Anche i dipendenti pubblici possono aprire una Partita IVA

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Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza 5854/2025) introduce un cambiamento significativo per il pubblico impiego: anche i dipendenti pubblici possono aprire una Partita IVA, scopriamo in quali casi è possibile e cosa hanno deciso i giudici.
Il caso che ha portato a questa svolta nasce da una vicenda apparentemente marginale ma destinata ad avere conseguenze generali. Protagonista, un maresciallo della Guardia di Finanza che, parallelamente al servizio militare, gestiva un piccolo appezzamento con ulivi.
La controversia
Per adempiere agli obblighi previsti dalla normativa agricola e poter conferire le olive al frantoio, il sottufficiale aveva aperto una partita IVA già nel 2008. La produzione non aveva alcuna finalità commerciale: l’olio ottenuto veniva destinato esclusivamente al consumo domestico.
Nonostante la natura familiare dell’attività, il militare fu sottoposto a procedimento disciplinare e sanzionato con quattro giorni di consegna. Il provvedimento si fondava su una circolare interna della Guardia di Finanza, emanata nel 2005, che considerava incompatibile per i membri del Corpo qualsiasi attività svolta tramite partita IVA, comprese quelle agricole.
Il maresciallo si oppose, ricorrendo prima al Tar del Lazio. I giudici amministrativi accolsero le sue ragioni, evidenziando l’assenza di un divieto legislativo espresso. Il Ministero dell’Economia e il Comando generale della Guardia di Finanza decisero però di impugnare la sentenza, sostenendo che la possibilità di mantenere una partita IVA fosse contraria al principio di esclusività che caratterizza il rapporto di pubblico impiego.
La vicenda è quindi approdata al Consiglio di Stato.
Anche i dipendenti pubblici possono aprire una Partita IVA
L’appello delle amministrazioni risulta irricevibile per tardività, ma i giudici hanno colto l’occasione per ribadire un punto fondamentale: la normativa italiana vieta ai dipendenti pubblici l’esercizio di attività industriali o commerciali, ma non impedisce lo svolgimento di coltivazioni non professionali. In altre parole, chi lavora nella Pubblica Amministrazione può dedicarsi alla cura di un terreno agricolo, anche se ciò comporta l’apertura di una partita IVA per adempiere a formalità fiscali e contributive.
Secondo i magistrati, il divieto sancito dalla circolare della Guardia di Finanza non ha valore vincolante, poiché una disposizione interna non può creare limiti che la legge non prevede. Imporre il divieto di coltivare la propria terra equivarrebbe, hanno osservato, a restringere il diritto di proprietà garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La decisione mette in evidenza anche un paradosso: un dipendente pubblico può legittimamente trarre reddito da immobili come appartamenti o ville messi in affitto, ma, in base alla vecchia interpretazione, non avrebbe potuto raccogliere olive sul proprio terreno.
Con questa pronuncia, il Consiglio di Stato ha sancito che l’attività agricola a carattere personale, se non svolta in modo imprenditoriale, non costituisce una violazione del principio di esclusività del rapporto di lavoro pubblico. Anzi, l’apertura di partita IVA necessaria per adempiere agli obblighi fiscali e per ottenere eventuali aiuti europei deve considerarsi pienamente compatibile con la posizione di un dipendente statale o militare.
Il testo della Sentenza
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