dati climatici, carenza di servizi e fragilità sociali. Un metodo che consenta di individuare le aree urbane più vulnerabili e avviare da lì interventi mirati.
«La campagna “Che Caldo Che Fa!” ha messo in risalto una nuova e rilevante dimensione della povertà energetica ancora poco conosciuta, la cooling poverty, su cui la Fondazione sta lavorando da tempo – dichiara Silvia Pedrotti, responsabile Banco dell'Energia – Come Banco dell’Energia, abbiamo sostenuto con convinzione Legambiente anche in questa iniziativa che si inserisce in un percorso ampio di contrasto al fenomeno, con l'obiettivo di promuovere il concetto di “giustizia energetica”, un aspetto centrale della nostra mission».
Il caldo, insomma, non è solo una questione meteorologica, ma un nodo critico per la giustizia climatica, l’equità sociale e la vivibilità delle città italiane. La fotografia scattata da Legambiente è nitida, ed è tempo di intervenire con urgenza.
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