Produzione sostenibile e stampa 3D: dai materiali ai processi, così le tecnologie cambiano l’industria

Lug 27, 2025 - 14:30
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Produzione sostenibile e stampa 3D: dai materiali ai processi, così le tecnologie cambiano l’industria

ADDITIVE MANUFACTURING

Produzione sostenibile e stampa 3D: dai materiali ai processi, così le tecnologie cambiano l’industria



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Le tecnologie additive, se integrate in modo strategico nei processi aziendali, offrono la possibilità di ridurre gli sprechi di energia e materiali, ottimizzare la progettazione e portare la produzione vicina ai luoghi di distribuzione e consumo. Ogni innovazione concreta, però, comporta scelte operative complesse, l’adozione di nuovi standard e una revisione profonda delle dinamiche lungo tutta la filiera. Esploriamo le potenzialità reali della produzione sostenibile nella stampa 3D, dai casi reali più interessanti ai limiti ancora da superare per ridefinire il significato stesso di “manifattura”.

Pubblicato il 26 lug 2025



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La stampa 3D consente di produrre solo ciò che serve, evitando la logica dello scarto tipica delle lavorazioni sottrattive. In settori come quello aerospaziale, dove si parte spesso da lingotti o semilavorati metallici costosi, il miglioramento è netto: si riducono sprechi che, con le tecnologie tradizionali, possono superare il 50% del materiale iniziale. Il vantaggio è duplice: meno rifiuti industriali e meno energia spesa per fondere, trattare o trasportare ciò che non verrà mai usato.

Un esempio concreto arriva da GE Additive, che ha adottato la stampa 3D per realizzare componenti per i motori degli aerei, riducendo il peso di alcune parti fino al 25%. Questo non solo diminuisce la quantità di materiali impiegati, ma contribuisce anche a un risparmio di carburante durante il volo, con un impatto positivo sull’impronta di carbonio complessiva. Allo stesso modo, in ambito medicale, la produzione di protesi personalizzate tramite stampa 3D consente di creare esattamente la forma richiesta, limitando gli scarti e riducendo la necessità di processi post-produzione energivori.

L’impronta di carbonio della stampa 3D

Quando si analizzano i vantaggi della Manifattura Additiva in ottica green, è bene sapere che il suo impatto ambientale complessivo dipende da più fattori. Il consumo energetico delle macchine, la provenienza dei materiali e la gestione dei processi produttivi giocano un ruolo fondamentale nel definire quanto questa tecnologia sia davvero più sostenibile rispetto ai sistemi tradizionali. Per esempio, alcune tipologie di stampa 3D basate su laser ad alta potenza possono richiedere un consumo elettrico significativo, mentre processi come il binder jetting (che utilizza un letto di polveri tenuto insieme da uno specifico legante) risultano più efficienti dal punto di vista energetico.

Renishaw, azienda inglese specializzata in produzione additiva e tecnologie di precisione, ha dimostrato una riduzione significativa degli scarti di materiale (fino all’80% in meno rispetto alla lavorazione sottrattiva tradizionale), con conseguenti minori emissioni di CO₂ associate alla produzione e al trasporto dei materiali. L’efficienza del processo è stata ulteriormente migliorata grazie all’impiego di energia rinnovabile negli stabilimenti produttivi. La possibilità di spostare la produzione dove serve è un altro elemento chiave. Stampare componenti vicino al punto di utilizzo riduce la necessità di trasporti a lunga distanza, abbattendo le emissioni legate alla logistica.

La stampa 3D, quindi, offre reali opportunità per migliorare la sostenibilità della produzione industriale, ma il bilancio ambientale finale dipende dall’insieme di tecnologie, materiali e strategie adottate. Il percorso verso una manifattura additiva veramente green è ancora in evoluzione e richiede un’analisi attenta e articolata.

Supply chain più corta e produzione localizzata

La manifattura additiva non incide solo sulla quantità di materiale utilizzato, ma anche sul luogo e sulle tempistiche di produzione. Realizzare componenti su richiesta, letteralmente nei pressi del luogo di utilizzo, riduce drasticamente i costi logistici e le emissioni legate al trasporto.

È il caso, ad esempio, della Marina Militare statunitense, che ha iniziato a stampare parti di ricambio direttamente a bordo delle portaerei, o di Siemens Mobility, che ha introdotto la stampa 3D nelle officine ferroviarie per velocizzare le riparazioni. In entrambi i casi, la prossimità produttiva si traduce in tempi più brevi e in una minore dipendenza da fornitori lontani. Una supply chain più intelligente può affidarsi anche alla Manifattura Additiva.

Le emissioni si riducono, ma servono processi più efficienti

Se è vero che la stampa 3D consente di ridurre drasticamente gli scarti, non tutti i processi additivi sono intrinsecamente sostenibili. La stampa FDM (a deposizione di filamento fuso), diffusa in ambito prototipale, ha un impatto energetico contenuto, ma tecnologie più avanzate, come la fusione laser di metalli (LPBF), possono richiedere quantità significative di energia elettrica per garantire precisione e qualità. Secondo l’EOS Sustainability Report 2023, un componente in titanio realizzato con tecnologia LPBF ovvero Laser Powder Bed Fusion può generare fino al 30% in meno di emissioni di CO₂ rispetto alla lavorazione sottrattiva tradizionale, a condizione che l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili e che il processo sia ottimizzato.

Materiali sostenibili per la stampa 3D: oltre il PLA

La sostenibilità nella manifattura additiva non si gioca solo sull’efficienza dei processi, ma anche anzi soprattutto sulla scelta dei materiali. Il PLA, un polimero derivato da fonti rinnovabili come il mais o la canna da zucchero, è stato per anni l’emblema della stampa 3D “green”. Tuttavia, le sue limitazioni meccaniche e la biodegradabilità incompleta in ambienti naturali hanno ridimensionato il suo ruolo. 

Il panorama si sta ampliando grazie a nuovi compositi e biomateriali più performanti. Un esempio da citare è quello di Revoltech, startup tedesca che ha sviluppato un materiale simile alla pelle, chiamato Lovr, a partire da scarti agricoli come bucce del frutto del cacao e residui di luppolo. Stampabile in 3D e completamente compostabile, è pensato per l’industria tessile e per il design di prodotti nell’ambito dell’economia circolare. È importante sottolineare, però, che si tratta di una soluzione innovativa ancora in fase di diffusione e validazione.

In ambito industriale, invece, aziende come Zortrax stanno puntando su filamenti a base di PA11, una poliammide ottenuta dall’olio di ricino, che coniuga ottime proprietà meccaniche con una filiera più sostenibile rispetto ai polimeri derivati da fonti fossili tradizionali.

L’esplorazione di materiali alternativi di fatto è ancora in una fase di consolidamento: mancano standard condivisi sulle prestazioni ambientali e vanno raccolte maggiori informazioni sugli LCA (i Life Cycle Assessment) per fare comparazioni tra materiali simili. Serve quindi una maggiore trasparenza sui dati e un’attenzione alla provenienza delle materie prime, per evitare che l’etichetta “biobased” rappresenti una semplice operazione di facciata.

Progettazione sostenibile: ottimizzare il design

La sostenibilità nella stampa 3D passa, necessariamente, anche dalla progettazione. Software avanzati di progettazione generativa e ottimizzazione topologica (per distribuire il materiale solo dove serve realmente) permettono di creare geometrie leggere ma resistenti, riducendo il peso finale e il consumo di materiale senza compromettere le prestazioni. L’obiettivo è quello di abbattere i consumi energetici e i costi associati all’energia, sia in fase di produzione sia durante l’intero ciclo di vita del prodotto.

Un esempio concreto arriva dal settore automotive, dove la startup italiana CRP Technology ha sviluppato componenti strutturali ottimizzati per il settore motorsport e in particolare per le moto da corsa, attraverso l’impiego della stampa 3D e di materiali avanzati. Questi progetti puntano a migliorare il rapporto peso-resistenza delle parti, con effetti positivi sulla performance e sull’efficienza energetica dei veicoli.

La combinazione di software di progettazione e simulazione permette di anticipare possibili problemi strutturali o di processo, evitando lavorazioni correttive e prototipi inutili. In questo modo, il design può contribuire a una produzione più sostenibile, riducendo anche il consumo di energia e materiali lungo tutta la filiera.

Consumi energetici e impatto ambientale: un bilancio da perfezionare

Nonostante i vantaggi in termini di riduzione degli scarti, la stampa 3D non è automaticamente sinonimo di sostenibilità energetica. Come abbiamo già anticipato il consumo elettrico delle tecnologie additive varia notevolmente a seconda del processo utilizzato. Ad esempio, la fusione laser selettiva (SLM/LPBF) per metalli richiede un’energia considerevole per alimentare laser ad alta potenza e mantenere condizioni controllate nella camera di costruzione.

Un caso di studio interessante è quello della società tedesca Trumpf, che sta sviluppando macchinari per additive manufacturing a basso consumo energetico, sfruttando laser più efficienti e sistemi di recupero termico. Parallelamente, alcune imprese stanno integrando la stampa 3D con sistemi di energia rinnovabile per rendere più green l’intero ciclo produttivo.

In definitiva, per valutare l’impatto energetico della manifattura additiva serve un’analisi caso per caso, che tenga conto di tecnologia, materiali e fonti energetiche. È un terreno in rapida evoluzione, dove innovazioni hardware e software possono ribaltare i dati oggi disponibili.

La sostenibilità reale della stampa 3D

La sostenibilità della manifattura additiva dipende inevitabilmente dall’efficienza energetica dei suoi processi. Sebbene la stampa 3D riduca gli sprechi di materiale rispetto ai metodi tradizionali, come abbiamo visto il consumo di energia può variare notevolmente a seconda della tecnologia e del volume produttivo. Per valutare con precisione il bilancio ambientale diventa quindi fondamentale confrontare l’energia richiesta dalla stampa 3D con quella delle tecnologie convenzionali come la lavorazione meccanica CNC, la pressofusione o lo stampaggio a iniezione.

Secondo il rapporto AM Power Report 2024, la stampa 3D risulta energeticamente vantaggiosa soprattutto per la produzione di pezzi complessi o di piccole serie, dove la flessibilità e l’assenza di attrezzature dedicate riducono i costi fissi e l’energia spesa nella preparazione. Al contrario, per produzioni in grandi volumi, metodi tradizionali come la pressofusione o lo stampaggio spesso offrono una maggiore efficienza energetica complessiva, grazie alla rapidità e all’ottimizzazione consolidata del processo.

Studi del Fraunhofer Institute confermano che, in particolare per le lavorazioni di metalli, la stampa 3D con fusione laser selettiva (LPBF) è un processo energivoro, dovuto all’utilizzo di laser ad alta potenza e ai sistemi di controllo termico necessari. Tuttavia, queste tecnologie permettono di realizzare geometrie impossibili da ottenere con metodi sottrattivi, consentendo risparmi materiali che, in certi casi, compensano il maggior consumo energetico.

Quando la stampa 3D conviene (e quando no)

L’efficienza energetica della stampa 3D dipende fortemente dal tipo di pezzo e dal contesto produttivo. Per componenti complessi e personalizzati, la stampa 3D consente di evitare passaggi intermedi, dime, stampi e scarti, abbattendo così i consumi indiretti. Inoltre, la produzione just-in-time e on-demand limita i costi energetici legati a magazzinaggio e trasporti.

Tuttavia, per prodotti standardizzati e ad alto volume, metodi come lo stampaggio a iniezione o la pressofusione continuano a essere preferibili per via della loro rapidità ed efficienza energetica nei processi ripetitivi.

Nuove tecnologie a basso consumo: laser, binder jetting, cold spray

Il settore della manifattura additiva sta sperimentando tecnologie alternative con un profilo energetico più favorevole. Il binder jetting, che abbiamo già citato, impiega leganti liquidi per unire polveri metalliche o ceramiche, evitando il consumo diretto di energia laser durante la stampa, il che può ridurre significativamente il fabbisogno elettrico. Questa tecnologia è particolarmente interessante per la produzione di parti in metallo in volumi medio-alti.

Un’altra tecnologia emergente è il cold spray, che deposita materiali metallici in polvere senza fonderli, utilizzando invece un getto ad alta velocità. Questo processo, oltre a consumare meno energia rispetto alle fusioni laser, produce componenti con proprietà meccaniche molto promettenti e meno deformazioni termiche.

Anche le innovazioni nei laser a stato solido e nei sistemi di recupero termico mirano a migliorare l’efficienza energetica delle macchine per stampa 3D, accelerando la strada verso processi più sostenibili.

Produzione sostenibile nelle grandi industrie

La manifattura additiva sta trasformando concretamente la produzione industriale, traducendo i principi di sostenibilità in progetti reali e innovativi in diversi settori. La stampa 3D infatti consente di ridurre gli sprechi, ottimizzare le risorse e sviluppare prodotti più leggeri e performanti in tutta una serie di settori anche molto distanti tra loro. Facciamo alcuni esempi concreti.

Nel settore aerospaziale la francese Safran ha adottato la stampa 3D per produrre componenti complessi come supporti motore e parti di sistemi di raffreddamento. Questo ha permesso di ridurre il peso delle parti in modo significativo, arrivando a un miglioramento del rapporto potenza/peso del 25% con un complessivo miglioramento dell’efficienza dei motori e una riduzione dei consumi di carburante. Parallelamente, la riduzione degli scarti e la semplificazione della catena di fornitura contribuiscono a una produzione più sostenibile.

Nel settore automotive un esempio meno noto ma significativo è quello di Brembo, leader mondiale nei sistemi frenanti, che ha iniziato a utilizzare la manifattura additiva per realizzare componenti leggeri e ad alte prestazioni, migliorando consumi e riducendo gli scarti rispetto ai metodi tradizionali. La produzione just-in-time e la capacità di realizzare pezzi su misura contribuiscono inoltre a una supply chain più snella e sostenibile.

Nel settore della moda e dei beni di consumo la stampa 3D apre la strada a modelli di economia circolare, con prodotti progettati per essere facilmente riciclati o rigenerati. La personalizzazione e la riduzione degli scarti diventano elementi chiave per rispondere a una domanda sempre più attenta all’impatto ambientale ma anche alla personalizzazione di massa.

Riparazione, retrofitting e produzione on demand

Nel campo della riparazione e del retrofitting, la manifattura additiva sta diventando un alleato prezioso per estendere la vita utile dei componenti industriali e ridurre gli sprechi. Oerlikon, azienda svizzera specializzata in tecnologie per la manifattura avanzata, utilizza la stampa 3D per la rigenerazione di parti metalliche usurate in settori come quello aerospaziale e dell’energia. La capacità di produrre pezzi di ricambio on demand evita l’immagazzinamento eccessivo e riduce tempi e costi di fermo impianto, contribuendo a una gestione più sostenibile delle risorse.

Analogamente, SKF, nota azienda specializzata nella produzione di cuscinetti e soluzioni di ingegneria, ha integrato processi di manifattura additiva per la produzione just-in-time di componenti specifici per la manutenzione predittiva e il retrofitting, cioè l’aggiornamento e il miglioramento dei macchinari. Questa strategia consente di minimizzare gli sprechi e di rispondere rapidamente alle esigenze della supply chain, riducendo l’impatto ambientale complessivo.

Questi esempi (ma ce ne sarebbero molti altri da citare) evidenziano come la stampa 3D supporti concretamente un modello di produzione più flessibile e sostenibile, in grado di ottimizzare la vita dei prodotti e ridurre le emissioni associate a logistica e produzione.

Componenti ultra leggeri per nuove applicazioni

La manifattura additiva sta aprendo nuovi scenari in mercati emergenti dove sostenibilità, personalizzazione e innovazione si intrecciano in modo virtuoso. Anche in questo caso il modo migliore per comprendere la trasformazione in atto è quello di fare degli esempi.

Se parliamo ancora una volta di moda e design, la stampa 3D supporta modelli di economia circolare, grazie alla capacità di produrre capi e accessori su misura, con una riduzione significativa degli scarti di materiale. Diverse aziende collaborano con i designer per creare prodotti 3D che possano essere facilmente riciclati o rigenerati, rispondendo a una domanda crescente di prodotti etici e al contempo originali. È il caso, ad esempio, di Vegea, che sviluppa materiali a base di scarti agroindustriali, come vinacce, bucce e semi d’uva, trasformandoli in alternative sostenibili al cuoio e ad altri tessuti sintetici.

Grazie alla scansione 3D del corpo, è possibile creare dispositivi medici su misura, con una precisione elevatissima e una riduzione di errori e sprechi. La precisione della stampa 3D permette di ridurre i tempi di lavorazione rispetto ai metodi tradizionali, come la fresatura o lo stampaggio, con un impatto ambientale contenuto. Tecnologie di aziende come Materialise sono al centro di questo sviluppo, grazie a soluzioni software per la modellazione anatomica e materiali certificati per uso medico, utilizzati in applicazioni che spaziano dall’ortopedia alla chirurgia maxillo-facciale.

Come abbiamo più volte sottolineato sulle pagine di Innovation Post nel settore automotive e aerospaziale, la stampa 3D contribuisce alla realizzazione di componenti leggeri ma resistenti, fondamentali per migliorare l’efficienza energetica dei mezzi e ridurre le emissioni. La ricerca continua su leghe leggere e materiali compositi avanzati apre nuove possibilità di ottimizzazione del peso senza compromettere la sicurezza e la durata.

Questi ambiti dimostrano come la manifattura additiva non sia solo una tecnologia di produzione, ma un fattore chiave per lo sviluppo di mercati più sostenibili, innovativi e centrati sulle esigenze specifiche del cliente.

Sfide aperte tra certificazioni, analisi del ciclo di vita e governance dei processi

La crescita della manifattura additiva in ottica sostenibile non può prescindere da una solida infrastruttura normativa. Servono strumenti di valutazione ambientale affidabili e una governance dei dati che permetta la tracciabilità e la comparabilità tra processi diversi. Tuttavia, molte delle tecnologie e degli strumenti di monitoraggio e standardizzazione metodologica oggi disponibili sono ancora in fase di consolidamento. Il primo ostacolo è la frammentazione normativa: mentre lo standard ISO/ASTM 52900 definisce le terminologie e i principi generali della stampa 3D, mancano ancora criteri unificati per valutare l’impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita. Alcuni protocolli specifici esistono, come l’ASTM D7028, usato per test meccanici su materiali compositi, ma non coprono le variabili ambientali in modo sistemico.

Parallelamente, la complessità della filiera additiva, che va dalla produzione digitale di materiali all’assemblaggio ibrido e alla logistica distribuita, impone nuove sfide di interoperabilità, soprattutto in contesti industriali regolati. L’adozione di strumenti digitali per la simulazione, la raccolta dati e la certificazione in tempo reale è in aumento, ma le piattaforme disponibili sono ancora disomogenee e spesso chiuse, rendendo difficile integrare più attori nella stessa catena produttiva. Secondo il Politecnico di Milano, uno dei punti chiave per sbloccare il potenziale sostenibile dell’AM è proprio lo sviluppo di standard condivisi per la raccolta e la gestione dei dati ambientali e prestazionali.

Life Cycle Assessment e digital twin per la sostenibilità

Uno degli strumenti più discussi per valutare l’effettiva sostenibilità della stampa 3D è l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA). Questa metodologia consente di stimare l’impatto ambientale di un prodotto in tutte le sue fasi, dalla materia prima allo smaltimento. Applicare l’LCA alla manifattura additiva è però tutt’altro che banale: le variabili in gioco sono numerose (tipo di macchina, materiale, geometria, energia utilizzata) e spesso mancano banche dati affidabili per i materiali avanzati usati nelle tecnologie AM.

Anche i digital twin, modelli digitali dinamici che replicano in tempo reale il comportamento di oggetti fisici, offrono grandi promesse in termini di ottimizzazione energetica e previsione delle emissioni. Gli esempi applicativi dei digital twin non mancano, tuttavia il loro utilizzo nella stampa 3D sostenibile è ancora limitato. I modelli esistenti sono spesso focalizzati su performance meccaniche o di processo, mentre la componente ambientale è solo parzialmente integrata. In alcuni progetti pilota, ad esempio nel settore aerospaziale, si stanno sperimentando twin ibridi che includono parametri legati al consumo energetico e all’efficienza dei materiali. Ma servono standard comuni per rendere questi strumenti confrontabili, interoperabili e adottabili su larga scala.

Norme, piattaforme e interoperabilità: i prossimi passi per una filiera integrata

Perché la manifattura additiva possa contribuire in modo sistemico alla transizione ecologica, è necessario superare i silos tecnologici e definire una governance condivisa della filiera. Sul piano normativo, la standardizzazione dei processi AM è ancora in fase di sviluppo. Gli standard ISO/ASTM esistenti (tra cui le serie 52900, 52901 e 52902) forniscono un quadro di riferimento utile, ma si concentrano prevalentemente su aspetti tecnici e meno su quelli ambientali. Il coinvolgimento attivo di enti regolatori, centri di ricerca e imprese sarà decisivo per integrare indicatori di sostenibilità nei processi certificativi.

Un’altra questione centrale è la frammentazione delle piattaforme digitali. Ogni produttore di macchine o software AM tende a sviluppare ecosistemi proprietari, limitando l’interoperabilità tra strumenti di modellazione, simulazione e controllo qualità. Questo frena l’adozione di pratiche trasparenti e tracciabili lungo l’intera supply chain. Alcuni consorzi internazionali, come 3MF Consortium, stanno lavorando per definire formati aperti e standard comuni, ma la loro adozione industriale è ancora limitata. Un’accelerazione in questa direzione, anche attraverso l’obbligo di report ambientali interoperabili, potrebbe rappresentare uno snodo decisivo per rendere la stampa 3D non solo più efficiente, ma anche misurabile e verificabile dal punto di vista della sostenibilità.

La manifattura additiva alla guida della transizione ecologica?

La manifattura additiva non è di per sé una tecnologia “green”, ma rappresenta una leva potente verso la sostenibilità se integrata in un disegno strategico più ampio. L’approccio alla sostenibilità nell’industria manifatturiera sta attraversando una profonda trasformazione all’interno della quale trova posto anche la stampa 3D. I vantaggi in termini di riduzione degli sprechi di materiale, personalizzazione funzionale, leggerezza dei componenti e produzione localizzata sono concreti e documentati, ma non automatici né scontati. L’adozione di processi additivi richiede investimenti, formazione, interoperabilità dei sistemi e un adeguato supporto normativo, in particolare sul fronte della tracciabilità ambientale e della valutazione del ciclo di vita.

I casi d’uso più maturi mostrano come la stampa 3D possa contribuire in modo significativo agli obiettivi di decarbonizzazione e resilienza industriale. Tuttavia, l’assenza di standard univoci, la frammentazione delle piattaforme digitali e la complessità delle metriche LCA rendono il bilancio energetico e ambientale ancora difficile da generalizzare. È dunque necessario guardare alla manifattura additiva non come a una soluzione unica, ma come a uno strumento evolutivo, capace di accelerare la transizione solo se inserito all’interno di ecosistemi produttivi innovativi, misurabili e responsabilmente progettati.

In definitiva il suo impatto sulla sostenibilità dipenderà dalla capacità dell’industria di affrontare con serietà le sfide aperte: integrare le tecnologie con coerenza, adottare criteri trasparenti di valutazione e costruire una governance capace di trasformare l’innovazione tecnica in progresso ambientale reale.

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Redazione Redazione Eventi e News