Virus West Nile, i medici Sima: «La crisi climatica espande il rischio infettivo»

«L’aumento del caldo e degli eventi estremi stanno modificando il raggio d’azione dei vettori». In queste giornate in cui l’infezione da virus West Nile ha fatto registrare un decesso nel Lazio, viene lanciato un allarme sulle zanzare che stanno diventando sempre più veicolo di malattie un tempo sconosciute alle nostre latitudini: West Nile, appunto, ma non solo.
«Negli ultimi anni, in Italia come nel resto d'Europa, stiamo assistendo ad un cambiamento profondo e silenzioso nella geografia delle malattie infettive, un'evoluzione che non ha il fragore di una pandemia globale, ma che si insinua nelle pieghe del nostro vivere quotidiano». A evidenziarlo sono gli esperti della Società italiana di medicina ambientale (Sima), intervenendo sul virus che ha causato la morte di un'anziana in provincia di Latina, dove sono 7 i casi segnalati da inizio anno. Tra il 2006 e il 2023, spiega Sima, «l'Italia ha registrato oltre 1.500 casi di Dengue e più di 140 di Chikungunya importati, ma il dato che impone una riflessione urgente è quello dei casi autoctoni: quasi 500 persone hanno contratto queste malattie sul territorio nazionale». Sottolinea la Società italiana di medicina ambientale: «A trasmettere i virus è la zanzara tigre, Aedes albopictus, una specie invasiva ormai diffusa stabilmente in tutta la Penisola, favorita dall'aumento delle temperature medie, dagli inverni miti e da estati sempre più lunghe. Le aree maggiormente a rischio sono le zone costiere e le periferie urbane, dove la combinazione di alta densità abitativa e microambienti umidi, come tombini, sottovasi, bidoni, crea l'habitat ideale per la proliferazione delle zanzare».
L'innalzamento delle temperature globali, unito alla maggiore frequenza di eventi estremi come piogge improvvise, alluvioni, siccità alternate a umidità persistente, sta modificando il raggio d'azione di vettori come zanzare, zecche, flebotomi, rimarca la Sima. Il rapporto 'Climate Change 2022' dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) segnala come il rischio di trasmissione arbovirale di Dengue, Chikungunya, Zika e febbre gialla sia aumentato del 30% a livello globale solo nell'ultimo decennio.
In Europa i casi autoctoni di Dengue sono cresciuti del 600% tra il 2010 e il 2022, passando da 10 episodi noti nel 2010 a oltre 70 nel 2022. Una curva che, se non contrastata, è destinata a salire.
Cosa possiamo fare, concretamente, per proteggere la salute pubblica senza cedere al panico? Un primo elenco lo illustra il presidente Sima, Alessandro Miani: «Innanzitutto, serve una sorveglianza entomologica e virologica costante, soprattutto nei mesi caldi, da maggio a ottobre. La prevenzione passa anche per gesti quotidiani: eliminare i ristagni d'acqua nei cortili, svuotare i sottovasi, coprire i bidoni, utilizzare zanzariere e repellenti, specie al crepuscolo». A livello sistemico, aggiunge invece Miani, «è indispensabile integrare la salute umana, animale e ambientale secondo l'approccio One Health, riconosciuto dall'Oms come la via più efficace per affrontare le sfide sanitarie emergenti. Interventi urbanistici mirati, regolamentazione dell'uso di pesticidi, miglioramento del drenaggio urbano, ma anche screening per i viaggiatori provenienti da zone endemiche: tutto contribuisce a costruire una resilienza diffusa».
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