Il Pd è prigioniero di una radicalizzazione che ne svuota la spinta, e il senso

«Somigliavo molto alla controfigura di me stesso», disse una volta Jean-Louis Trintignant parlando della primissima scena in cui appare – non lui: la controfigura – nel “Sorpasso”, il più bel film che abbia immortalato il Ferragosto di due arci-italiani, lui e Vittorio Gassman.
La frase di Trintignant si adatta non male al Partito democratico di questo Ferragosto, che assomiglia in effetti alla controfigura di sé stesso: nato per dare all’Italia la bella politica, si ritrova nella canicola agostana a gestire accordicchi con i cacicchi, a regalare ruoli ai figli dei medesimi cacicchi in Campania, a dirimere gelosie intra-cacicchi in Puglia.
E quest’ultima è veramente una vicenda stramba come poche, con il supercandidato Antonio Decaro che non si candida più se si candida in lista l’ex ras Michele Emiliano e, in un’altra lista, l’ex ras, il redivivo Nichi Vendola, che avevamo lasciato nella sua casetta in Canada. Evidentemente abbiamo perso qualcosa se è tornato tra noi (con tutto il diritto di candidarsi, beninteso): al confronto di questi, il Bruno Cortona di Gassman era una personcina a modo, razionale, fine, elegante.
Siccome non siamo nati ieri, queste cose più o meno ci sono sempre state, solo che una volta andava, che so, un Pecchioli a prendere tutti per le orecchie: oggi c’è Taruffi.
Sempre nella canicola, alla vigilia di Ferragosto, poi è nata una nuova corrente: la sinistra berrutiana. Capeggiata dall’onorevole Mauro Berruto, ottimo ex allenatore di pallavolo, che si è inventato uno schema che è tutta scena e non porterà punti, come una pipe, la schiacciata dalla seconda linea, fatta male e senza senso: non accettiamo più gli atleti israeliani nelle competizioni sportive.
La mozione è stata sottoscritta dal fior fiore della sinistra schleiniana, bersaniana, boldriniana, orlandiana, orfininiana, provenzaniana, cuperliana, ruotoliana, col sigillo di Marco Tarquinio e Cecilia Strada, i due europarlamentari controfigure dei grillini.
Ora, l’iniziativa del deputato-allenatore ovviamente non è un contributo alla pace, ma una scelta che di proposito confonde i gravi torti del governo d’Israele con l’attività dei suoi atleti. È un’iniziativa priva di senso pratico e discriminatoria verso i cittadini-atleti israeliani. In un contesto di crescente antisionismo, è un modo per alludere al dagli all’ebreo camuffato da scelta politica.
D’altra parte, il Partito non è insensibile ai richiami dell’avvocato non avvocato Francesca Albanese, tanto apprezzata da Laura Boldrini e Susanna Camusso, due ormai a sinistra di Lotta Comunista. Albanese, qualche ora fa, ha detto che «Hamas ha creato un sistema di scuole, ospedali e strutture pubbliche. Era l’autorità di fatto ed è fondamentale che si capisca che, quando si pensa ad Hamas, non si deve pensare necessariamente a tagliagole e gente armata fino ai denti».
L’astuta mozione berrutiana suona bene come un’altra indicazione ai militanti per eccitare i sentimenti contro il popolo d’Israele e costruire su questa base, nelle Feste dell’Unità, tanti bei momenti pro Pal, nel totale silenzio sull’Ucraina e proprio nelle ore e nei giorni in cui occorrerebbe il massimo della solidarietà al popolo guidato da Zelensky. Ma ormai quella è roba da Alaska, no? E dunque che se la vedano loro. E che fastidio, poi, che Giorgia Meloni e l’odiato Emmanuel Macron dicano le stesse cose che più o meno dice il Partito democratico. Bella fregatura non riuscire a fare polemica su questo.
E soprattutto un’interrogativa angosciosa: visto che Giorgia sostiene Volodymyr, non è che sbagliamo noi? Così il Partito sta diventando la controfigura del Pd così come era venuto fuori all’inizio, ma una controfigura che assomiglia ogni giorno di meno all’originale, che era innovatore e moderato: questo è vecchio ed estremista.
E, in un Ferragosto senza grandi risultati, i ragazzi del Pd hanno spento la luce del Nazareno e sono andati via, mentre lei, l’instancabile, ripetitiva, generosa, allegra, testarda Elly, giustamente sparisce per qualche giorno, scrive il Foglio, forse in Grecia (pure lei?) o in Sardegna o da qualche parte in Svizzera.
Le cose non vanno esattamente in modo smagliante, ma, come dice Gassman a Trintignant, «a Robè, che te frega delle tristezze…». Potrebbero metterlo sulle tessere dell’anno prossimo.
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