Il bug Google che faceva sparire articoli scomodi: caso choc

Immaginiamo di poter far sparire qualsiasi articolo scomodo dai risultati di ricerca di Google semplicemente cambiando una “a” in “A” nell’URL… Sembra assurdo, ma è esattamente quello che è successo al giornalista Jack Poulson. Per puro caso ha scoperto una vulnerabilità che permetteva a chiunque di cancellare pagine specifiche dal motore di ricerca più potente del mondo.
Scoperta falla di Google: bastava una maiuscola per censurare tutto
La scoperta è avvenuta per coincidenza, quando Poulson ha cercato su Google uno dei suoi articoli digitando il titolo esatto tra virgolette. Risultato: zero. Come se l’articolo non fosse mai esistito.
La storia inizia nel 2023, quando Poulson pubblica un articolo sull’arresto di Delwin Maurice Blackman, CEO tech accusato di violenza domestica. Da quel momento, Blackman ha tentato di sopprimere la storia in ogni modo possibile: cause legali, richieste DMCA, e infine questo trucco sofisticato per far sparire gli articoli dai risultati di ricerca.
Fra tutti gli articoli di Poulson, solo due erano stati deindicizzati, ed entrambi riguardavano Blackman. Una coincidenza troppo precisa per essere casuale.
Ahmed Zidan della Freedom of the Press Foundation ha ricostruito il meccanismo dell’attacco analizzando i log di Google Search Console. Il trucco era semplicissimo. Tutto ruotava attorno a uno strumento legittimo offerto da Google: “Refresh Outdated Content“, pensato per aggiornare i risultati di ricerca quando le pagine web cambiano. Il trucco? Inviare richieste ripetute con URL leggermente modificati, cambiando solo la maiuscola di una lettera.
Ad esempio, prima richiesta: “Anatomy” con la A maiuscola. Poi “aNatomy”, poi ancor “anAtomy”, e così via. Ogni variante portava a una pagina inesistente (errore 404). Ma Google, nel tentativo di “ripulire” i link obsoleti, finiva per deindicizzare anche l’URL corretto, cioè l’articolo originale e legittimo.
Google vittima del suo stesso sistema
È ironico che Google, l’azienda che ha fatto della ricerca la propria ragione d’essere, sia caduta vittima di un bug nel proprio sistema di aggiornamento dei contenuti. Il tool “Refresh Outdated Content” era stato creato per migliorare la qualità dei risultati di ricerca, permettendo di segnalare pagine da scansionare nuovamente dopo gli aggiornamenti.
Il fatto che chiunque potesse usare il tool senza identificarsi ha trasformato una funzione utile in un’arma di censura. Come ha osservato Poulson, Se il tuo articolo non appare nei risultati di ricerca di Google, semplicemente non esiste
. Questo tipo di censura è particolarmente insidiosa perché non lascia tracce evidenti. L’articolo esiste ancora sul sito originale, ma se nessuno può trovarlo attraverso Google, potrebbe essere sepolto in una dimensione parallela di Internet.
Qual è la tua reazione?






