Memoria, responsabilità, presenza per la pace di oggi
1. Dall’ingenuità al realismo
Nella mia ingenuità ero convinto che fosse naturale fare il bene ed evitare il male. Ero convinto che la pace fosse un bene desiderabile e la guerra un’assurdità da evitare. Ero convinto che fosse spontaneo aiutare chi soffre a trovare sollievo o almeno incoraggiarlo a sperare. Ero convinto che la legge fosse da rispettare e la trasgressione da sanzionare.
Ma la storia smentisce la mia ingenuità. Ci sono persone che dicono che la guerra sia meglio della pace, il male meglio del bene, la crudeltà più divertente della cura, la vendetta più giusta del perdono.
2. Le radici dell’assurdo
Il cuore e la mente degli umani sono enigmi insolubili. Dove sono le radici dell’odio? Come si può comprendere la crudeltà? Quali forme di contagio avvelenano gli animi di un popolo fino a indurlo all’assurdo?
Il cuore umano e la convivenza umana hanno aspetti incomprensibili. La lettera di Giacomo (Gc 4,1-12) si pone la questione e propone la risposta:
«Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni».
3. La radice dell’assurdo produce il frutto avvelenato
«Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge. E se tu giudichi la Legge, non sei uno che osserva la Legge, ma uno che la giudica. Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo?».
Si comincia con le parole. Parole cancellate. Si aggirano nell’aria parole apolidi, parole di nessuno, parole smarrite, parole cacciate via da tutte le parti, parole che sono coperti dal rumore delle parole gridate, dei sentimenti violenti. Una volta erano ospitate nei vocabolari. I Social si rifiutano di ospitarle. Per esempio “buon senso”: nessuno sa più dove sia. “Responsabilità”: non si sa che cosa voglia dire. “Verità”: è andata persa in qualche discarica.
Parole avvelenate. Come le erbacce nei campi soffocano i germogli promettenti, così le parole avvelenate contagiano l’animo delle persone e di popoli interi. La guerra comincia sempre con la menzogna: quella terra è nostra; quel popolo è nemico; quella religione è una minaccia; quella gente ha fatto violenza alla nostra gente.
4. La responsabilità della vigilanza
Dunque, gli amici del bene, della giustizia, della pace hanno la responsabilità della vigilanza. Responsabilità significa che si deve rispondere a qualcuno di quello che si fa. A chi? Alla propria coscienza. Alla comunità, locale e internazionale. Alle generazioni future. A Dio.
Di che cosa dobbiamo rispondere? Cominciamo con le parole: vigilare perché le parole non siano contagiate dal veleno. Per esempio: si dice giustizia, ma si intende vendetta; si dice memoria, ma si intende risentimento; si dice nazione, ma si intende egoismo nazionale. Sulle parole abbiamo tutti una responsabilità concreta.
Solidarietà con le vittime. Di fronte all’ingiustizia, all’ingiusta aggressione, all’esplosione dell’odio che genera disastri, la nostra impotenza non può giustificare l’indifferenza. Coloro che subiscono violenza invocano aiuto e giustizia. Tutti. Anche quando le parti si invertono (cfr. ebrei perseguitati e tedeschi persecutori). Questa solidarietà è nelle nostre possibilità, è dunque una responsabilità concreta.
Invochiamo le istituzioni superiori. Nel discredito sugli organismi internazionali si insinua il contenzioso insolubile. Se non si riconosce un punto di riferimento condiviso al quale si conferisce un potere reale, la comunità internazionale è impotente e gli egoismi nazionali, la coltivazione del risentimento e il desiderio di vendetta si traducono nella desolazione e nell’assurdità dei genocidi, come anche delle guerre. Abbiamo la responsabilità almeno dell’auspicio.
Qual è la tua reazione?






