India. L’acqua come arma: la nuova linea rossa con il Pakistan

di Giuseppe Gagliano –
Nel cuore del Subcontinente asiatico, dove il confine è più una cicatrice che una linea, l’acqua rischia di diventare l’innesco del prossimo conflitto. L’India, secondo un’inchiesta Reuters, starebbe lavorando a un piano per ridurre drasticamente il flusso delle acque del fiume Chenab verso il Pakistan, come ritorsione per l’attacco del 22 aprile in Kashmir, attribuito a gruppi legati a Islamabad. Un gesto che scuote uno dei pilastri più duraturi delle relazioni indo-pakistane: il Trattato dell’Indo del 1960, ora sospeso unilateralmente da Nuova Delhi.
La mossa non è solo simbolica. Il governo Modi avrebbe ordinato l’espansione del canale Ranbir, un’opera coloniale, per deviare fino a 150 metri cubi al secondo, contro i 40 attuali. E mentre i ministeri competenti tacciono, emerge un messaggio politico inequivocabile: l’acqua non sarà più solo una risorsa, ma una leva geopolitica.
La scelta di Modi si inserisce in una strategia più ampia. L’acqua, da sempre fonte di vita, diventa strumento di pressione diplomatica, capace di piegare le ginocchia di un vicino fragile. Il Pakistan, che dipende per l’80% dalla rete idrica dell’Indo per agricoltura ed energia, ha reagito parlando apertamente di “atto di guerra” e prepara ricorsi presso la Banca Mondiale e la Corte dell’Aia.
Ma le implicazioni vanno oltre il dualismo India-Pakistan. David Michel, esperto del CSIS, avverte: se Nuova Delhi apre questa strada, nulla impedirà alla Cina, che controlla le sorgenti tibetane dell’Indo e del Brahmaputra, di usare lo stesso strumento contro l’India. In un’Asia già infiammata da rivalità territoriali, militarizzazione delle frontiere e competizione strategica, l’elemento più primordiale, l’acqua, rischia di diventare il detonatore di un conflitto asimmetrico e devastante.
Nell’era del cambiamento climatico, l’uso coercitivo delle risorse idriche rischia di segnare una nuova fase nei conflitti del XXI secolo. La retorica di Modi (“acqua e sangue non possono scorrere insieme”) non è solo un avvertimento al Pakistan. È un test per la comunità internazionale, chiamata a decidere se il diritto alle risorse vitali possa essere trasformato in arma strategica.
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