Addio residenza obbligatoria per NCC: Regione Lazio apre le porte a tutti
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La Regione Lazio riallinea le regole agli impegni nazionali: in particolare stabilisce che decade la residenza obbligatoria all’interno del territorio regionale tra i requisiti per ottenere la licenza NCC (Noleggio con Conducente).
Il Consiglio regionale del Lazio ha compiuto un passo decisivo verso l’aggiornamento del proprio quadro normativo, approvando una legge che punta a rendere più coerente la legislazione locale con gli impegni assunti dalla Regione nei confronti del Governo centrale.
La legge approvata rappresenta un intervento ampio, pensato per riallineare la normativa regionale alle più recenti disposizioni statali. Tra gli ambiti toccati dalla riforma, spicca il settore del trasporto locale: uno degli emendamenti approvati che più ha fatto discutere riguarda, come abbiamo anticipato sopra, il ruolo dei conducenti NCC.
La modifica sul ruolo dei conducenti NCC: tolto l’obbligo di residenza nel Lazio
Accanto alle misure di sistema, in Aula si è discusso anche di un tema che negli ultimi anni ha generato un acceso dibattito: i requisiti necessari per iscriversi al ruolo dei conducenti dei servizi di trasporto pubblico non di linea, come taxi e NCC. Su questo punto sono stati approvati due emendamenti presentati dalla consigliera regionale Emanuela Droghei (Partito Democratico), che intervengono su una norma in vigore da oltre trent’anni, la legge regionale 58 del 1993.
Gli emendamenti eliminano l’obbligo, finora previsto, di avere residenza o domicilio in un Comune del Lazio per poter presentare domanda di ammissione all’esame necessario all’iscrizione nel ruolo dei conducenti. Una modifica che nasce anche alla luce delle osservazioni formulate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) nell’estate 2025.
Il parere dell’Antitrust: “Requisito non proporzionato e barriera all’accesso”
L’Autorità, analizzando il bando pubblicato dalla Città Metropolitana di Roma Capitale per le sessioni d’esame del 2025, aveva infatti evidenziato come la richiesta di residenza o domicilio rappresentasse una restrizione ingiustificata, non in linea con i principi di concorrenza e con la normativa nazionale. Secondo la legge quadro del 1992, che disciplina il trasporto pubblico non di linea su tutto il territorio italiano, l’esame serve ad accertare requisiti tecnico-professionali – come la conoscenza della geografia locale – ma non impone alcun vincolo di natura territoriale ai candidati.
L’Antitrust aveva quindi sottolineato che il requisito imposto dalla normativa regionale del Lazio finiva per escludere aspiranti conducenti potenzialmente qualificati solo perché non residenti nella regione. Un ostacolo tanto più significativo se si considera che ogni candidato, in caso di mancato superamento della prova, può ripetere l’esame una sola volta. Inoltre, chiedere il possesso del requisito già al momento della presentazione della domanda – da presentare con largo anticipo rispetto alla prova – creava un ulteriore filtro preventivo, anticipando l’adempimento a un momento non richiesto dalla legge nazionale.
Secondo l’Antitrust, la normativa regionale non era coerente con lo spirito della legge statale, che identifica l’iscrizione al ruolo dei conducenti come una condizione necessaria per l’autorizzazione all’attività, ma non per sostenere l’esame. In sostanza, i requisiti territoriali non dovevano rappresentare un ostacolo alla partecipazione alle prove.
La protesta della CGIL: “Così si facilita lo sfruttamento”
Se il provvedimento ha raccolto consenso in Aula e soddisfazione tra coloro che chiedevano una maggiore apertura del settore, non sono mancate voci critiche. Particolarmente duro il giudizio espresso dalla sigla sindacale Unica-Cgil, che vede nella riforma un rischio per i lavoratori.
Nicola Di Giacobbe, rappresentante di categoria, ha contestato la scelta sostenendo che l’eliminazione del vincolo territoriale potrebbe favorire grandi piattaforme e soggetti economici interessati a incrementare il numero di conducenti disponibili, senza tuttavia garantire adeguate tutele. Secondo il sindacato, rendere più agevole l’accesso al ruolo spianerebbe la strada a forme di intermediazione non regolamentate, in cui gli autisti rischiano di ritrovarsi in condizioni di forte dipendenza economica da aziende o intermediari tecnologici. “Non era questo ciò di cui avevano bisogno gli operatori onesti e i cittadini”, ha dichiarato Di Giacobbe, denunciando il pericolo di un mercato del lavoro più fragile e meno controllabile.
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