Caso Sara Pedri, ricorso della Procura contro le assoluzioni di Tateo e Mereu: “Non considerate prove e testimonianze”

Una mossa attesa, anche se le tempistiche sono state particolarmente lunghe. La Procura di Trento, tramite il pubblico ministero Maria Colpani, ha depositato il ricorso contro la sentenza di assoluzione del primario Saverio Tateo, ex direttore dell’Unità di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara e della collega Liliana Mereu, indagati nell’ambito dell’inchiesta per presunti maltrattamenti in reparto.
Inchiesta nata a seguito della scomparsa della ginecologa di Forlì Sara Pedri, svanita nel nulla il 4 marzo 2021, facendo perdere le proprie tracce dopo aver presentato una lettera di dimissioni all’azienda ospedaliera in cui lavorava.
La famiglia Pedri è sempre stata convinta che Sara avrebbe pensato al gesto estremo perché vittima del clima pesantissimo nel reparto in cui lavorava nell’ospedale Santa Chiara di Trento, tra turni massacranti, offese e oltraggi da parte dei suoi superiori.
Dopo la scomparsa della giovane dottoressa la Procura aveva aperto un fascicolo, contando anche sulle testimonianze di altri medici del Santa Chiara che accusavano Tateo e Mereu di presunti maltrattamenti. Il primario era stato anche licenziato nel novembre 2021, un mese dopo l’inchiesta, provvedimento poi annullato dal Tribunale del Lavoro che lo ritenne illegittimo costringendo l’azienda sanitaria a risarcire il primario con oltre 125mila euro.
Come riferisce oggi il Corriere del Trentino, la Procura dunque ricorre in Appello contro l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, formula utilizzata in primo grado per smontare l’impianto accusatorio contro Tateo e Mereu. Una sentenza in cui il giudice Tamburrino nelle motivazioni negava l’esistenza di un “clima tossico” nel reparto, sottolineando che l’atteggiamento “autoritario” del primario non configurava un reato. Le forti tensioni erano quindi dettate a carichi di lavoro pesanti perché Tateo mirava a un reparto “di alto livello come quello di un policlinico universitario, come del resto era quello da cui proveniva”, si leggeva nella sentenza.
Di diverso avviso la Procura, secondo cui il giudice Tamburrino non avrebbe preso in “alcuna considerazione le prove portate dall’accusa” e non avrebbe valutato le testimonianze. Tra i punti più controversi, spiega il Corriere, c’è quello riguardante la para-familiarità: per il giudice i toni usati da Tateo, assieme al clima di forte tensione lavorativa e di stress, “non rende possibile sussumere le condotte nell’ambito dell’egida del reato di maltrattamenti”. Al contrario per la Procura il rapporto gerarchico tra il primario e le dottoresse non possono rientrare nel mero “autoritarismo”.
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