Parole da evitare quando si parla di tecnologia, la guida dell'ASWF

Nel cuore pulsante dell’innovazione, dove ogni riga di codice può cambiare il mondo, anche le parole contano. Non solo quelle che fanno funzionare un software, ma quelle che lo raccontano, lo documentano, lo condividono. E proprio qui, nel linguaggio tecnico, si nasconde un problema spesso ignorato: l’uso di termini che portano con sé un’eredità culturale discriminatoria.
Linguaggio offensivo nel tech: i termini da abbandonare secondo l’ASWF
L’Academy Software Foundation (ASWF), in collaborazione con l’Alliance for OpenUSD, ha deciso di affrontare questa sfida. La proposta è: linee guida per un gergo tecnologico più inclusivo. Perché sì, anche nel mondo del software, le parole possono ferire, escludere, marginalizzare.
La proposta dell’ASWF nasce da una consapevolezza crescente, ovvero che il linguaggio tecnico non è neutro. Termini come “master/slave”, “blacklist” “Guys” non sono semplici convenzioni. Portano con sé riferimenti storici, culturali e sociali che possono risultare offensivi o esclusivi per molte persone.
Ecco perché la fondazione suggerisce alternative più rispettose e universali. “Master/slave” diventa “primario/secondario”, “Blacklist” si trasforma in “lista di esclusione”. Anche espressioni come “pazzo” o “normale” vengono riviste, per evitare stigmatizzazioni legate alla salute mentale.
Oltre alla questione dell’inclusività, c’è un altro aspetto cruciale: la comprensibilità globale. Molti termini idiomatici o culturalmente specifici non sono facilmente traducibili, e rischiano di creare barriere nella collaborazione internazionale. In un mondo tech sempre più interconnesso, parlare una lingua comune, che sia chiara, rispettosa, accessibile, è fondamentale.
L’ASWF non impone, ma invita. Non pretende una rivoluzione immediata, ma propone un cambiamento graduale, consapevole. Un primo passo per rendere il mondo della tecnologia non solo più efficiente, ma anche più umano.
Inclusività e rispetto nel codice
C’è chi liquida tutto questo come eccesso di “politicamente corretto“. Ma la verità è che il linguaggio cambia, come cambia la società. E se vogliamo che la tecnologia sia davvero per tutti, dobbiamo iniziare dalle parole. Perché ogni termine che scegliamo racconta chi siamo, e chi vogliamo includere nel futuro che stiamo costruendo.
Qual è la tua reazione?






