Israele sempre più isolato sulla guerra in Palestina, anche grazie alle pressioni ambientaliste

Solo negli ultimi giorni Francia, Regno Unito, Portogallo e Canada hanno dichiarato l’intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina all’Assemblea generale dell’Onu in programma a settembre, con anche il ministro degli Esteri tedesco Wadephul a chiedere adesso che il negoziato per arrivare a definire lo Stato palestinese inizi subito. Meglio tardi che mai. Ma se un cambio di rotta sta avvenendo è grazie alla pressione della società civile, che sulla questione palestinese vede in prima fila anche l’ambientalismo.
Greenpeace Italia è tornata ad alzare la voce, concentrando stavolta l’attenzione sull’immediata necessità di fermare l’affamamento dei civili palestinesi come strategia di guerra. «Far morire di fame i civili come metodo di guerra è un crimine e deve essere fermato immediatamente – dichiara l’associazione ambientalista – I palestinesi vengono uccisi e feriti mentre fanno la fila per procurarsi del cibo necessario nei punti di distribuzione degli aiuti, che sono stati militarizzati. Malnutrizione e fame sono diffuse. L’orribile bilancio delle vittime causate da proiettili e bombe fino ad oggi è ora amplificato dal terribile prezzo del blocco deliberato di cibo e medicine. Questo terribile bilancio è una conseguenza diretta del sistema di distribuzione di aiuti militari israeliano a Gaza».
Non solo: Greenpeace sottolinea che «se la comunità internazionale continuerà a restare a guardare senza intraprendere azioni concrete mentre i crimini di guerra contro l’umanità si accumulano, dovrà rispondere di favoreggiamento e complicità in un genocidio». Gli ambientalisti appoggiano le richieste chiave dell’organizzazione umanitaria Action Against Hunger per un accesso senza ostacoli agli aiuti a Gaza: revocare tutte le restrizioni burocratiche e amministrative; aprire tutti i valichi di frontiera; garantire l’accesso a tutti in tutta Gaza; rifiutare modelli di distribuzione controllati militarmente; ripristinare una risposta umanitaria basata sui principi del diritto internazionale e guidata dalle Nazioni Unite; continuare a finanziare organizzazioni umanitarie imparziali.
Inoltre, Greenpeace chiede:
- il rilascio da parte di Israele di tutti i palestinesi detenuti illegalmente;
- il rilascio di tutti gli ostaggi da parte di Hamas;
- un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente per porre fine all’attacco contro i civili e l’ambiente;
- l’imposizione di sanzioni mirate e di un embargo totale sulle armi, imposto dalla comunità internazionale;
- la distribuzione senza ostacoli degli aiuti da parte delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni umanitarie;
- la fine dell’occupazione illegale della Palestina.
Ma il primo obiettivo da raggiungere è quello di fermare la guerra per fame. «Solo ponendo immediatamente fine all’assedio e liberando tutti i convogli di aiuti delle Nazioni Unite ammassati al confine – conclude Greenpeace – si potrà evitare il peggioramento della carestia».
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