Botulismo, allarme sicurezza alimentare: cosa prevede la legge e come funzionano i controlli

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Il recente decesso di una donna in Sardegna e il ricovero di diverse persone in Calabria, tutti casi collegati a consumazioni di street food, hanno riportato sotto i riflettori un tema spesso sottovalutato: la prevenzione in materia di sicurezza alimentare e i controlli per legge per evitare le infezioni da botulismo in Italia.
Il botulismo è una malattia rara, ma dalla pericolosità estrema, provocata dalla tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Si tratta di una delle sostanze più potenti esistenti in natura: una quantità inferiore a un millesimo di milligrammo è sufficiente per compromettere in modo grave il sistema nervoso e, nei casi più gravi, provocare la morte. L’effetto della tossina è subdolo: impedisce la trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli, causando una paralisi progressiva che può coinvolgere i muscoli respiratori.
I sintomi possono manifestarsi in tempi variabili, da poche ore fino a otto giorni dopo l’ingestione dell’alimento contaminato. I primi segnali comprendono affaticamento marcato, debolezza, disturbi visivi come visione doppia o offuscata, difficoltà a parlare e a deglutire. Col progredire dell’intossicazione possono comparire nausea, vomito, gonfiore addominale e, nelle fasi più avanzate, paralisi diffusa. Senza un trattamento immediato con antitossina e, se necessario, ventilazione assistita, le conseguenze possono essere irreversibili.
Origine e diffusione
Il C. botulinum è presente in modo naturale nell’ambiente: si trova nel suolo, nei sedimenti dei corsi d’acqua e persino nell’intestino di alcuni animali. In forma di spora è estremamente resistente, sopravvivendo a temperature e condizioni che distruggerebbero la maggior parte dei batteri. Quando si crea un ambiente privo di ossigeno — ad esempio all’interno di conserve in barattolo o alimenti sott’olio — e si verificano parametri favorevoli di temperatura e pH, le spore possono germinare, trasformandosi in cellule attive capaci di produrre la tossina.
Gli alimenti più a rischio
Le conserve e le preparazioni sott’olio prodotte in casa sono i veicoli più comuni di contaminazione, soprattutto quando vengono realizzate senza seguire procedure di acidificazione e sterilizzazione adeguate. Questo perché, a differenza dei prodotti industriali, non sempre si applicano protocolli standardizzati di trattamento termico e controllo del pH. Le conserve industriali, infatti, devono rispettare norme di sicurezza precise che prevedono pastorizzazione, sterilizzazione e verifiche periodiche sui lotti di produzione, riducendo drasticamente la possibilità di contaminazione.
Il quadro normativo
La sicurezza alimentare in Italia si fonda su norme nazionali e regolamenti europei, in particolare il Regolamento (CE) n. 852/2004, che stabilisce l’obbligo per tutti gli operatori della filiera alimentare — dalla grande industria al piccolo esercente — di adottare il sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points). Questo strumento prevede l’analisi dei rischi e l’individuazione dei punti critici di controllo, imponendo misure preventive per evitare la contaminazione in ogni fase, dalla produzione alla somministrazione.
Per il settore dello street food e del commercio itinerante, il quadro normativo è completato da regolamenti comunali o regionali, che disciplinano aspetti come l’igiene dei mezzi di vendita, la disponibilità di acqua potabile, il mantenimento della catena del freddo e le temperature di servizio.
Fondamentale è anche la tracciabilità: ogni alimento deve poter essere ricondotto alla sua origine, così da permettere rapidi interventi in caso di sospetto di contaminazione.
Controlli: tra regole e criticità
Il compito di verificare il rispetto delle norme spetta alle Aziende Sanitarie Locali, attraverso i Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN). Le ispezioni possono essere programmate o effettuate in seguito a segnalazioni e comprendono controlli documentali, sopralluoghi e prelievi di campioni alimentari da analizzare in laboratorio.
In presenza di irregolarità gravi o pericolo immediato, le autorità sanitarie possono sequestrare i prodotti, sospendere l’attività e denunciare l’operatore.
Tuttavia, nella pratica, l’efficacia di questi controlli è influenzata da diversi fattori: scarsità di personale, disomogeneità nell’organizzazione dei servizi tra le diverse regioni, numero limitato di laboratori specializzati e difficoltà logistiche, soprattutto in contesti come sagre, mercati e fiere. A ciò si aggiunge un ostacolo culturale: la mancanza di consapevolezza da parte di molti cittadini sulle corrette pratiche di conservazione e preparazione degli alimenti.
Prevenzione: un compito condiviso
La lotta al botulismo non si esaurisce nei controlli ufficiali. Una parte cruciale della prevenzione dipende dalle buone pratiche seguite da chi produce e consuma cibo. In ambito domestico, ridurre la quantità di aceto o sale nelle conserve, utilizzare contenitori sottovuoto a temperatura ambiente o non sterilizzare correttamente i barattoli sono comportamenti che aumentano il rischio.
Per questo il Ministero della Salute, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha elaborato linee guida dettagliate per la preparazione sicura delle conserve casalinghe, indicando tempi e temperature di cottura, livelli di acidità e metodi di pastorizzazione.
Un pericolo evitabile, ma che richiede attenzione costante
I casi recenti dimostrano che, sebbene la normativa sia chiara e i protocolli consolidati, la sicurezza alimentare resta vulnerabile senza un’applicazione scrupolosa e controlli regolari. Un sistema di prevenzione efficace richiede la collaborazione di tutti: istituzioni sanitarie, operatori del settore e cittadini. Il botulismo è una minaccia rara, ma quando si manifesta, l’impatto è potenzialmente letale. La buona notizia è che può essere prevenuto quasi del tutto — a patto di rispettare rigorosamente le regole.
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