«Il Risorto è la Vita che ci offre la vita»



Se la celebrazione, che aveva riunito circa 700 ragazzi della Diocesi nella basilica di Santa Anastasia in mattinata, aveva già colorato di gioia l’inizio di un giorno cruciale e molto particolare del Giubileo dei giovani – quello dedicato al Sacramento della Riconciliazione -, la fine della giornata diviene un trionfo di luce, non solo solare, fatta di riflessione e di comprensione sull’ importanza cristiana del passaggio della Porta santa. Non un gesto solo simbolico per oltrepassare una soglia, ma un attraversamento capace di trasformare luoghi, esperienze, tante sofferenze della vita in una conversione del cuore.
Presso la Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, si affollano molte migliaia di ragazzi – 4200 solo gli ambrosiani – delle 10 diocesi lombarde che, all’ingresso sotto lo storico porticato, vengono a lungo accolti dagli altrettanti Vescovi della nostra Regione ecclesiastica prima del passaggio, appunto, della Porta santa e dell’intensa Veglia di preghiera promossa, con il titolo “Ultimo tra tutti apparve anche a me” (un’espressione tratta dalla I Lettera paolina ai Corinzi), in collaborazione con Odielle, Oratori delle Diocesi Lombarde.
Un incontro tra giovani e Pastori atteso che si articola in tanti momenti suggestivi, tra canti, preghiera, ascolto della Parola con stralci delle Epistole paoline e testimonianze. Le molte che si alternano dopo la testimonianza di 3 ragazze provenienti da Betlemme che parlano della tragedia della guerra e il saluto iniziale del cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como. «Siamo contenti di essere qui con voi e di essere in questa basilica. Si parla tanto di chiese vuote, ma stasera vediamo una chiesa strapiena. Usciamo con un cuore trasformato e missionario», dice il Cardinale a nome di tutti i Vescovi presenti.
Parole a cui fa eco monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e delegato Cel per la Pastorale giovanile che, nella sua introduzione, spiega. «Siamo in questa basilica che accoglie il corpo di San Paolo, siamo venuti qui e abbiamo lasciato le nostre abitudini e le nostre case, per fare qualcosa di bello e di importante, un’esperienza che cambia la vita e che ci resterà dentro sempre, un’esperienza che suscita in noi la speranza. La ragione della speranza coincide con il luogo in cui siamo: non ci troviamo qui casualmente come turisti, ma perché abbiamo voluto essere insieme. Chi cambia il proprio cuore diventa protagonista di un servizio e di un’accoglienza capace di una comunione più profonda».
“Il Pellegrinaggio”
Per la prima parte della Veglia, dedicata al “Pellegrinaggio”, Luca e Giorgia, fidanzati dal 2020, missionari in Perú, sposi il prossimo 4 ottobre, raccontano. «Oggi abbiamo la consapevolezza che il matrimonio cristiano sia una scelta libera e noi l’abbiamo fatta. Anche se ci siamo un po’ buttati, alla fine ci siamo fidati l’uno dell’altra ed entrambi di Dio. L’amore che continuiamo a sentire è l’amore immenso di Dio. Non siamo perfetti, abbiamo alti e bassi, ma sappiamo che Dio ci ha scelti e ci chiama così».
A monsignor Gianmarco Busca, vescovo di Mantova, è affidato il primo intervento. «Si può scegliere di essere dei girovaghi senza meta o dei pellegrini. La questione non è essere bravi o aspirare alle cose più difficili. Dobbiamo avere paura solo di noi stessi, non di quello che di solito ci inquieta, come i nostri complessi e difetti, ma del cuore duro. Il vero male sta nel perdere Cristo per restare nella spazzatura. Anche tu puoi correre insieme a tutti questi giovani lombardi: correre dietro a Gesù risorto è tanta roba». Il riferimento è al terzo capitolo della Lettera ai Filippesi appena proclamato.
Poi, l’interessante momento della condivisione a due a due in cui i ragazzi vengono invitati a confrontarsi con il vicino sulle scelte e i sogni che li attendono.
“La Riconciliazione”
Da un monologo su Piergiorgio Frassati, affidato all’attore Christian Di Domenico, si passa alla sezione sulla “Riconciliazione” con la testimonianza dell’esperienza di Giorgia – a cui era stata comunicata la prossima morte del padre -, sospesa tra disperazione, rinascita e perdono, dopo tante chiusure in se stessa e, finalmente, l’apertura del cuore al Signore e agli altri.
Monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, osserva. «Il perdono, persino la sorpresa e la meraviglia, vengono da Dio. La natura è meravigliosa, ma non perdona e così anche la società, ma il perdono continuamente ci sorprende e ci scandalizza. Eppure, mai come oggi, l’umanità ha bisogno di perdono. Dio sa che solo uomini e donne liberi e perdonati possono portare al mondo la libertà».
Ancora una volta i giovani si confrontano tra loro su quali conflitti hanno dentro di loro e come affrontarli, prima di un secondo monologo su Frassati.
Si arriva, così, al momento della Professione di Fede, con frasi di Vangeli letti ad alta voce, mentre sulla basilica scende il buio e il Santissimo viene portato sull’altare per l’Adorazione.
Tante, infine, le fiammelle che con un colpo d’occhio magnifico, si avvicinano all’altare, prima dell’intervento finale dell’Arcivescovo.
L’intervento dell’Arcivescovo
«Forse alcuni pensano che la risurrezione di Gesù sia un lieto fine consolatorio che rassicura i bambini spaventati dalle minacce dei mostri che abitano gli incubi di un mondo pieno di insidie.
Forse qualcuno si immagina che la risurrezione di Gesù sia uno di quei dogmi indiscutibili e improbabili che si devono imparare al catechismo.
Forse qualcuno si immagina che la risurrezione di Gesù e, in genere, la risurrezione sia una ipotesi astrusa che è smentita dalla scienza, l’unico sapere che una persona del secolo XXI può prendere sul serio, per quanto anche la scienza in questo secolo sia piuttosto confusa.
Forse qualcuno si immagina che la risurrezione di Gesù e, in genere, la risurrezione, sia una invenzione dei preti per convincere i poveri alla rassegnazione con l’argomento che bisogna adattarsi a soffrire per guadagnarsi la vita eterna in paradiso. Sia uno dei modi di guardare al futuro delle persone semplici, mentre le persone intelligenti preferiscono essere agnostiche e ritengono che la disperazione sia un modo più serio di intendere la vita, il presente e il futuro. Chissà come si può parlare della risurrezione di Gesù in classe con gli altri che ti compatiscono? Quello che abbiamo ascoltato stasera dice invece che, nella comunità dei disperati, degli smarriti, degli scoraggiati, dei rassegnati, nella casa dalle porte chiuse, si presenta Gesù risorto, con le sue ferite e la sua gloria. Gesù risorto non è un’ipotesi, ma la presenza che mi chiama, mi salva, mi offre la sua amicizia.
I discepoli increduli hanno dovuto ricredersi: non per una dimostrazione, ma per l’incontro con Gesù».
Da qui la consegna per i giovani lombardi che, come «pellegrini di speranza, si radunano nella basilica di San Paolo, portando un’inquietudine che cerca pace; come una comunità che si lascia sorprendere, come una tenebra che non sa della luce. E Gesù, il risorto, con le sue ferite scritte nella sua carne gloriosa, si offre, qui, all’incontro. È l’amico che offre amicizia, è il Signore che offre speranza, è la Vita che offre la vita. Stasera dobbiamo metterci davanti al Signore per invocare che visiti le nostre comunità come ha visitato il gruppo degli apostoli increduli, perché le nostre comunità siano luogo della speranza».
Infine, quasi in un dialogo intimo che si fa voce alta attraversando la basilica, il vescovo Mario si rivolge al Signore. «Qualunque strada tu possa prendere, entra nella mia casa, vieni a incontrarmi, non permettere che questo Giubileo sia inutile perché lo sarà se non ti incontrato. Fa’ che sia una grazia per me e per noi».
Qual è la tua reazione?






