Nel Cantabrico dove nasce la regina delle acciughe che conquista l’Italia

Agosto 3, 2025 - 18:30
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Nel Cantabrico dove nasce la regina delle acciughe che conquista l’Italia

Milano, 3 ago. (askanews) – La sirena, a metà mattina, annuncia l’arrivo delle navi nel porto di Santoña. Ma i gabbiani hanno anticipato già la notizia. Volteggiano sulle acque scure del mar del Cantabrico fiutando l’arrivo del carico di acciughe, mentre la macchina operativa si mette in moto. Di lì a poco, i pescatori scaricano sulla banchina le cassette di plastica con un campione del pescato che verrà battuto all’asta. La sirena risuona una seconda volta nel porto: gli astatori hanno definito calibro e prezzo, la vendita può partire. La rapidità con cui si svolgono le operazioni in questa fase ricorda i quiz televisivi: rilanci serrati in un’asta al ribasso per aggiudicarsi, a un prezzo equo, le cassette migliori.

Le acciughe del Cantabrico, da qualche anno, hanno conquistato tavole di gourmet e ristoratori e la richiesta è in crescita costante. Anche in Italia sono, ormai, un prodotto apprezzato dall’aperitivo ai menù stellati, e non più come ingrediente di tante ricette tradizionali ma proprio come piatto di portata. Solo lo scorso anno da noi i consumi sono cresciuti del 19,2%, una tendenza proseguita anche nei primi sei mesi del 2025, quando ne sono state vendute oltre 157 tonnellate.

Per far conoscere origini e caratteristiche di questa prelibatezza del mare, ci ha aperto le porte del suo stabilimento Consorcio, azienda spagnola fondata nel 1950 dall’italiano Giacomo Croce proprio a Santoña, avamposto su quel tratto dell’Oceano Atlantico che bagna la costa settentrionale spagnola dove l’acciuga, da sempre considerata pesce povero, ha trovato il suo riscatto. In Italia Consorcio è presente da molti anni sugli scaffali dei supermercati con le sue scatole di tonno rosse con la fascia blu. Ma dallo scorso anno l’azienda ha iniziato a gestire direttamente le proprie attività, con una filiale a Milano e una rete commerciale diretta per presidiare meglio un mercato dove la tradizione delle conserve ittiche è storicamente ben radicata. “L’Italia è il primo mercato per consumo di acciughe al mondo e il secondo dopo la Spagna per consumo di quelle del Cantabrico, perchè mentre in Spagna da sempre c’è un consumo come piatto di portata, in Italia è un fenomeno molto più recente”, ci ha spiegato Dario De Stefano, general sales manager per l’Italia di grupo Consorcio, che lo scorso anno ha prodotto 199,5 tonnellate di acciughe del Cantabrico, di cui poco più della metà è rimasto in Spagna e il 30% è arrivato sulle tavole italiane (il restante è stato distribuito tra Regno Unito 7%, Danimarca 6%, Svizzera 4% e Francia 1%).

Ma cosa c’è dietro il successo delle acciughe cantabriche? Un punto fermo è che prima di tutto il resto è il mare a rendere unico il prodotto. “Pur essendo della stessa specie del Mediterraneo, l’acciuga del Cantabrico vive in acque più fredde e si nutre in maniera diversa raggiungendo dimensioni molto più grandi e carni molto più sode – spiega De Stefano – offrendo un’esperienza di gusto completamente diversa”. Certo non tutte le acciughe pescate in queste acque tra marzo e giugno finiscono sotto sale. Solo quelle di calibro più grande: “In un chilo di pescato in genere ce ne stanno tra 30 e 40 di acciughe, quelle più piccole sono destinate a essere consumate fresche” spiegano al mercato del pesce di Santoña.

Una volta selezionate quelle da conserva, in 20 minuti il pescato viene trasferito nello stabilimento di salazón di Consorcio. Qui è la mano di uomini e donne, allenati da generazioni, a trasformarlo nel prodotto che ormai conosciamo. Una squadra di circa 50 dipendenti lavora, con una manualità che sa di antico, una media di 10mila chili di acciughe fresche al giorno, 2mila pezzi a persona. La maestria con cui puliscono il pesce e preparano la salatura è una sequenza di gesti automatici e precisi che a oggi nessuna macchina è stata in grado di sostituire. E chi lavora qui confessa che “dagli anni 50 a oggi, a parte la sostituzione dei cavalli con mezzi a motore, sono poche le innovazioni tecnologiche che abbiamo visto”. “Tutta la filiera produttiva delle acciughe del Cantabrico è inevitabilmente centrata sulla persona: dal momento della pesca passando per la salatura e la maturazione tutte le fasi di produzione dipendono da un lavoro artigianale molto forte che si tramanda di generazione in generazione – spiega ancora De Stefano – Il nostro responsabile di stagionatura, per fare un esempio, ha imparato da suo padre e da suo nonno”.

In questa produzione ad alto tasso di artigianalità, il mastro salazonero è una figura centrale, “colui che fa la differenza”: è lui, infatti, che supervisiona la trasformazione del bocarte, il pesce fresco appena pescato, in anchoa. “In queste latte – ci ha detto – l’unico conservante è il sale. Il resto lo fanno temperatura, umidità e pressione, i tre fattori chiave per la maturazione delle acciughe che vanno costantemente controllati”. Ma una volta “maturate”, le acciughe vanno liberate dal sale che le ha disidratate nei mesi precedenti. E qui entrano in gioco le sabadoras: lavoratrici esperte – è un’attività puramente femminile – che con pezzi di reti da pesca e coltellini affilati puliscono e sfilettano le acciughe che finiranno nei nostri piatti col loro colore rosso-bruno e l’aroma che ricorda il mare. “Il contenuto artigianale che c’è nella produzione delle acciughe del Cantabrico le rende un prodotto inadatto alla logica di una multinazionale. Questo continua a essere un mercato fatto di persone” fa notare De Stefano che da un anno e mezzo lavora per far crescere anche in Italia la cultura delle acciughe cantabriche.

Il nostro, del resto, è un mercato chiave per il gruppo spagnolo, che oggi è presente in 42 Paesi e attraverso i suoi due brand, Consorcio e Caprimar, realizza nel segmento delle acciughe (non solo del Cantabrico ma anche quelle peruviane) un fatturato di circa 10,8 milioni di euro (+7% rispetto al 2023) sui 78 totali. In Italia nel 2024 con le acciughe cantabriche, le uniche che per ora esporta da noi, ha generato il 7,6% del fatturato, con vendite in crescita al di sopra della media del mercato anche nei primi sei mesi del 2025.

Ma, al di là del business e dei numeri del mercato, c’è un legame antico tra l’Italia e queste acciughe. Perchè i primi a intravedere in Santona l’epicentro di una florida industria di conserve ittiche sono stati proprio i salatori italiani a fine Ottocento. Dalla Sicilia, prima, e dalla Liguria poi, si spinsero sulle coste cantabriche scoprendo un mare estremamente pescoso per le acciughe, poco apprezzate sul posto dove al massimo venivano usate come esche. L’arte di conservare il pesce gli italiani la conoscevano già, e il passo per trasformarlo in un’attività fiorente fu breve. Tanto che ancora oggi camminando sul lungomare della cittadina spagnola ci si imbatte in una targa commemorativa: “Paseo de los salazoneros italianos”, “La passeggiata dei salatori italiani”, un tratto del lungomare dedicato a quei migranti, i cui cognomi – Brambilla, Cefalù, Sanfilippo, Vella – sono ancora diffusi in questo borgo marinaro e che sono stati all’origine del successo delle acciughe cantabriche.

[A Santoña nello stabilimento Consorcio tra salazonero e sabadoras|PN_20250803_00008|nv03 sp33|https://askanews.it/wp-content/uploads/2025/08/20250803_120514_87B4A5E2.jpg|03/08/2025 12:05:24|Nel Cantabrico dove nasce la regina delle acciughe che conquista l’Italia|Agroalimentare|Economia, Agrifood]

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