Ucraina svendesi: Zelensly paga a Trump l’aiuto a perdere la guerra

di Enrico Oliari –
Fin che c’è guerra c’è speranza, intitolava un film di Alberto sordi di oltre cinquant’anni fa. E non c’è titolo per di descrivere meglio la guerra in Ucraina, perché “per stare bene, qualcuno bisognadepredare”. Man mano che le truppe russe avanzano nel Donbass e che la retorica roboante e la divisa militar-chic di Volodymyr Zelensky si sciolgono come neve al sole, e che il presidente Usa Donald Trump gioca le sue carte in nome di un pacifismo sintetico e interessato, la guerra ucraina su sta dimostrando per quello che è: un meraviglioso e succulento affare per gli Usa, veri vincitori del conflitto.
La guerra, iniziata già nel 2014 con una Russia che mai avrebbe potuto accettare 1.576 chilometri di confine pianeggiante con la Nato, si riassume per gli Usa in quattro concetti chiave: vendita di armi, ricostruzione, influenza politica e materie prime. Un giro di miliardi difficile da contare, ma che per un paese con oltre 36mila miliardi di debito pubblico e con 40 milioni di poveri sono un toccasana all’economia oggi data al -0,3%.
Non è un caso se i primi produttori di armi al mondo, affari per 750 miliardi di dollari l’anno, hanno sempre avuto una guerra tra le mani, vuoi per le inesistenti armi di distruzione di massa, vuoi per esportare la pace e la democrazia, vuoi perché i serbi sono cattivi, gli afgani hanno il turbante e i Vietcong hanno gli occhi a mandorla.
Così oggi Zelensky si è finalmente dovuto piegare a chi gli ha permesso di perdere una guerra più grande di lui, e ha sottoscritto con gli Usa il fin troppo procrastinato accordo sulle “terre rare”. Gli Usa (non l’Ue) potranno insomma contare su un accesso privilegiato a nuovi progetti di investimento per l’estrazione di alluminio, grafite, petrolio e gas naturale, mentre le ambite “terre rare” si trovano in realtà più a est, nel sottosuolo che l’Ucraina ha perso e che è oggi controllato dai russi.
Ucraina in svendita quindi, in un’operazione fatta passare addirittura come una “pietra miliare” nelle relazioni con gli Usa dal ministro degli Esteri Andrii Sybiha, e infarcita della solita retorica di “ricerca della pace” e di “garanzie di sicurezza”. “Un successo per entrambi i nostri Paesi, Ucraina e Stati Uniti”, ha evidenziato con toni trionfali la vicepremier ucraina Yulia Svyrydenko, anche perché gli Usa hanno messo lì un fondo per la ricostruzione ancora tutto da definire, soprattutto chi lo finanzierà.
Ufficialmente l’affaire delle terre rare non avrebbe nulla a che fare con il risarcimento degli aiuti militari Usa (Trump parlava di 300 miliardi di dollari, in realtà di un terzo) prestati fino ad oggi all’Ucraina, ma nella realtà ci ha visto giusto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev, per il quale “finalmente Trump ha costretto il regime di Kiev a pagare gli aiuti americani con i minerali”, e anche i prossimi aiuti “dovranno essere pagati con la ricchezza nazionale di un Paese in via di estinzione”.
A questo punto l’ucraino medio, quello che ha visto morire il fratello nel Kursk russo e che ha la propria casa distrutta dai droni, quello che ha perso l’azienda e quello che avrà i propri figli indebitati a vita, quello che in nome della democrazia ha accettato l’esclusione dal Parlamento degli 11 partiti di opposizione e quello che ha dovuto interrompere i millenari rapporti con il vicino, parenti compresi, si starà chiedendo: tutto questo per entrare alla Nato?
Qual è la tua reazione?






